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Meloni ottiene dalla Lega “fiducia” per il Consiglio Ue, ma sul riarmo europeo Salvini resta contrario

Meloni al Parlamento ha incassato l’appoggio di tutta la maggioranza per il Consiglio Ue di oggi e domani. Ma sul riarmo resta la ferma opposizione della Lega. Salvini da Bruxelles ribadisce: “No a eserciti comuni o riarmi europei”. La maggioranza sul tema della difesa europea è più divisa che mai.
A cura di Annalisa Cangemi
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La premier Giorgia Meloni con le comunicazioni rese al Parlamento in vista del Consiglio europeo di oggi e domani è riuscita a superare il test dell'Aula, riuscendo nella difficile operazione di compattare il centrodestra, diviso sul tema del riarmo europeo.

L'escamotage trovato da Meloni, per aggirare le crepe aperte della maggioranza sul piano ReArm Europe proposto da Ursula von der Leyen, e votato la scorsa settimana al Parlamento Ue, è stato quello di eliminare del tutto la parola "riarmo" dalle risoluzioni del centrodestra unito votate al Senato e alla Camera. Di difesa europea dunque nel testo non si parla, anche se Giorgia Meloni si è rivolta al Parlamento proprio per ottenere il mandato necessario a discutere anche del tema del riarmo alla riunione con gli altri leader europei.

Cosa ha detto Meloni in. Parlamento sul riarmo europeo

La premier ha espresso perplessità sul piano, che giudica "roboante", ma non ha indicato una posizione chiara dell'Italia. Ascoltando le due parole in Aula si possono però individuare alcuni punti fermi, frutto di una mediazione con gli alleati. Innanzi tutto per il piano, che Meloni avrebbe voluto si chiamasse ‘Defend Europe', per non spaventare l'elettorato, l'Italia non toccherà i fondi di coesione, destinati soprattutto al Sud; sul piano poi non ci sono effettivamente soldi prelevati da altre voci di spesa, come la sanità per esempio, ma ci sono 150 miliardi di prestiti (tramite lo strumento Safe) e la possibilità per gli Stati membri di superare i limiti di spesa dell'1,5% del PIL per quattro anni, con investimenti fino a 650 miliardi di euro sulla difesa.

Meloni ha aperto alla possibilità di usare questi strumenti, ma ha anche detto che vorrebbe puntare su strumenti alternativi alla possibilità di fare nuovo debito, come quella di un "sistema di garanzie" per stimolare gli investimenti privati, proposto dal ministro Giancarlo Giorgetti. Con queste rassicurazioni La Lega ha votato le comunicazioni di Meloni, e la risoluzione di maggioranza è stata approvata dalla Camera con 188 sì, 125 no e nove astenuti. Anzi il capogruppo del Carroccio Molinari ieri ha dato "piena fiducia" alla presidente del Consiglio, "siamo sicuri domani saprà far valere gli interessi del nostro Paese nelle trattative".

Dalla Lega ok alle comunicazioni di Meloni ma non al piano di riarmo europeo

"Se dobbiamo cercare delle divisioni – ha aggiunto Molinari – andrei con la mente alla settimana scorsa quando il principale partito di opposizione, il Partito democratico, su questi temi, in particolare quello del riarmo, al Parlamento europeo si è diviso a metà, con metà gruppo dirigente che ha votato contro le indicazioni del segretario Elly Schlein". Il realtà, anche se è vero che le opposizioni si sono presentate con cinque risoluzioni diverse, il Partito Democratico è riuscito a trovate una sintesi, sulla linea della segretaria Schlein, la quale ha fatto mettere nero su bianco nel testo della risoluzione che il piano ReArm Europe deve passare per una "radicale revisione".

Ma tornando ai complicati equilibri all'interno della maggioranza, le posizioni tra le forze politiche al governo non si sono spostate di un millimetro. Già ieri mattina, prima del voto in Parlamento, Molinari aveva ribadito la contrarietà della Lega al piano Ursula von der Leyen: "Non sono così convinto che ReArm Europe venga approvato. L’Italia non approverà in Parlamento una risoluzione che dà a Meloni il mandato di approvare il piano. La risoluzione parlerà della proposta di Giorgetti all’Ecofin e della volontà dell’Italia, con i propri tempi, di aumentare la propria difesa in linea con gli impegni del paese con la Nato. È questo che oggi la maggioranza dirà in Parlamento e ci aspettiamo che Meloni porti avanti questa posizione al Consiglio europeo".

A stretto giro però erano arrivate le parole del vicepremier e segretario di FI, Antonio Tajani, il quale affermava l'opposto, ovvero che "Meloni ha pieno mandato da parte di Forza Italia per approvare il progetto di sicurezza della von der Leyen". Da Bruxelles nel frattempo l'altro vicepremier, Matteo Salvini, affermava: "Meloni ha mandato per difendere l'interesse nazionale. Non penso che quello di cui sta parlando qualcuno a Bruxelles corrisponda all'interesse italiano. 800 miliardi di armi sono l'ultima delle cose utili su cui investire in questo momento".

In un video diffuso proprio ieri sui canali social della Lega, Salvini da Bruxelles, insieme al gruppo della Lega al Parlamento europeo ribadisce il suo "No a eserciti comuni o riarmi europei" e "Sì alla sicurezza interna, alla difesa dei confini e alla Pace".

"Se ci sono 800 miliardi da investire non li usiamo per comprare armi, missili, carri armati; le usiamo per le nostre scuole, i nostri ospedali, le nostre pensioni e le nostre famiglie. Quindi no debito europeo, no esercito europeo", ha ripetuto Salvini. "Mentre Trump, Putin e Zelensky parlano di pace, lavorano per la pace, noi abbiamo il dovere di costruire pace. Mentre a Bruxelles qualcuno penso che preferisca la guerra…".

Proprio martedì al Senato Meloni aveva puntato il dito contro chi fa propaganda, mettendo in relazione i soldi per la difesa con i soldi per i servizi per i cittadini: "Lascio quindi volentieri ad altri, in quest'Aula e fuori, quella grossolana semplificazione secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile. La demagogia non mi interessa", aveva detto durante comunicazioni al Senato.

I destinatari del suo attacco sono apparsi chiari da subito: non solo i pentastellati di Conte, ma anche il suo alleato Matteo Salvini, che proprio mentre la premier prendeva la parola in Aula, diffondeva un video sui social, in occasione del Consiglio informale dei ministri dei Trasporti Ue organizzato dalla presidenza Polacca a Varsavia: "Sono appena intervenuti insieme agli altri ministri europei. Stop alle eco-follie, Green Deal, tutto elettrico, tasse, vincoli e regolamenti. Parliamo di cose serie, di sanità, di stipendi, infrastrutture, porti, aeroporti, ponti, ferrovie, autostrade senza togliere soldi per riarmare, comprare carri armati tedeschi o missili francesi".

E ancora: "Grazie alla Lega che lo sostiene da tempo e grazie a voi che ci date una mano, piano piano, le cose stanno cambiando anche nelle istituzioni europee. Non servono nuove armi, non serve debito europeo, non serve un esercito europeo, non vogliamo mandare i nostri soldati oltre confine. Serve investire su sanità, pensioni e benessere". Ancora un segnale del fatto che Salvini intende dare battaglia al suo stesso governo dall'interno.

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