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Meloni non molla sui centri in Albania e da gennaio vuole riprendere i trasferimenti: il piano del governo

La presidente del Consiglio Meloni punta alla riattivazione dei centri in Albania e convoca una riunione operativa, per riprendere i trasferimenti di migranti da gennaio, rafforzata dalla recente sentenza della Cassazione.
A cura di Annalisa Cangemi
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante un punto stampa ieri in Lapponia al termine del vertice Nord-Sud, ha annunciato la convocazione di un vertice a Palazzo Chigi per rilanciare il progetto dei centri in Albania, che per il momento sono vuoti. A gennaio il governo vuole riprovarci e riprendere i trasferimenti dei migranti verso l'Albania, dopo che per due volte i giudici hanno bocciato i trattenimenti dei richiedenti asilo che erano stati portati nelle strutture gestite dall'Italia, a bordo di una nave militare italiana. Del resto la premier lo aveva promesso: "I centri funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo italiano".

Il nuovo attivismo di Meloni, in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia europea, è dovuto anche alla sentenza della Cassazione del 19 dicembre, che il governo ha interpretato a suo favore: "Mi pare che la Cassazione abbia dato ragione al governo, è diritto dei governi stabilire quali siano i Paesi sicuri" mentre i giudici possono "entrare nel singolo caso, non disapplicare in toto". Di diverso avviso le forze di opposizione.

La Cassazione, che si è espressa su un caso che precede il decreto con cui il governo ha ridefinito la lista dei Paesi sicuri, riconosce alla politica il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per chi proviene da Paesi considerati come sicuri. La sentenza dice che il giudice "non può sostituirsi" al ministro degli Esteri, né "può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale". Ma il magistrato può comunque valutare se la designazione è legittima ed eventualmente disapplicare "in via incidentale" il decreto sui Paesi sicuri. Ed è su questo preciso aspetto che si concentrano le opposizioni, le quali sostengono che la linea del governo sia stata sconfessata.

Cosa vuole fare Meloni per far ripartire il progetto Albania

In ogni caso Meloni tira dritto e convoca un vertice per oggi a Palazzo Chigi, con il vicepremier Antonio Tajani (in collegamento dal Kosovo), il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri dell'Interno, Difesa ed Affari europei, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Tommaso Foti. Il titolare del Viminale Piantedosi farà il punto sugli arrivi via mare, quest'anno in netto calo: 65mila contro i 153mila del 2023. Per aggirare i giudici che fino ad ora non hanno convalidato i trattenimenti dei migranti, il governo ha presentato un emendamento al decreto flussi, al fine di trasferire la competenza delle decisioni sui trattenimenti dai magistrati delle sezioni immigrazione alle Corti d'appello. In questo modo sperano di ottenere dei pronunciamenti favorevoli. La norma scatta 30 giorni dopo l'entrata in vigore della legge, cioè il prossimo 11 gennaio. Da quel momento, secondo i piani del governo, la nave Libra potrà tornare a portare migranti in Albania.

Secondo il ministro Piantedosi i centri "sono pronti e saranno molto utili per velocizzare le procedure di riconoscimento della protezione a chi ne ha diritto, ma soprattutto del rimpatrio di chi non ne ha diritto. La recente sentenza della Cassazione ha confermato la possibilità di un prossima riattivazione dei centri che valuteremo proprio a partire da questo vertice", ha detto in un'intervista al Corriere della Sera.

Il titolare del Viminale non crede che la Corte europea possa decidere diversamente rispetto alla Cassazione "almeno non in termini tali da impedire del tutto che il progetto possa decollare ed essere efficace. Ho da sempre avuto fiducia nella giustizia, e il recente primo pronunciamento della nostra Cassazione me ne dà conferma". La pensa così anche il ministro degli Esteri Tajani, secondo cui non è accettabile che siano i giudici "a stabilire i paesi sicuri", ribadisce in un'intervista alla Stampa. "Se lo decidono i giudici, nessun paese al mondo è sicuro. C'è poco da fare: occorre accelerare sulla piena applicazione di un nuovo ‘patto di asilo e migrazione' per evitare contenziosi. Nel frattempo non c'è alcun motivo per non continuare a perseguire la strada intrapresa", ha affermato Tajani.

E a chi critica i costi dell'operazione il ministro Piantedosi replica che "lo stanziamento di 650 milioni in 5 anni è una previsione di legge del costo massimo possibile con le strutture a regime, non è detto che corrisponderà alla spesa reale".

Piantedosi dice che resterà al Viminale

Un passaggio dell'intervista a Piantedosi è dedicato anche alla volontà espressa da Salvini di tornare al Viminale, dopo la sentenza di assoluzione per il caso Open Arms: "Salvini, in poco più di un anno, fece un ottimo lavoro al Viminale ed io ho avuto il privilegio di essere stato partecipe di quella stagione. Chi ora, in modo malevolo, vuole insistere a proporre una connotazione divisiva all’esito del processo di Palermo si deve rassegnare: ha prodotto l’effetto delle espressioni di apprezzamento del mio lavoro da parte del presidente Meloni e dello stesso Salvini".

Dal canto suo Piantedosi dice di voler rimanere al Vimimale, negando la possibilità che possa essere lui il candidato alle regionali in Campania per il centrodestra. "Assolutamente no e l'ho già detto più volte. Sono totalmente concentrato nello svolgimento dell'incarico che mi è stato affidato".

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