Sciopero generale confermato il 29 novembre dopo l’incontro dei sindacati con Meloni sulla Manovra
Si è conclusa a Palazzo Chigi la riunione fra governo e sindacati sulla prossima legge di Bilancio. Al vertice, presieduta da Giorgia Meloni, erano presenti anche Antonio Tajani, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, quello delle imprese Adolfo Urso, la ministra del Lavoro Marina Calderone, il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara, quello della Salute Orazio Schillaci, il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo.
Tra le sigle invece, hanno partecipato tutte le principali associazioni tra cui Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb, Cida, Cisal, Confedir, Confintesa, Confsal, Ciu e Cse. Poco prima di incontrare Meloni, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha sottolineato la necessità di "un cambiamento radicale. C'è bisogno di andare a prendere i soldi dove sono", ha dichiarato.
Il segretario ha lamentato che la convocazione è arrivata a "manovra già decisa", e ha confermato il "il giudizio di una pessima legge di bilancio che non affronta e non dà un futuro al Paese". Landini ha quindi annunciato che è confermato lo sciopero generale in programma insieme alla Uil per il 29 novembre. La Cisl invece ha detto di essere soddisfatta perché "molte misure contenute nella legge di stabilità recepiscono molte proposte, rivendicazioni che abbiamo avanzato".
Cosa ha detto Meloni ai sindacati sulla legge di bilancio
Durante l'incontro con le sigle, Meloni ha spiegato di aver concentrato le risorse della manovra su alcune priorità fondamentali, assicurandosi di mantenere "i conti in ordine e le prospettive di crescita" nonostante contesto internazionale tutt'altro che facile". Secondo la premier l'approccio adottato dal governo si differenzia da quello "visto in passato, quando si è preferito adottare misure più utili a raccogliere consenso nell'immediato che a gettare le basi per una crescita duratura, scaricando il costo di quelle misure su chi sarebbe venuto dopo. Come noi, che raccogliamo la grave eredità di debiti che gravano come un macigno sui conti pubblici", ha dichiarato.
Parlando del capitolo sanità, Meloni ha riproposto un po' di numeri: "Quando questo governo si è insediato, nel 2022, il Fondo sanitario nazionale era di 126 miliardi. Nel 2025 raggiungerà la cifra record di 136,5 miliardi. Questo vuol dire – ha aggiunto – che, in due anni, il Fondo sanitario è aumentato di 10,5 miliardi di euro. Nel 2026 il fondo crescerà ancora e arriverà a 140,6 miliardi. La spesa sanitaria non aumenta solamente in termini assoluti, ma anche come spesa pro-capite, anche tenendo conto dell'inflazione", ha chiarito.
Riguardo le coperture con cui sono state finanziate le misure presenti in manovra, Meloni ha detto che "la solidità, la credibilità e il coraggio di questo governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura della legge di bilancio". Si tratta di "un grande cambiamento rispetto al passato, quando invece con la legge di bilancio si trovavano le risorse per sostenere banche e assicurazioni, e nessuno invocava la rivolta sociale", ha proseguito in polemica con Landini, che negli scorsi giorni aveva parlato di "rivolta sociale" a proposito dello sciopero in programma il 29 novembre contro la legge di bilancio.
La premier è poi tornata a puntare il dito sul Superbonus introdotto durante il governo Conte. "Trenta miliardi è il valore complessivo di questa manovra di bilancio; 38 sono i miliardi che, solo nel 2025, costerà alla casse pubbliche il Superbonus varato dal Governo Conte 2 per ristrutturare meno del 4% degli immobili residenziali italiani, prevalentemente seconde e terze case, cioè soldi dei quali ha beneficiato soprattutto chi stava meglio. La più grande operazione di redistribuzione regressiva del reddito nella storia d'Italia", ha accusato.
Secondo Meloni, "con le stesse risorse, qualsiasi provvedimento di questa legge di bilancio avrebbe potuto essere più che raddoppiato", ha assicurato. "Vale per la sanità, per i contratti pubblici, per la scuola, per l'aumento dei salari etc. So che anche su questo alcuni di voi non sono d'accordo, avendo difeso la misura del superbonus e contestato le nostre correzioni al provvedimento, ma lo dico per chiarire il quadro nel quale operiamo", ha aggiunto.
Entrando nel merito di uno dei principali interventi previsti in manovra, ovvero quello relativo alla riforma dell'Irpef, Meloni ha ribadito che "viene reso strutturale il passaggio da quattro a tre aliquote Irpef, con l'accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. È chiaramente intenzione del governo intervenire anche sullo scaglione di reddito successivo, ma questo dipenderà ovviamente dalle risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo", ha spiegato.
Per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale invece, anch'esso reso strutturale, "ne ampliamo i benefici ai circa 1,3 milioni di lavoratori con redditi tra 35 a 40mila euro annui, seppure con un decalage, anche qui rispondendo a una tematica che era stata correttamente posta dai sindacati sulla evidente discriminazione dei lavoratori che guadagnavano pochi euro in più di altri ma, a differenza di quegli altri, non beneficiavano del taglio del cuneo", ha spiegato Meloni.
Sul dossier pensioni, com'è noto, ci saranno pochi margini. "Le norme riguardanti le uscite anticipate dal lavoro restano pressoché immutate", ha dichiarato ai sindacati. Per il rinnovo dei contratti pubblici, invece, "la manovra prevede uno stanziamento di 4,4 miliardi di euro nel triennio 2025-2027. Per la prima volta, non solo lo stanziamento viene previsto in anticipo rispetto alla scadenza del periodo di riferimento del rinnovo (2025-2027), ma copre ben due trienni di rinnovi (sino al 2030)", ha detto.
Bombardieri: "Per noi le priorità sono salario e pensioni"
Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bomabardieri, ha replicato alle parole di Meloni, spiegando che "il tema per noi è il salario. Negli ultimi anni chi vive di salari e di pensioni ha avuto la perdita di potere d'acquisto più forte", ha dichiarato durante la riunione.
"Nessuno mette in dubbio che il governo abbia consolidato strutturalmente il cuneo fiscale, ed è un risultato che io rivendico, ma è per cinque anni e, comunque, nella busta paga di gennaio non entrerà un euro in più", ha proseguito. "Per recuperare il potere d'acquisto si potevano detassare gli aumenti contrattuali, ma si poteva lavorare anche sulla contrattazione di secondo livello, incentivandola e detassandola. Sono misure pratiche, che non hanno nulla di fondamentalista", ha aggiunto.
Per il segretario della Uil, non è chiaro che spazi ci saranno per intervenire sul testo della finanziaria. "Non mi è chiaro se c’è ancora un margine di discussione, perché ci sono risorse aggiuntive, o se è una discussione già chiusa. Nella manovra non c’è neanche un euro per fare investimenti per la sicurezza sul lavoro. Sulla sanità, poi, è vero che in termini assoluti sono state messe più risorse che in passato, ma gli investimenti in sanità vanno misurati in percentuale al Pil. Ma davvero non si poteva fare nient’altro?", ha domandato.
Anche sulle pensioni Bombardieri ha osservato che "ci sono misure che hanno penalizzato chi aveva maturato un diritto: la questione di opzione donna è emblematica, così come lo è quella relativa a quota 103. Servirebbe una discussione più ampia sul tema previdenza, a partire dalla separazione della previdenza dall’assistenza", ha spiegato.
Sulla questione delle coperture, il segretario ha fatto notare che "in Francia, ad esempio, hanno fatto emendamenti che prevedono un aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie e sull’acquisti di azioni e una tassa di solidarietà sui dividendi straordinari. In Italia, invece, per la prima volta le banche pagano, ma si tratta solo di un prestito. Così come si poteva intervenire sulle big pharma e sulle aziende che aumentano il costo dell’energia. Inoltre, si poteva rimodulare l’Ires. Insomma, le proposte noi le abbiamo fatte e sono sul tavolo", ha ribadito.