Il nuovo governo di Giorgia Meloni ha un problema con il dissenso. Un problema che non ha tanto a che fare con un progetto autoritario della nostra società, almeno non per il momento, anche se il modello della democrazia illiberale dell'alleato e amico Viktor Orbán rimane un punto di riferimento a cui guardare. Si tratta di qualcosa di più istintivo, la pretesa dopo tante contestazioni subite (e anche di una discreta quantità di "tornatevene nelle fogne"), che ora che è arrivata la legittimazione elettorale per la destra destra italiana non sia più pensabile che "qualcuno" (leggi: la solita sinistra, le zecche, i centri sociali, le ong pagate da Soros ecc) continui a contestare il nuovo potere. Anche oggi, quando la destra postfascista arriva al potere con un'investitura netta, non riesce a rinunciare al vittimismo degli esclusi.
L'andazzo si è capito subito, da quella scritta a Garbatella contro Ignazio La Russa eletto seconda carica dello Stato sulla serranda di una sede vuota: "La Russa la Garbatella ti schifa". Firmato "antifa", che evidentemente sta per antifascisti, e una stella rossa. È diventata un'intimidazione delle Brigate Rosse tenendo banco per giorni sui media, tra spettri degli anni di piombo e inviti ad abbassare i toni. Per una scritta. Che qualche collettivo di sinistra che si definisce antifascista verghi uno slogan (per altro ironico) contro La Russa, che in casa ha un'intera collezione di busti di Mussolini e di chincaglieria del ventennio, sembra un livello del conflitto politico che in una democrazia matura dovrebbe essere digerito senza difficoltà.
Soprattutto l'uomo delle istituzioni Ignazio La Russa dovrebbe conoscere bene la violenza politica di cui parla, dovrebbe ricordare il sé ragazzo che guidava a Milano un corteo terminato con il lancio di bombe a mano contro la polizia, in cui morì l'agente Antonio Marino. Ma siamo in un'altra epoca, i lunghi anni Settanta italiani sono finiti da un pezzo e La Russa e soci dovrebbero semplicemente piantarla di evocare la violenza politica o la lotta armata per qualche fischio o una scritta.
È passato qualche giorno ed è toccato al neoministro della Difesa Crosetto demonizzare le piazze contro il governo, piazze che vale la pena dirlo ancora non si sono manifestate: "Sto dicendo che la rabbia cerca colpevoli e le piazze arrabbiate non fanno male ai governi. Ma alle nazioni. Quindi dico che, mai come in questo momento serve maturità per affrontare un periodo difficile. Avendo la certezza che la rabbia dipende da fattori esogeni. Aggiungo una cosa: l'interesse della Russia in questo momento è indebolire tutti i paesi che sostengo l'Ucraina". Guido Crosetto ci tiene dunque a precisare che chi manifesterà lo farà per colpa della Russia e a favore della Russia.
Oggi, proprio mentre Giorgia Meloni teneva il suo primo lungo discorso da premier alla Camera, un centinaio di studenti veniva manganellato fuori la facoltà di Scienze Politiche alla Sapienza Protestavano contro la presenza a un convegno di Daniele Capezzone e di Fabio Roscani, neoeletto deputato e presidente di Gioventù Nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia. Di tutta risposta le forze dell'ordine hanno chiuso i cancelli della facoltà e caricato gli studenti che si erano avvicinati a mani nude all'ingresso di Scienze Politiche chiedendo di entrare. Pochi minuti dopo Meloni diceva senza ironia di "provare un moto di simpatia per chi scende in piazza a contestare questo governo", per poi auspicare un clima di pacificazione nazionale dando tutta la colpa "all'antifacismo militante", scordandosi dei tentati colpi di Stato e delle stragi neofasciste. La premier dice ai ragazzi che sono "liberi di manifestare", proprio mentre all'università venivano picchiati.
Le donne, gli studenti, lavoratori e lavoratrici, i migranti continueranno a protestare. Lo hanno fatto prima, e lo faranno anche con il nuovo corso del potere inaugurato in queste ore. L'impressione è che da oggi per farlo pagheranno un prezzo più alto.