Meloni e Erdogan tengono lontani i giornalisti: in pochissimi al punto stampa e niente domande

Solo dieci giornalisti italiani e dieci turchi. Questa è stata la platea che Palazzo Chigi ha ammesso ad assistere alle dichiarazioni di Giorgia Meloni e Recep Tayyp Erdogan, dopo l'incontro a due (il quarto vertice intergovernativo Italia-Turchia dal 2008) in cui la presidente del Consiglio e il presidente turco si sono confrontati sui rapporti economici, sugli investimenti militari, e anche sui conflitti internazionali.
Che la presenza di giornalisti non fosse particolarmente gradita alla presidenza italiana è stato chiaro fin dal momento in cui Erdogan è arrivato. Quando il cosiddetto "picchetto d'onore" ha accolto il leader turco a Villa Pamphilj, dove si è tenuto lo scambio degli accordi stipulati tra i due Paesi, non è stata permessa la presenza dei cronisti. C'erano solo le telecamere a immortalare i sorrisi, le strette di mano e i saluti, senza il rischio che venissero fatte domande sgradite.
Al termine dell'incontro tra i due leader, poi, la scena non è stata molto diversa. A differenza di quanto avvenuto in altre occasioni simili in passato, la presenza di giornalisti alle dichiarazioni di Meloni e Erdogan è stata ristretta al minimo. Solamente dieci di testate italiane e dieci di giornali turchi. Non che la presenza sia servita a molto: i due presidenti non hanno preso domande, quindi una volta terminata la presentazione degli accordi firmati, e recitati i due discorsi preparati dalla premier e dal presidente turco, la cerimonia si è conclusa subito.
Non è inaudito che in un evento simile non si possano fare domande. Non si trattava di una conferenza stampa, un momento pensato per un confronto più lungo e strutturato con le domande di giornalisti, e tecnicamente nemmeno di un cosiddetto ‘punto stampa', cioè i momenti – spesso a margine di incontri internazionale – in cui i leader incontrano un gruppo di giornalisti e rispondono rapidamente a qualche domanda.
Palazzo Chigi ha definito il momento conclusivo del vertice Meloni-Erdogan come "dichiarazioni congiunte alla stampa", una prassi diffusa in tutto il mondo (anche se spesso accompagnata, a seguire, da un momento per le domande). E questo sono state: dichiarazioni senza possibilità di chiedere un ulteriore commenti. I due hanno preferito spostarsi a prendere applausi al business forum per incontrare le aziende italiane e turche.
D'altra parte è noto che la presidente del Consiglio non ami il confronto con i giornalisti, e in generale con le domande. Il premier time in Parlamento slittato al 7 maggio per la morte di Papa Francesco sarà il primo da gennaio 2024. E per quanto riguarda la stampa, ci sono state appena tre conferenze in tutto lo scorso anno, e il 2025 sembra in linea per rispettare questa media.
Di cose da chiedere, però, ce ne sarebbero state eccome. Lo avevano sottolineato anche le opposizioni nelle ore prima che l'incontro si svolgesse. "La premier pensa di non chiedere conto degli oppositori incarcerati come Imamoglu, cioè giornalisti, studenti, intellettuali in una escalation anti democratica? Roma sta diventando l’approdo delle autarchie in giro per il mondo?", aveva chiesto l'europarlamentare del Pd Dario Nardella. "In tutti questi anni Giorgia Meloni ha condotto una campagna molto dura contro Erdogan, attaccandolo sul tema dell’Islam, dei diritti, delle donne, della democrazia, dell’espansionismo sul modello ottomano, del genocidio armeno. Vedremo oggi se in tutti questi anni è stata solo una leonessa da tastiera", aveva dichiarato il segretario di +Europa Riccardo Magi.