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Meloni dice che il Pnrr è scritto male: “L’abbiamo ereditato, il Mes lo discutiamo solo se cambia”

Giorgia Meloni, in un’intervista al Foglio, ha passato in rassegna i temi principali del suo mandato finora. Sui ritardi del Pnrr ha scaricato la colpa su Conte e Draghi: “Una cosa è scriverlo (in qualche parte, male) a tavolino, un’altra è realizzare i progetti”.
A cura di Luca Pons
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Il Pnrr "l'abbiamo ereditato dai precedenti governi, e il tentativo di mettere sulle spalle del mio esecutivo il peso di scelte sbagliate e ritardi ha il fiato corto". Giorgia Meloni, in una lunga intervista al Foglio, ha discusso i principali temi della sua azione di governo a sei mesi dall'inizio del mandato. Uno dei punti critici più delicati è proprio il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

"Gli italiani sanno benissimo come stanno le cose", ha detto Meloni, dando le responsabilità della confusione e dei ritardi ai suoi predecessori. "Detto questo, siamo guidati dall'interesse nazionale, quindi faremo tutto quello che serve per raggiungere gli obiettivi fissati". Meloni ha insistito su un punto in particolare: sono cambiate le condizioni economiche rispetto a quando il Pnrr è stato scritto: "Siamo in un'economia di inflazione alta, rialzo dei tassi e guerra, non più di emergenza post pandemia. Il Pnrr ha problemi di costi delle opere – a causa del rialzo dei prezzi dei materiali da costruzione, non solo dell'energia – e ha un approccio ideologico", nel senso che "difetta di pragmatismo".

Per la presidente del Consiglio, "una cosa è scriverlo (in qualche parte, male) a tavolino, un'altra è realizzare i progetti. Ora a Palazzo Chigi c'è un governo che non ha usato quell'inchiostro e avrebbe fatto ben altro. L'abbiamo ereditato, ci impegneremo al massimo per gli italiani. Abbiamo detto alla Commissione europea cosa vogliamo fare, con spirito costruttivo. Ci attendiamo lo stesso atteggiamento da parte dell'opposizione che tenta l'impossibile per rovesciare la frittata".

"La priorità del Pnrr in realtà è una: non perdere soldi". Una posizione non condivisa, peraltro, da tutta la sua maggioranza, dato che in passato diversi esponenti della Lega hanno parlato di rinunciare a una parte dei fondi.

Migranti: "L'Ue finanzi Paesi che fermano immigrati irregolari, e aiuti la crescita culturale dell'Africa"

L'altro argomento su cui il governo si è schierato in modo deciso è quello dell'immigrazione, in particolare con il recente decreto Cutro. Il problema dell'aumento degli sbarchi in Italia, ha affermato, è un problema "dell'intera Europa", perché "la Tunisia è uno Stato che rischia il collasso economico" e da lì ci sarebbero fino a "900mila persone" pronte ad attraversare il Mediterraneo.

Secondo Meloni, che ha citato di nuovo il suo piano Mattei, la soluzione è un intervento economico sia internazionale ("l'Africa ha bisogno di un'azione anche degli Stati Uniti, degli alleati"), sia dell'Ue, che dovrebbe concentrarsi su tre punti: il primo è "un'operazione navale e aerea per la sorveglianza del Mediterraneo centrale e orientale". Un'ipotesi che non sembra così lontana dalla "nuova Mare nostrum" chiesta da Elly Schlein.

Il secondo impegno dell'Unione europea dovrebbero essere dei robusti "investimenti economici nel continente africano", che però siano legati ad "accordi vincolanti" secondo il principio: "Cooperazione in cambio di impegno a combattere l'immigrazione illegale". Il terzo punto, invece, per Meloni prevede che l'Europa abbia una "presenza capillare nella formazione, istruzione e ricerca per i giovani del continente africano", fornendo una "apertura concreta alla partecipazione delle donne alla vita delle istituzioni" e contribuendo alla "crescita culturale e consapevole dei diritti e dei doveri di ogni essere umano".

Mes: "È uno strumento, non una religione: se è obsoleto non lo adottiamo"

Il Mes, o Meccanismo europeo di stabilità, è "stato concepito quando eravamo in un altro mondo e nemmeno allora è stato utilizzato", ha detto la leader di Fratelli d'Italia, tornando ad attaccare su un accordo che l'Italia si è impegnata più volte a ratificare, senza arrivare a farlo anche per la dura opposizione del centrodestra.

"È uno strumento, non una religione, e gli strumenti devono essere aggiornati, utili ed efficaci", ha ribadito Meloni, che aveva fatto intendere in passato che perlomeno il Parlamento avrebbe ratificato l'accordo, dato che è l'ultimo Paese rimasto che deve ancora farlo. Ratificarlo, peraltro, non significa decidere di utilizzare i fondi del Mes. Ma Meloni ha fatto un passo indietro: "Se si trasforma in un veicolo per la crescita siamo pronti a discutere. Far proprio uno strumento obsoleto non mi pare un'operazione lungimirante".

Clima: "La transizione deve essere graduale, bisogna tutelare le aziende"

La crisi climatica in Italia dà segni sempre più evidenti, a partire dalla siccità di questi mesi. Sul tema della transizione ecologica "il nostro obiettivo è usare al massimo il mix energetico delle fonti, rispondere al principio della neutralità tecnologica ed evitare dipendenze come in passato", ha detto Meloni.

Sul piano politico "fare il disaccoppiamento dal gas russo per poi dipendere dalle terre rare della Cina sull'elettrico non è una scelta saggia", perciò "la transizione deve essere graduale, senza rischiosi balzi in avanti". Anche perché, per la presidente del Consiglio, "la sicurezza nazionale non è solo quella dell'approvvigionamento energetico diversificato, ma la difesa dei posti di lavoro nella nostra manifattura, in particolare nel settore dell'automobile". Per quanto riguarda l'energia nucleare, "non abbiamo preclusioni: il dibattito è un cantiere aperto".

Ucraina: "Chi chiede la pace guardando i sondaggi apre la porta agli aggressori"

Infine, Meloni si è concentrata sul conflitto in Ucraina e sul sostegno fornito dal suo governo a Kiev. "Quella del governo che presiedo è una presenza attiva. In Ucraina è in gioco non un'astratta libertà, ma quella dell'Europa, i nostri confini materiali e ideali sono minacciati dalla guerra d'aggressione della Russia. Dobbiamo sostenere l'Ucraina sul piano politico e militare con fermezza e saggezza", ha detto.

In Parlamento sono emerse diverse posizioni scettiche sull'invio di armi all'Ucraina, non solo dal Movimento 5 stelle – che si è schierato apertamente su posizioni pacifiste – ma anche dalla Lega, in alcune occasioni. In ogni caso, Meloni ha ribadito che "chi parla genericamente di pace dimentica che c'è la guerra, ignora la realtà sul campo di battaglia, e pretende la resa non solo del valoroso popolo ucraino, ma anche la nostra. Difese aeree e munizioni sono lo scudo di cui ha bisogno Kyiv per difendere la vita dei civili".

E, in una frase conclusiva probabilmente mirata al Movimento 5 stelle ma che potrebbe anche rivolgersi alla posizione meno decisa del partito di Matteo Salvini, ha concluso:  "Non è una questione che si può sottoporre al consenso del momento. Chi pensa alle percentuali dei sondaggi spalanca solo le porte di una sottomissione all'aggressore".

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