Meloni da Trump oggi, di cosa parleranno i due leader e cosa c’entrano i dazi all’Italia

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è oggi a Washington per un incontro chiave con Donald Trump. Sul tavolo, la minaccia di nuovi dazi americani contro le esportazioni europee e italiane, che rischiano di colpire duramente il nostro sistema produttivo. L’obiettivo di Meloni è difendere l’interesse nazionale, ma anche di muoversi come interlocutrice privilegiata tra Bruxelles e Washington.
A cura di Francesca Moriero
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L'appuntamento alla Casa Bianca tra Giorgia Meloni e Donald Trump arriva in un momento decisivo per l'economia europea e, soprattutto, per quella italiana. La premier è volata oggi negli Stati Uniti con un compito delicato: cercare di scongiurare l'imposizione di nuove tariffe doganali americane su merci europee, che metterebbero in seria difficoltà molte filiere del nostro export. L'obiettivo è dunque duplice: tutelare le esportazioni italiane, che verso gli USA valgono 67 miliardi di euro, e allo stesso tempo difendere l'unità d'azione dell'Unione Europea, che su questo fronte cerca ancora una strategia comune. Il viaggio a Washington, atteso da settimane e preparato con una lunga serie di incontri a Palazzo Chigi, ha infatti un obiettivo preciso: ottenere una tregua nella guerra commerciale, scongiurare i dazi e costruire un ponte politico tra Bruxelles e Washington. Non sarà facile, perché i segnali che arrivano dagli Stati Uniti, non sembrano incoraggianti.

Pressioni interne e aspettative europee

In Italia, Meloni è sotto pressione: il nostro sistema economico è infatti fortemente orientato all'export, e un conflitto commerciale con Washington rischierebbe di colpire duramente settori chiave come quello manifatturiero e agroalimentare. All'estero, però, le attese sono ancora più alte: a Bruxelles e nelle principali capitali europee si guarda a questo viaggio con apprensione, ma anche con una certa fiducia; Trump, noto per il suo approccio protezionista, ha mostrato in passato segnali di apertura verso Meloni, e questo rapporto personale potrebbe rappresentare un vantaggio. C'è quindi chi spera che proprio la premier italiana possa ottenere risultati che ad altri sono sfuggiti. Anche per questo, dalle istituzioni europee non è arrivata alcuna opposizione alla missione; al contrario, Meloni ha condiviso l'iniziativa con Ursula Von der Leyen, ribadendo l'intenzione di agire in coordinamento con Bruxelles e non in autonomia. La premier si gioca dunque una partita complessa su più piani: da un lato, deve difendere un'economia che vive di esportazioni e che solo lo scorso anno ha registrato un surplus commerciale di 40 miliardi di euro proprio con gli Stati Uniti; dall'altro, dovrà presentarsi a Washington come portavoce di un'Europa compatta, consapevole che eventuali nuove tariffe doganali danneggerebbero non solo l'Italia, ma l'intero mercato comune.

La posta in gioco va perciò ben oltre le relazioni bilaterali: c'è l'ambizione di rafforzare il peso dell'Italia all'interno dell'Unione e quello dell'Europa nel dialogo transatlantico. I margini di manovra sono però stretti: Trump resta imprevedibile, e la sospensione di 90 giorni dei dazi globali, annunciata in extremis, è stata letta come un gesto interlocutorio, più tattico che realmente distensivo, lasciando irrisolti molti nodi sul futuro dei rapporti commerciali.

La partita dei dazi: uno scenario instabile

Negli ultimi giorni, il clima attorno al dossier commerciale USA-UE si è fatto più fluido: dopo settimane di tensioni, è arrivato infatti uno stop temporaneo ai dazi annunciati, e si è aperta così la finestra per il dialogo. Ma la situazione resta fragile e i margini di trattativa sono comunque stretti. L'Unione Europea ha già avanzato una proposta per arrivare a un'intesa che azzeri le tariffe in alcuni settori strategici e riveda la cooperazione industriale in altri. Da parte americana, però, finora non è arrivata invece alcuna controproposta concreta. Meloni dovrà dunque tornare da Washington con un risultato tangibile, e ottenere non solo una rassicurazione sui dazi, ma anche una data per l'apertura formale di un tavolo negoziale tra UE e USA, magari già al vertice Nato in programma a giugno all'Aja. Un traguardo del genere le permetterebbe di rafforzare il suo peso diplomatico sia a Bruxelles che a livello globale. Per cercare di ottenere aperture, Meloni punta su un'offerta articolata: più investimenti italiani negli Stati Uniti, attraverso colossi come Leonardo o Eni; nuovi acquisti di gas naturale liquefatto e armamenti statunitensi; e una disponibilità a raggiungere l'obiettivo Nato del 2% del Pil destinato alla difesa, già dichiarata più volte dal governo. Sul tavolo resta anche il tema della concorrenza cinese, che ha già spinto Bruxelles a chiedere all'Italia un posizionamento chiaro. Meloni potrebbe utilizzare proprio il confronto con Trump per ribadire la linea atlantista, anche chiedendo in cambio una maggiore apertura statunitense su altri dossier sensibili per l’industria italiana ed europea, a partire dal Green Deal.

"Abbiamo a cuore i produttori e che la nostra priorità è sempre stata quella di facilitare il loro accesso ai mercati, promuovere la qualità italiana e ridurre le barriere che ostacolano la nostra capacità di crescere", aveva detto Meloni in un videomessaggio all'Assemblea Generale del Consorzio per la Tutela del Grana Padano, "Continueremo in questa direzione, anche e soprattutto in questa fase tanto complessa quanto in rapida evoluzione, nella quale è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza, lavorare con pragmatismo".

La posizione italiana

La posizione italiana sembra però ancora ambigua: Meloni non ha infatti ricevuto un mandato ufficiale per negoziare a nome dell'Unione Europea, ma potrebbe comunque ritagliarsi un ruolo di mediatrice, suscitando sospetti tra alcuni partner europei, preoccupati per una possibile trattativa separata con Washington. Sebbene la Francia avesse espresso iniziali perplessità sulla possibilità che la premier perseguisse un'agenda nazionale a scapito dell'interesse collettivo europeo, il dialogo con Trump potrebbe permetterle di accreditarsi come un interlocutore affidabile a livello europeo, sfruttando il canale personale costruito negli anni. Secondo fonti di governo, poi, la premier starebbe cercando di creare le condizioni per un'intesa futura piuttosto che puntare a un accordo immediato.

Questo viaggio si inserisce comunque in una strategia ben più ampia, che prevede anche l'arrivo a Roma del vicepresidente americano JD Vance, che incontrerà nei prossimi giorni la stessa Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, e il successivo viaggio del ministro dell'Economia Giorgetti negli Stati Uniti per confrontarsi direttamente con il suo omologo.

Oltre i dazi: gli altri temi sul tavolo

Quello di oggi non sarà però solo un vertice economico: al centro del confronto ci saranno infatti anche i grandi temi geopolitici, a partire dalla guerra in Ucraina e dalla crisi in Medio Oriente. Poi la stabilità dell'Alleanza Atlantica, la gestione delle forniture energetiche, e in generale i rapporti bilaterali tra Italia e Stati Uniti: il colloquio alla Casa Bianca sarà insomma l'occasione per riaffermare la posizione italiana su tutti questi dossier, e Meloni vuole certamente presentarsi come leader affidabile e determinata, capace di tenere insieme l'interesse nazionale e la lealtà agli alleati occidentali. Il successo della missione si misurerà quindi non solo sul fronte commerciale, ma anche sulla capacità della premier di posizionare l'Italia come interlocutore credibile tra Washington e Bruxelles; come lei stessa ha ribadito, anche davanti a una platea di imprenditori italiani preoccupati per le possibili ricadute dei dazi, "è consapevole del ruolo che ricopre e di cosa sta difendendo". Se riuscisse a ottenere una sospensione definitiva dei dazi e una cornice di dialogo tra USA e UE, la premier italiana ne uscirebbe dunque rafforzata. Se invece l'incontro si chiudesse con un nulla di fatto, potrebbero aumentare invece le critiche, sia interne che esterne, sulla sua scelta di esporsi così tanto in una trattativa di cui non ha il controllo formale.

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