Meloni chiama la madre di Alberto Trentini, imprigionato in Venezuela: “Lavoriamo per portarlo a casa”

Giorgia Meloni ha chiamato Armanda Colusso, la madre di Alberto Trentini, e le ha assicurato che il governo sta lavorando per riportarlo a casa. Il 45enne cooperante veneziano è in carcere a Caracas, in Venezuela dal 15 novembre dello scorso anno. Da mesi la famiglia fa appello al governo per chiedere che intervenga a liberarlo. Poche settimane fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva confermato che una trattativa per riportarlo in Italia c'era, ma era "complicata".
Ora, l'intervento in prima persona della presidente del Consiglio dopo quasi cinque mesi dall'incarcerazione fa pensare che possano esserci stati dei passi avanti. Meloni si sarebbe limitata a confermare che il governo sta seguendo il caso con la massima attenzione e sta lavorando per riportare Trentini in Italia nel minor tempo possibile.
Trentini era arrivato in Venezuela il 17 ottobre, con l'incarico di coordinare le attività della Ong Humanity & Inclusion, che si occupa di aiutare persone con disabilità. Meno di un mese dopo è stato fermato a un posto di blocco mentre da Caracas andava a Guasdalito ed è stato arrestato. Da allora, la famiglia non ha più avuto contatti con lui. Secondo quanto resto noto fino a oggi, sarebbe detenuto nel carcere El Rodeo I, nello Stato di Miranda, a trenta chilometri da Caracas.
L'italiano si troverebbe in regime di isolamento, o almeno questa era la situazione a metà marzo, quando sono stati resi noti gli ultimi aggiornamenti sulla sua condizione. Il suo caso ha attirato l'attenzione nazionale, e anche la famiglia di Giulio Regeni (il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016, a 28 anni) ha lanciato un appello chiedendo al governo Meloni di mobilitarsi.
Il caso per cui Trentini è stato incarcerato è piuttosto complesso e poco chiaro, e riguarderebbe una serie di arresti che hanno colpito dirigenti politici ed ex deputati, inclusi otto italo-venezuelani. Il sospetto, però, è che la mossa abbia dietro anche una motivazione ‘diplomatica', e serve per spingere l'Italia a riconoscere il governo Maduro.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani in passato ha ribadito che il giovane è detenuto "ingiustamente e senza motivazione". Il ministro aveva specificato: "Sappiamo che è detenuto, che è in buone condizioni, ma la trattativa per farlo uscire dal carcere è molto, molto, molto complicata. La stiamo seguendo ogni giorno, come tutti gli altri 2.500 italiani detenuti nel mondo. Non abbiamo mai sottovalutato i pericoli, e abbiamo fatto sempre tutto quanto possibile, ma non dipende da noi, sapendo bene la situazione in Venezuela".