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Elezioni politiche 2022

Meloni chiama a convegno vertici militari, servizi segreti, alti dirigenti. E loro rispondono in massa

Fratelli d’Italia sente il profumo di vittoria in vista delle elezioni del 25 settembre e continua l’operazione per togliersi di dosso l’etichetta di partito estremista o inaffidabile. L’ultima occasione è un convegno organizzato dal presidente del Copasir di Fdi Adolfo Urso, che a Roma ha radunato un parterre d’oro, fatto di capi dei servizi segreti, vertici delle forze dell’ordine, magistrati, grand commiss. Tutti a parlare di sicurezza nazionale, con un occhio alle nomine pubbliche, su cui il prossimo governo sarà chiamato a decidere.
A cura di Marco Billeci
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Chi frequenta lo sterminato mondo dei convegni nei palazzi romani – che negli ultimi tempi si è rimesso in moto, dopo la pausa forzata causa Covid – potrebbe recitare a memoria le decine di scuse, che gli invitati squadernano per declinare l'offerta di partecipare a eventi spesso infiniti e inconcludenti. Fa accendere una spia rossa, dunque,  sentire gli organizzatori di uno di questi convegni ringraziare: "anche i molti che, pure invitati all’ultimo momento, non hanno mancato la loro presenza".

Se poi gli intervenuti sono personalità come i vertici delle forze dell'ordine e dei servizi segreti, prefetti e magistrati, capi di grandi aziende partecipate ed alti dirigenti pubblici, allora si capisce subito che questo non è un appuntamento qualunque. A chiamare a racconta tutte le figure chiave della macchina della sicurezza nazionale, infatti, è Fratelli d'Italia, il partito che secondo tutti i sondaggi otterrà la maggioranza dei voti alle elezioni politiche del 25 settembre.

La parata di auto blu che nel pomeriggio di lunedì 5 settembre sfila davanti al chiostro di Santa Maria della Minerva – sede distaccata del Senato, dove si tiene l'evento – fa impressione, in "zona rossa" della politica, ancora svuotata dall'ultimo rivolo di pausa estiva e della campagna elettorale. L'occasione è la presentazione di un volume accademico sul Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza pubblica. In realtà, sembra più un corso accelerato su come si sta muovendo un certo mondo di potere, in vista del probabile risultato delle elezioni.

Il parterre, dicevamo. Prima dell'inizio del convegno, nei capannelli che si formano in sala, chiacchierano il sottosegretario uscente (?) con la delega ai Servizi Franco Gabrielli e la capa del Dis Elisabetta Belloni, il comandante della Marina Cavo Dragone e il presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, il prefetto di Roma Pianteodosi e il procuratore Antimafia Melillo.

A essere assediato dalle strette di mano e i saluti, però, è soprattutto Adolfo Urso, uno dei big di Fratelli d'Italia, che in qualità presidente del Copasir, in questi mesi è stato l'ufficiale di collegamento tra il partito di Giorgia Meloni e gli apparati di sicurezza dello Stato. Qui è il padrone di casa, insieme al capogruppo di Fdi alla Camera (e come Urso papabile prossimo ministro) Francesco Lollobrigida, anche lui ricercatissimo dagli ospiti, anche se rispetto al collega di partito sembra per ora meno a suo agio, in questo tipo di ambienti. Gli si avvicina Marcello Minenna, direttore dell'Agenzia delle Dogane saldamente in quota 5 Stelle, almeno per il momento. "Non siamo riusciti a sentirci", si scusa Lolobrigida, "ti scrivo più tardi", ribatte Minenna.

Dal palco, Urso non nasconde la soddisfazione per essere riuscito a radunare "un parterre così significativo,  come non si era mai visto in campagna elettorale". Maligna qualcuno tra il pubblico: "Vogliono essere confermati o promossi e hanno capito chi vince". Ai microfoni di Fanpage.it, il presidente del Copasir ovviamente la mette giù in modo diverso. Intanto spiega che, certo, un evento di questo calibro è anche una risposta a chi accusa Giorgia Meloni di non avere lo standing, per guidare da capo del governo la macchina dello Stato. Ma soprattutto, secondo Urso, "le presenze in sala danno un messaggio di unità e responsabilità, dobbiamo reagire come un corpo unico di fronte a una guerra ibrida, come quella a cui stiamo assistendo". Fatto sta,  sia per convenienza o per convinzione, che le autorità dello Stato  rispondono "presente" all'appello di Fdi.

Ad ascoltare il dibattito in platea siedono tra gli altri il capo della polizia Giannini, i direttori di Aisi e Aise Parente e Caravelli, il presidente di Finmeccanica Carta, il procuratore capo di Roma Lo Voi. Più una schiera di altre personalità, impossibile nominarle a una a una, oltre ai rappresentanti delle ambasciate di Usa e Ucraina, a rimarcare da che parte sta Fratelli d'Italia nel conflitto scatenato dalla Russia, rispetto alle sbandate filo-Putin dell'alleato Salvini.

Molte delle parole che risuonano dal palco, sembrano miele per le orecchie di Meloni. Come quelle di Franco Bassanini, presidente di Open Fiber, operatore di rete delle telecomunicazioni, controllato da Cassa Depositi e Prestiti, al centro della lunga diatriba sulla rete unica, che il nuovo governo dovrà affrontare. Dice Bassanini che "la globalizzazione senza regole ha allungato le filiere produttive e ci ha reso dipendenti", lo stesso argomento cavalcato dalla leader di Fdi nei suoi comizi elettorali.

E sentite Giampiero Massolo, diplomatico di lungo corso e presidente di Atlantia: "Spesso in passato ci siamo vergognati nel definire l’interesse nazionale, come se la parola nazionale non dovesse esistere". Lollobrigida fa segno di apprezzare queste parole e poco dopo parlando dal podio fa eco: "Dobbiamo  coltivare l’interesse nazionale, che unisce gli apparati dello Stato e i cittadini. Meloni garantirà che l’interesse generale prevalga su quello di parte o di partito".

Tocca poi al sottosegretario Gabrielli, che esordisce con una battuta: "Con il presidente Urso ormai siamo sullo stato di famiglia l’uno dell’altro, per l’intensità degli scambi istituzionali che abbiamo avuto in questi mesi". Un'involontaria risposta a quanti descrivono Fratelli d'Italia come un partito estremista e isolato.

Urso incassa e conclude battendo sullo stesso tasto: "Il fatto che oggi ci siano qui insieme accademici e servitori dello Stato, che rimangono tali chiunque governi, è un esempio importante per le forze politiche". Insomma, un appello all'unità nazionale, di fronte alla crisi energetica e internazionale. Senza evocare governi di larghe intese dopo il 25 settembre, ma con l'intento di cooperare invece di combattere. Rimane da vedere se alle parole seguiranno i fatti.

Altra regola dei convegni romani. Solitamente iniziano con una presenza più o meno ampia di pubblico e finiscono sempre con la sala semivuota. La tavola rotonda che vi abbiamo raccontato è durata oltre un'ora e quaranta. Quando è terminata, in platea erano ancora tutti seduti al loro posto. Sia stato per convinzione o per convenienza.

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