Meloni alla Camera in vista del Consiglio europeo, il discorso integrale: dall’Ucraina a Gaza e migranti
Giorgia Meloni ha parlato alla Camera per presentare i punti principali della linea del suo governo in vista del prossimo Consiglio europeo, che raccoglierà i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell'Ue a Bruxelles giovedì 19 e venerdì 20 dicembre. Molti i temi toccati dalla premier: dal nuovo mandato europeo, che vedrà come commissario italiano l'ex ministro al Pnrr Raffaele Fitto, ai conflitti internazionali in Russia, Siria, a Gaza. Ma la presidente del Consiglio non ha evitato un attacco ai giudici, in particolari a quelli che si sono occupati dei centri migranti costruiti in Albania e più in generale delle procedure per i rimpatri varate dal governo. Ecco il testo integrale del suo intervento.
Cosa ha detto Meloni alla Camera in vista del Consiglio Ue: il discorso completo
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il prossimo Consiglio europeo sarà, di fatto, il primo Consiglio di questa nuova legislatura europea, il primo presieduto dal nuovo Presidente António Costa che ha manifestato a me e agli altri Capi di Stato e di Governo la volontà di rendere i lavori del Consiglio più snelli e concreti, focalizzando maggiormente l'attenzione su dibattiti di carattere strategico ed evitando, invece, di addentrarsi, anche nelle conclusioni, in questioni di dettaglio che possono essere più efficacemente affrontate nei tavoli negoziali e consiliari. È personalmente una impostazione che condivido molto perché, oggi più che mai, di fronte a sfide sempre nuove e sempre più complesse e stante il concreto rischio di marginalizzazione, se non addirittura di irrilevanza, che l'Unione europea fronteggia in diversi ambiti, settori e quadranti geopolitici, abbiamo bisogno di focalizzare la nostra attenzione su quale debba essere, invece, la missione dell'Europa, partendo dalle ragioni profonde che ci tengono insieme.
Questo sarà anche il primo Consiglio europeo dopo l'insediamento della nuova Commissione e proprio da qui vorrei partire. L'ultima volta che sono venuta in quest'Aula dovevamo ancora attraversare il percorso parlamentare necessario alla conferma del Collegio dei commissari, proposto e guidato, per la seconda volta, da Ursula von der Leyen. Certamente non si è trattato di un percorso semplice né immune da polemiche politiche anche aspre, ma al termine di quel percorso mi sento di poter dire con orgoglio: missione compiuta.
Un italiano è stato nominato Vicepresidente esecutivo della Commissione europea, un politico di valore, stimato in Italia e in Europa. A lui, a Raffaele Fitto, è stato affidato un portafoglio importante che vale complessivamente circa 1.000 miliardi di euro, tra i fondi delle politiche di coesione del bilancio 2021- 2027, circa 400 milioni di euro ai quali vanno sommati quelli della nuova programmazione che verrà in ogni caso definita da questa Commissione, e le risorse del Next Generation EU, circa 600 milioni di euro, competenza che Fitto condividerà con il Commissario Dombrovskis.
Così come la Vicepresidenza esecutiva assegnata al Commissario italiano non è, per noi, semplicemente un titolo onorifico, ma è piuttosto uno strumento concreto che consentirà al Commissario italiano di supervisionare e coordinare le politiche dell'Unione europea in settori strategici come l'agricoltura, la pesca, i trasporti, il turismo, l'economia del mare e l'housing sociale; settori nei quali una sensibilità italiana può certamente contribuire a riportare il dibattito su un approccio pragmatico, superando quella deriva ideologica e dogmatica che Bruxelles ha mostrato in troppi ambiti negli ultimi anni.
Credo che tutti in quest'Aula possiamo riconoscere come il ruolo assegnato all'Italia nella nuova Commissione sia adeguato al peso della nostra Nazione in Europa: è un risultato che conferma la centralità dell'Italia nel nuovo contesto europeo e, dal mio punto di vista, anche la capacità del nostro Governo di far valere le ragioni dell'Italia; ma si tratta anche di un riconoscimento personale per Raffaele Fitto e per gli ottimi risultati che ha raggiunto in questi due anni da Ministro della Repubblica italiana. Se oggi l'Italia è al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario del Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo si deve soprattutto all'ottimo lavoro svolto da lui e dai suoi uffici, oltre che all'impegno di tutti i Ministri e di tutti i livelli istituzionali del sistema Italia nel suo complesso.
Come sapete, questa difficile eredità è stata raccolta dall'onorevole Tommaso Foti, una persona seria e capace che quest'Aula ha imparato a conoscere, al quale rinnovo, a nome dell'intero Governo, i migliori auguri di buon lavoro.
Direi in sostanza che, nonostante vi sia ancora chi, non curante della realtà, continua a ripetere il mantra di un presunto isolamento internazionale dell'Italia, i fatti sembrano dimostrare l'esatto contrario. Il Governo italiano è sempre più indicato dagli osservatori internazionali come centrale in numerose dinamiche ed è un cambiamento in positivo che, al di là delle personali convinzioni politiche, dovrebbe inorgoglire ogni sincero italiano, così come l'Italia è sempre più protagonista nei nuovi formati di dialogo che nascono in Europa per cercare di affrontare in modo pragmatico e concreto i numerosi dossier strategici che stiamo discutendo: penso alla riunione sulle migrazioni, inaugurata a margine dello scorso Consiglio europeo nella sede della delegazione italiana a Bruxelles, un format promosso da Italia, Danimarca e Paesi Bassi che raccoglie diverse Nazioni, al quale partecipa anche la Presidente della Commissione europea, per fare stato dell'avanzamento della nuova politica migratoria dell'Unione e ragionare insieme su soluzioni innovative.
Ma penso anche al Vertice Nord-Sud sulla sicurezza, che si svolgerà nei prossimi giorni in Finlandia, promosso dal Primo Ministro Orpo, al quale l'Italia è stata invitata a partecipare insieme ai Primi Ministri di Grecia e Svezia e all'Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Mi sono soffermata su questi aspetti perché mi piacerebbe che insieme provassimo a fare un salto di livello, nel nostro dibattito sull'Europa, nel merito delle scelte da compiere e sul ruolo che l'Italia deve svolgere.
È un fatto che la nostra straordinaria condizione di stabilità – straordinaria non solo rispetto al passato della nostra Repubblica, ma anche rispetto alle turbolenze politiche che diverse grandi Nazioni europee si trovano ad affrontare – sia un importante capitale, che l'Italia può e deve saper mettere a frutto e che è nel nostro interesse nazionale saper evidenziare in ogni occasione.
Consolidare l'idea di un'Italia stabile consente di rafforzare la nostra cooperazione con i partner, consente di attrarre maggiori investimenti esteri, consente di lavorare per riportare a casa i nostri troppi cervelli in fuga, ai quali dobbiamo provare, insieme, a regalare un nuovo gratificante sogno in patria.
Naturalmente, il primo dovere per garantire questa stabilità spetta alla maggioranza, che approfitto per ringraziare della compattezza che sta dimostrando nella quotidiana azione di Governo e nell'attività parlamentare, ma il valore aggiunto dato da questa stabilità è certamente una carta preziosa da giocare anche all'interno del Consiglio europeo. Detto questo, il Consiglio di giovedì verrà preceduto, nella giornata di mercoledì, dal Vertice dell'Unione europea con i Balcani occidentali. Grazie anche all'Italia, l'adesione delle Nazioni dei Balcani occidentali è oggi in cima alle priorità dell'Unione europea. Parliamo di Nazioni che si trovano nel cuore del nostro continente, che sono europee per storia e per questo siamo convinti che il loro ingresso nell'Unione sancirebbe finalmente il completamento della riunificazione dell'Europa.
È arrivato il momento di riconoscere concretamente i progressi che hanno compiuto e di premiare i loro sforzi, continuando a lavorare anche con loro per la stabilità e la sicurezza europea. Il Consiglio europeo si occuperà quasi esclusivamente, come è giusto che sia, delle grandi crisi geopolitiche che stanno attraversando e sconvolgendo il nostro tempo, a partire, ovviamente, dall'Ucraina. Il 19 novembre scorso abbiamo ricordato i mille giorni dell'eroica resistenza ucraina alla guerra di aggressione russa.
L'Italia ha ribadito, in ogni occasione internazionale, il proprio sostegno alla legittima difesa dell'Ucraina, alla sua indipendenza, alla sua sovranità territoriale: principi a cui abbiamo ispirato anche la nostra azione come Presidenza G7, nel corso della quale abbiamo raggiunto l'accordo per mettere a disposizione di Kiev una linea di credito da 50 miliardi di dollari, un prestito che sarà presto erogato e che sarà garantito dagli extraprofitti sui beni russi immobilizzati in Europa. Si è trattato di un lavoro estremamente complesso, che ha portato a un risultato estremamente importante. Si è trattato di un successo della Presidenza italiana del G7.
In questa fase, desta particolare preoccupazione la sistematica azione russa volta a colpire le infrastrutture energetiche ucraine in vista dell'inverno. Garantire la loro sicurezza, così come quella della centrale nucleare di Zaporizhzhia, è per noi un obiettivo fondamentale. L'Italia continua, inoltre, a sostenere finanziariamente e politicamente le iniziative europee in favore dell'Ucraina, partecipando alla missione militare di addestramento EUMAM, alla missione civile di assistenza EUAM e al sostegno militare, tramite lo Strumento europeo per la pace.
La fine della guerra e la costruzione di una pace giusta, complessiva e duratura, fondata sui principi della Carta ONU, rimangono i nostri obiettivi, perché è interesse vitale dell'Italia e dell'Europa il mantenimento di un sistema di regole basato sul rispetto del diritto internazionale. Come ho già detto tante volte in quest'Aula, da membro dell'opposizione e da Capo del Governo, non c'è alcuna convenienza per noi a vivere in un mondo basato sulla forza delle armi e della sopraffazione. Vogliamo continuare a spendere ogni energia in questa direzione, coinvolgendo in questo sforzo anche altri attori globali, per giungere il prima possibile a una pace giusta.
Proprio per questa ragione, l'Italia continuerà a fare la propria parte anche nel rafforzamento delle sanzioni, assistendo le imprese che svolgono la loro attività nel rispetto delle stesse. Abbiamo sostenuto la recente adozione del quindicesimo pacchetto di sanzioni, mentre già un sedicesimo è in corso di elaborazione. L'incontro che avrò con il Presidente Zelensky alla vigilia del Consiglio europeo, insieme ad altri leader europei e al Segretario generale della NATO, Rutte, permetterà di ribadire questi principi e di riaffermare la linea di azione comune. Si tratta di un'occasione importante anche per discutere del futuro del conflitto, mantenendo uno stretto coordinamento sui prossimi passi da compiere.
Come sempre, guardare al futuro dell'Ucraina significa anche immaginare la sua ricostruzione, che va sostenuta insieme alle istituzioni finanziarie internazionali e al settore privato. Il 10 e l'11 luglio 2025 l'Italia ospiterà la Conferenza sulla ricostruzione, importante evento sul quale il Governo è già al lavoro e per il quale conta sul sostegno di tutte le forze politiche e di tutto il sistema Italia. Ma pace e ricostruzione non sono una priorità solamente in Ucraina, anche il Medio Oriente merita una prospettiva di stabilizzazione da questa crisi permanente in cui è precipitato, ulteriormente complicata da ciò che abbiamo visto accadere in Siria in pochi giorni.
La caduta del regime di Bashar al-Assad è una buona notizia, giustamente celebrata dalla popolazione siriana dopo oltre un decennio di guerra civile. Le forze ribelli che si sono affermate sono eterogenee, hanno una diversa estrazione e interessi potenzialmente contrastanti. C'è ovviamente preoccupazione per il futuro della Nazione. L'Italia, unica tra le Nazioni del G7 ad avere un'ambasciata aperta a Damasco, è pronta a interloquire con la nuova leadership siriana, ovviamente in un contesto di valutazioni e azioni condivise con i partner europei e internazionali. I primi segnali sembrano incoraggianti, ma serve la massima prudenza.
Alle parole devono seguire i fatti e sui fatti giudicheremo le nuove autorità siriane. Elemento decisivo sarà l'atteggiamento verso le minoranze etniche e religiose, e penso, in particolare, ai cristiani, che hanno già pagato un prezzo altissimo e sono stati troppo spesso oggetto di persecuzione. Come ci ha insegnato Papa Benedetto XVI – ma consentitemi di approfittare per fare, a nome del Governo, e penso anche dell'Aula, gli auguri di buon compleanno a Papa Francesco – oggi la libertà religiosa è un bene che appartiene al nucleo essenziale dei diritti dell'uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non può mai negare.
La lotta al terrorismo è un altro aspetto determinante di questo scenario, non ci deve essere spazio per un ritorno dell'ISIS o ambiguità verso gruppi che intendano fare della Siria una base per nuovi nuclei terroristici. Di questo intendo parlare a Bruxelles con i partner europei, anche perché sono convinta che l'Unione europea abbia un ruolo fondamentale da svolgere in Siria, particolarmente in materia di ricostruzione di una Nazione profondamente devastata. I siriani avranno un ruolo guida, ovviamente, nella ricostruzione, ma avranno bisogno del sostegno europeo e internazionale, particolarmente con le Nazioni arabe.
È un tema su cui è urgente non solamente riflettere, ma anche individuare i migliori strumenti di azione. Sullo sfondo, l'annosa questione dei rifugiati siriani: negli scorsi mesi molti rifugiati hanno fatto ritorno in Siria, si è trattato di movimenti che non erano determinati dalla volontà di rientrare in patria, ma dalla necessità di sfuggire agli scontri in Libano. Dopo la caduta di Assad, abbiamo assistito a ulteriori movimenti di ritorno. L'Italia, come sapete, è da tempo impegnata per favorire i ritorni che siano volontari, sicuri, dignitosi, sostenibili, e intende continuare a lavorare in questa direzione con i partner UE, con le agenzie ONU, prima fra tutte l'UNHCR, che è in prima linea sul dossier e – lo auspico – con le nuove autorità di Damasco.
La recente visita della Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l'annuncio della prossima conclusione di un'intesa strategica tra UE e Giordania vanno anche in questa direzione, una direzione che è stata promossa con convinzione da parte italiana. Chiaramente, la situazione siriana si inserisce nel più ampio e complesso scenario mediorientale. Il raggiungimento di una tregua in Libano è un importante passo in avanti, sul quale il Governo italiano è stato costantemente impegnato.
L'Italia, come ho avuto modo di confermare anche sabato scorso al Primo Ministro libanese Mikati, farà la sua parte per contribuire al monitoraggio del rispetto dell'accordo e garantire piena sovranità al Libano. Lo faremo soprattutto continuando a lavorare per coordinare il sostegno internazionale alle Forze armate libanesi tramite il comitato tecnico-militare per il Libano, alla cui guida è, non a caso, un generale italiano, e lo faremo con i nostri soldati presenti in UNIFIL che questo Governo non ha mai voluto ritirare proprio perché era consapevole che sarebbero stati fondamentali una volta cessate le ostilità. E consentitemi, in quest'Aula, di inviare, a nome di tutta la Nazione, un ringraziamento sentito e convinto alle donne e agli uomini delle nostre Forze armate in Libano che, così come hanno sempre fatto e fanno in tutto il mondo, sono rimasti al loro posto, con coraggio e senso del dovere, al servizio della Nazione e della pace.
Un impegno molto forte, quindi, dell'Italia a favore della stabilità e della sovranità libanese, ma è ovvio che anche l'Unione europea può e deve contribuire al nuovo equilibrio nel Paese dei cedri e sono soddisfatta del fatto che, anche su impulso italiano, l'Unione europea abbia, a sua volta, cominciato a sostenere le Forze armate libanesi con un primo contributo di 15 milioni di euro, che è stato deliberato lo scorso settembre. Al contempo, occorre mantenere alta l'attenzione su Gaza. Rinnoviamo la nostra richiesta forte per un immediato cessate il fuoco basato sul non più rinviabile rilascio degli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas e sulla fornitura di un'assistenza umanitaria adeguata a Gaza.
L'Italia è in prima linea nel sostegno alla popolazione civile palestinese. Abbiamo stanziato 70 milioni per la risposta alla crisi e con l'iniziativa Food for Gaza abbiamo organizzato due voli umanitari per oltre 100 tonnellate di aiuti. Ma il nostro obiettivo non è solo l'assistenza immediata: il nostro obiettivo in prospettiva è di contribuire alla stabilizzazione e alla ricostruzione materiale e sociale della Striscia e dobbiamo continuare a lavorare per la ripresa di un processo politico credibile. Una pace giusta e sostenibile nella regione potrà raggiungersi soltanto attraverso una soluzione a due Stati che garantisca tanto agli israeliani quanto ai palestinesi sicurezza e mutuo riconoscimento.
Ho incontrato venerdì scorso il Presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Abbas, al quale ho garantito il sostegno italiano al processo di riforma di quello che è l'unico interlocutore possibile della Palestina e al quale ho ribadito la convinzione che debba essere l'Europa a giocare il ruolo di protagonista nell'impulso a una soluzione strutturale e definitiva per la questione israelo-palestinese. Il Presidente Abbas, dal canto suo, ha ringraziato l'Italia che l'Autorità nazionale palestinese considera una Nazione amica per la sua postura equilibrata e per il suo impegno in prima linea.
Sempre a proposito di sicurezza, voglio brevemente ricordare anche che l'Italia continua a mantenere alta l'attenzione sulla sicurezza della navigazione nel mar Rosso grazie soprattutto al nostro ruolo di punta nella missione navale Aspides. In Consiglio europeo discuteremo poi anche del rapporto predisposto dall'ex Presidente della Repubblica finlandese, Sauli Niinisto, sul rafforzamento della preparazione civile e militare europea in materia di pronto intervento. Un rapporto che evidenzia la necessità di moltiplicare gli sforzi per assicurare all'Unione europea una maggiore preparazione in tutti i settori di riferimento per rafforzare le nostre capacità di reazione e garantire la nostra sicurezza in qualsiasi scenario.
L'Italia è più che interessata a contribuire al dibattito politico sul futuro ruolo dell'UE come gestore di crisi e come fornitore di sicurezza, partendo non tanto da proposte legislative della Commissione, che in questa fase rischierebbero di essere premature, ma dalla necessità di massimizzare l'impatto combinato degli sforzi nazionali ed europei nella gestione delle crisi, in linea con il principio di sussidiarietà. In particolare, l'Italia non è disposta a rinunciare a un'eccellenza nazionale come quella rappresentata dalla nostra Protezione civile, ma possiamo senz'altro condividere la nostra esperienza e il nostro saper fare con i nostri partner.
Un'importante discussione strategica sarà poi dedicata al macro-tema: l'Unione europea nel mondo. L'interazione sempre più stretta tra le crisi e le guerre che ci circondano, disegnando un arco di instabilità che va dall'Artico al Sahel, impone una lettura di insieme e maggiori sforzi per rilanciare il ruolo globale dell'Unione europea, a partire da un suo rinnovato dialogo con tutti i partner basato sul rispetto e non su un approccio paternalistico. E chiaramente, un'Europa che abbia la pretesa di essere più forte e più autonoma non può prescindere da un comune impegno per rafforzare la sua difesa, costruendo finalmente un pilastro europeo della NATO da affiancare a quello nordamericano, con pari peso e pari dignità. Il nostro impegno nei confronti dell'Alleanza atlantica rimane la pietra angolare della nostra sicurezza, ma certamente l'Europa deve puntare ad avere un ruolo maggiore al suo interno.
Per fare questo è però vitale progredire rapidamente sulla strada dell'autonomia strategica aperta e cercare soluzioni innovative per garantire fondi adeguati agli investimenti necessari, ad esempio, avviando un dibattito concreto sulla possibilità di emettere obbligazioni europee per gli investimenti nella difesa, continuando a spingere per l'esclusione degli investimenti sulla difesa dal calcolo del rapporto deficit/PIL del Patto di stabilità.
Anche in questa chiave è indispensabile mantenere un approccio pragmatico, costruttivo e aperto con la nuova amministrazione Trump, sfruttando le aree di potenziale e fruttuosa cooperazione UE-USA e cercando di prevenire diatribe commerciali che certamente non farebbero bene a nessuno. A proposito di commercio internazionale, non voglio sottrarmi a fornire uno spunto di riflessione su un tema di forte dibattito in questi giorni che è la questione dell'Accordo UE-Mercosur, anche se non sarà all'ordine del giorno del Consiglio europeo.
L'Italia condivide la priorità geopolitica di tornare a investire su una forte presenza europea in America latina: un continente di cultura molto simile alla nostra, che rischiamo di abbandonare alla penetrazione politica ed economica di attori globali non occidentale. Una prospettiva già in atto che indebolisce l'Europa e l'Occidente, in un contesto globale in cui le crisi regionali e la forte spinta del sud globale e dei BRICS Plus portano a ridiscutere gli assetti di un mondo non più soltanto multipolare ma profondamente frammentato.
Il problema che si pone oggi non è quindi l'opportunità geopolitica di procedere verso una nuova stagione di accordi di cooperazione politica e commerciale con i Paesi terzi, quanto la sostenibilità dell'impatto di questi accordi su alcuni settori, come l'agricoltura, che hanno spesso pagato il prezzo più alto con l'apertura del mercato europeo a prodotti realizzati in Paesi terzi, nei quali non vengono rispettati gli stessi standard ambientali e di sicurezza alimentare che imponiamo ai nostri produttori.
L'accordo UE-Mercosur deve quindi offrire garanzie concrete e opportunità di crescita anche al mondo agricolo europeo, la cui redditività e competitività è stata in questi anni minata da una devastante deriva ideologica. In questi anni ci siamo battuti affinché gli agricoltori non venissero più trattati da nemici dell'ambiente ma da ciò che sono, ovvero i primi custodi della natura, e ci siamo battuti per far cadere l'assurda contrapposizione tra sostenibilità ambientale e competitività che quella deriva ideologica aveva imposto. Importanti segnali sono arrivati in questo senso, ma c'è ancora molto da lavorare e dunque non possiamo ignorare le preoccupazioni del nostro settore agricolo.
Vanno attuati meccanismi efficaci di salvaguardia, incluso un sistema di adeguate compensazioni per le filiere che dovessero essere danneggiate. Stiamo studiando con attenzione l'intesa preliminare chiusa la scorsa settimana dalla Commissione europea a Montevideo e sosterremo con convinzione le nostre posizioni, prendendo il tempo necessario a valutare se le nostre richieste verranno soddisfatte. In assenza di questo indispensabile riequilibrio, il sostegno dell'Italia non ci sarà perché siamo convinti che l'Accordo UE-Mercosur debba portare vantaggi per tutti e non solo per alcuni.
Nel frattempo, continueremo a batterci con forza e con coerenza a sostegno di un'agricoltura europea forte e competitiva. La sovranità alimentare europea rimane una risorsa strategica alla quale l'Europa non può e non deve rinunciare.
Rimane poi centrale il tema delle relazioni con l'Africa: una vera e propria priorità nell'agenda internazionale dell'Italia, come dimostrato dalla centralità che vi abbiamo voluto attribuire nell'ambito della Presidenza del G7 che sta per concludersi.
Consentitemi, su questo punto, di rinnovare la mia soddisfazione per le iniziative ad alto potenziale lanciate in ambito G7 sotto la nostra Presidenza – l'Apulia Food Systems Initiative sulla produzione agricola, la Energy for Growth in Africa per lo sviluppo dell'energia verde, l'Adaptation Accelerator Hub sull'adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici -, ma, soprattutto, per la condivisione dell'impegno italiano a costruire, non solo con l'Africa, ma con tutto il Sud globale, un nuovo modello di cooperazione e di sviluppo, da pari a pari. Credo che questa sia una delle eredità più importanti della Presidenza italiana, che si concluderà formalmente tra pochi giorni.
È stato un anno importante, ma, in chiusura della nostra Presidenza del G7, voglio ringraziare, anche di fronte a quest'Aula, tutti coloro che hanno lavorato con dedizione per il successo dell'Italia, un successo che viene riconosciuto anche pubblicamente da tutti i nostri alleati, da tutte le Nazioni che hanno partecipato al summit dei leader, alle 23 riunioni ministeriali. Voglio ringraziare per questo anche tutti i Ministri e, particolarmente, il Ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani.
Il nostro Piano Mattei, che è già in fase di attuazione avanzata, continua a raccogliere interesse tra i nostri partner. Non è un Piano di questo Governo, ma è piuttosto un'iniziativa di interesse nazionale e, a mio avviso, è un'iniziativa di interesse europeo. Anche per questo, stiamo lavorando per europeizzare e internazionalizzare sempre più questa iniziativa, rafforzando la sinergia, da una parte, con il Global Gateway dell'Unione europea e, dall'altra, con la Partnership for Global Infrastructure and Investment, che è stata lanciata in ambito G7.
Un nuovo partenariato tra l'Unione europea e le Nazioni africane è fondamentale per affrontare le sfide globali comuni. Tra queste, come sempre, naturalmente, c'è anche il governo dei flussi migratori, a maggior ragione oggi, con la nuova crisi siriana, che rischia di generare nuovi flussi.
La lotta al traffico di esseri umani resta per noi fondamentale. Abbiamo accolto con favore la nuova direttiva europea in materia di traffico di esseri umani, che amplia la fattispecie di reato, ricomprendendo anche lo sfruttamento della maternità surrogata. Dall'altra parte, siamo impegnati nel negoziato per la nuova direttiva anti-traffico di migranti, al fine di rafforzare il quadro normativo europeo sulla materia. Il lavoro svolto finora per rafforzare la collaborazione dell'UE con alcune Nazioni di origine e transito – penso alla Tunisia, ma non solo – ha contribuito a una diminuzione dei flussi irregolari del 60 per cento rispetto al 2023 lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Continuare in questa direzione è l'unico modo per contenere gli arrivi irregolari, diminuire le tragedie nel Mediterraneo, rendere più sicure le frontiere esterne dell'UE e affrontare le cause profonde della migrazione.
L'Italia ha avuto un ruolo decisivo nell'avviare il dibattito in corso a livello UE sulla ricerca di soluzioni innovative al fenomeno migratorio, soprattutto per quello che riguarda la politica dei rimpatri. Consideriamo improcrastinabile una revisione della direttiva rimpatri e un'accelerazione della Commissione sulla revisione del concetto di Paese terzo sicuro. Così come consideriamo importante anticipare il più possibile quanto previsto dal nuovo Patto sulla migrazione e l'asilo sulla definizione di Paese di origine sicuro, anche al fine di fare definitiva chiarezza su un argomento che è stato oggetto di recenti provvedimenti giudiziari dal sapore ideologico, che, se fossero sposati nella loro filosofia di fondo dalla Corte di Giustizia UE, rischierebbero di compromettere, almeno fino all'entrata in vigore del 2026 delle nuove regole UE in materia di procedure di asilo, le politiche di rimpatrio di tutti gli Stati membri: una prospettiva preoccupante e inaccettabile, che occorre prevenire con determinazione.
Allo stesso modo, continueremo a lavorare con i 15 Stati membri firmatari della lettera con la quale si chiedeva alla Commissione di individuare soluzioni innovative per contrastare l'immigrazione illegale e agli altri 4 che, nel frattempo, hanno chiesto di partecipare ai gruppi tecnici di lavoro nati a seguito di quella iniziativa. Tra queste soluzioni innovative, c'è, ovviamente, anche il Protocollo tra Italia e Albania. E voglio ribadire, anche in quest'Aula, che intendiamo andare avanti nell'attuazione di questo Protocollo, nel pieno rispetto della legge italiana e delle norme europee.
Infine, nel prossimo Consiglio europeo non tratteremo dei temi più strettamente economici, ma, ovviamente, rimane centrale la questione della competitività. Consentitemi di fare un passaggio anche su questo. Dando seguito ai Rapporti Letta e Draghi, la Presidenza di turno ungherese dell'UE ha organizzato, il mese scorso, un Consiglio europeo informale, da cui è scaturita la Dichiarazione di Budapest. È un documento ambizioso, che sancisce un nuovo patto per la competitività europea e fissa obiettivi condivisi per colmare il divario che l'Europa ha accumulato in termini di produttività e innovazione con i suoi concorrenti globali.
Allora, parlando di competitività, voglio cogliere l'occasione per un importante aggiornamento sul lavoro che il Governo sta facendo su un tema davvero molto importante, che sta animando anche il nostro dibattito nazionale: mi riferisco, segnatamente, alla crisi dell'automotive. Parliamo, come tutti sappiamo, di un settore fondamentale per il futuro e per la competitività dell'industria europea. Eppure, il quadro che abbiamo davanti oggi è un quadro tutt'altro che positivo. Le cause all'origine delle difficoltà del settore sono diverse, e, tra queste, figura certamente l'aver imposto un modello di decarbonizzazione basato unicamente sull'elettrico, che, se fosse confermato, rischierebbe di portare al collasso l'intera industria automobilistica europea.
Per questo motivo, come Italia, insieme alla Repubblica Ceca e con il sostegno di altri partner europei, ci siamo fatti promotori di un'importante iniziativa finalizzata a proporre una strategia alternativa. Lo scopo di questa nostra iniziativa, contenuta nel non-paper per una nuova politica europea per l'automotive, promosso dal Ministro Urso, è di fornire idee e spunti per agire con urgenza a livello europeo e scongiurare conseguenze irreversibili.
Chiediamo nell'immediato la sospensione delle multe nei confronti delle case costruttrici, multe che stanno già portando alla chiusura di importanti stabilimenti, proprio per evitare di incorrere in quelle penalità, ma, nel medio periodo, ci diamo l'obiettivo più ambizioso di riaprire il capitolo della neutralità tecnologica, rendendo utilizzabili tutte le tecnologie mature che possano contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti.
Cogliamo con favore le aperture che stanno emergendo in questi giorni dalle parole del Commissario europeo all'industria Séjourné, nonché da importanti gruppi politici al Parlamento europeo. Ci auguriamo di poter fare ulteriori e significativi passi avanti per correggere una traiettoria sbagliata, che sta causando fortissime difficoltà. Colleghi – e vado alla conclusione -, il prossimo Consiglio europeo celebra anche un anniversario simbolico molto importante: sono trascorsi, infatti, 50 anni dal primo Consiglio europeo della storia. Era il 1974 quando i Capi di Stato e di Governo dell'allora Comunità europea decisero, nel corso del Vertice di Parigi, di formalizzare la prassi di riunirsi periodicamente per confrontarsi sulle priorità comuni e delineare insieme l'indirizzo politico dell'Unione.
Da allora, il mondo è profondamente cambiato, l'Europa è profondamente cambiata, l'Italia è profondamente cambiata. Quello che non può e non deve cambiare, invece, è il bisogno di un'Europa che sia consapevole del ruolo che ha nella storia. Non sempre il continente ha dimostrato di saper coltivare questa consapevolezza, offuscato, com'è stato a volte, da dannosi schemi ideologici e dalle troppe regole imposte, forse proprio per sopperire alla debolezza di visione e di strategia. In fondo, se tornassimo indietro a quel 1974, troveremmo un'idea d'Europa molto diversa da quella che, spesso, abbiamo visto realizzare.
Disse Aldo Moro, che partecipava in rappresentanza dell'Italia in quel consesso, che l'Europa è il luogo in cui le Nazioni diventano più grandi, senza perdere la loro anima. È una casa comune per le differenze. È una lettura che condivido, è una lettura che condivido molto più di letture che ho sentito dare decisamente più di recente. E, allora, forse, per andare avanti dobbiamo, soprattutto, tornare all'origine del progetto, e credo che questa legislatura europea ci dia l'occasione storica per farlo, perché le crisi, come sempre, nascondono anche delle opportunità. Sta a noi saper cogliere quelle opportunità, e l'Italia, ovviamente, intende fare la sua parte fino in fondo. Vi ringrazio