Medici in fuga dagli ospedali, dopo la pandemia si licenziano: “Nei prossimi anni carenza sanitari”
C'era un tempo in cui il posto di lavoro a tempo indeterminato in ospedale era considerato un prestigioso traguardo. Uno studio presentato da Anaao-Assomed, sindacato medico italiano, denuncia che negli ultimi 3 anni il Servizio sanitario nazionale ha perso quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno lasciato il proprio posto di lavoro in ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato, e ci sono stati altri 12.645 abbandoni per pensionamenti, decessi e invalidità al 100%. Anche la categoria dei medici insomma è toccata dal fenomeno della ‘Great Resignation', ovvero un significativo aumento delle dimissioni, che vede un numero crescente di persone in diversi ambiti lavorativi lasciare il loro impiego.
Lo studio si basa sui dati del Conto Annuale del Tesoro (Cat), relativi al periodo 2017-2019, che mostrano come in tutta Italia ci sia stata un'esplosione del fenomeno delle dimissioni dei medici, con un trend in progressivo aumento. I dati del 2020 e del 2021, tratti dal database Onaosi sulla cessazione della contribuzione obbligatoria, confermano il persistere di una quota importante di licenziamenti spontanei che si aggiungono alle uscite per pensionamento (tabella 1): nel 2021 ben 2886 medici ospedalieri, il 39% in più rispetto al 2020, hanno deciso di lasciare la dipendenza del SSN e proseguire la propria attività professionale altrove. Durante la prima ondata le uscite si sono lievemente ridotte, probabilmente perché i medici non se la sono sentita di abbandonare i colleghi. Ma subito dopo le prime ondate, nel 2021 i flussi in uscita sono ricominciati a crescere.
Il segretario nazionale del sindacato dei medici dirigenti Anaao Assomed, Carlo Palermo, ha presentato i dati del report alla ‘Conferenza nazionale sulla questione medica', indetta dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). Perché questa fuga dei medici dalle Ssn? Le cause di questo abbandono massiccio degli ospedali sono legate al burnout, alla voglia di trovare un posto che preservi il proprio benessere, al desiderio di poter gestire le giornate di lavoro in nome del work-life balance.
Turni massacranti nei weekend, troppe richieste di reperibilità e difficoltà a volte anche a godere delle ferie maturate fanno sì che la professione del medico nel pubblico sia considerata oggi poco appetibile. I medici insomma cercano tempo da dedicare ai propri pazienti e tempo da dedicare alla propria famiglia. Ad accelerare il processo ha contribuito senza dubbio la pandemia, che ha sensibilmente peggiorato le condizioni di lavoro negli ospedali.
Andando più nel dettaglio, osservando con una lente d'ingrandimento l'uscita dei 21mila medici specialisti negli ultimi 3 anni, ci sono due grossi raggruppamenti: il primo è quello di chi effettivamente raggiunge il limite pensionistico, circa 13mila professionisti (considerando anche i decessi e le inabilità al 100%); ma i restanti 8mila sono coloro che abbandonano il sistema prima ancora di raggiungere l'età pensionistica. Sono dati preoccupanti, perché la quota annuale delle uscite dei medici, considerando i pensionamenti e le dimissioni volontarie, è di 7.000 medici specialisti. Ma ogni anno sono solo 6.000 i neo specialisti appena formati, di cui, in base a precedenti studi effettuati da Anaao-Assomed, solo il 65% accetterebbe un contratto di lavoro con il Ssn.
Le conseguenze dei licenziamenti spontanei sul Ssn
"Queste 21mila uscite sono solo relative al Ssn, non vengono considerati i medici di medicina generale. Dobbiamo considerare che attualmente con 7mila interruzioni di contratti ogni anno abbiamo una potenzialità di sostituzione di 6mila specialisti. E non tutti quelli che si specializzano ogni anno sono disponibili a iniziare un rapporto di lavoro con il Ssn: questa percentuale con l'arrivo del Covid-19 è nettamente diminuita, siamo al 50% – ha detto a Fanpage.it Carlo Palermo, segretario nazionale del sindacato dei medici dirigenti Anaao Assomed – Tutto questo si è accentuato dalla pandemia, da quando cioè i carichi di lavoro nel sistema sono enormemente aumentati. Su 7mila che escono appena 3mila medici sono disposti a subentrare, un gap enorme".
Ma dove vanno i medici che non vogliono più lavorare in ospedale? Chi non vuole entrare nel Ssn preferisce optare per un lavoro meno gravoso e meno rischioso, magari scegliendo un'attività privata. Avremo insomma sempre più oculisti, cardiologi o endocrinologi, specializzazioni spendibili nel mercato privato, e sempre meno ragazzi che sceglieranno medicina e chirurgia d'urgenza e d'accettazione o chirurgia generale. Quest'anno per esempio i posti disponibili per medicina e chirurgia d'urgenza e d'accettazione erano più di 1000 e sono stati occupati solo al 50%.
Oppure i giovani medici vanno all'estero, dove gli stipendi sono più alti: la differenza rispetto alle retribuzioni dei Paesi dell'Europa dell'Ovest può arrivate anche al 40-50%. Nei prossimi anni, proprio per effetto della pandemia, a livello europeo si prospetta una vera e propria ‘caccia al medico', perché le strutture sanitarie dovranno essere necessariamente rinforzate. L'Italia si trova svantaggiata in questo mercato, perché rispetto ad altri Paesi che offrono una maggiore valorizzazione della professionalità: quando ci sarà da scegliere medici e infermieri preferiranno altre mete. La beffa è che gli italiani continueranno a pagare con le proprie risorse la formazione dei nuovi medici, che poi verrà sfruttata altrove.
Tutto questo è destinato a incidere sulle prospettive future del Servizio sanitario nazionale, perché ci sarà una carenza di personale nei prossimi anni: "Non potremo più garantire l'equità nell'accesso alle cure, tutto questo aumenterà le diseguaglianze nel campo sanitario, con il rischio di una deriva privata, con una sanità che sarà inevitabilmente meno pubblica, sempre più governata da assicurazioni e fondi integrativi. Chi ha le risorse potrà accedere rapidamente alle diagnosi e alle cure, chi non le ha dovrà mettersi in fila nel Ssn, che sarà sempre più stremato per la mancanza di professionisti", è la denuncia di Palermo.
Il ministro della Salute Speranza ha cercato di tamponare la situazione, cercando di contrastare il cosiddetto ‘imbuto formativo', e portando a 17.400 i contratti di formazione post laurea. Ma si dovrà comunque attendere alcuni anni per vedere gli effetti di questi interventi, perché gli specializzandi che hanno potuto beneficiare dell'ampliamento dei posti sono solo al primo anno. "Il problema è che la formazione medica deve essere attentamente programmata, negli anni passati abbiamo fallito. Questi 17.400 specializzandi saranno disponibili fra quattro anni, nel frattempo dovremo fare i conti con un periodo di carenza di personale", ha spiegato Palermo.
"Noi consigliamo alle aziende di fare attenzione innanzi tutto agli orari di lavoro, spesso inumani. Durante la pandemia si sono raggiunte anche le 24 ore continuative di lavoro. Chiediamo maggiore flessibilità nell'organizzazione del lavoro, attraverso strumenti di welfare aziendalem perché siamo di fronte a una ‘femminilizzazione' della professione, e le donne hanno necessità di tempo per dedicarsi anche alla cura della famiglia, e devono poter conciliare vita privata e lavoro".