“A me personalmente la parola coprifuoco piace molto poco. Le limitazioni delle libertà personali mi piacciono poco e devono essere l’ultima spiaggia”, ha detto Matteo Salvini, leader della Lega, poco prima che il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, anch’egli della Lega, proclamasse mediante ordinanza il coprifuoco in Lombardia, e che i contagi raggiungessero la cifra record di 4000 casi in un solo giorno.
E insomma, se c’è una cosa che abbiamo capito è che il Coronavirus ha detto un gran male ai populisti di governo, soprattutto a quelli che hanno sottovalutato la portata della pandemia. Va male al presidente americano Donald Trump, che i sondaggi danno sotto di oltre 10 punti contro lo sfidante democratico Joe Biden a due settimane dal voto presidenziale. Va male al presidente brasiliano Jair Bolsonaro – seppur in risalita nei consensi – con un indice di disapprovazione che è più che raddoppiato nel giro di pochi mesi, dal 21% al 45%. Va malissimo al premier britannico Boris Johnson, ormai appaiato allo sfidante laburista Keir Starner, che fino a pochi mesi fa inseguiva a distanze siderali, a causa di una seconda ondata finita completamente fuori controllo.
Meglio, molto meglio, va ai populisti di opposizione. Da Marine Le Pen, che ha rosicchiato una decina di punti percentuali al presidente Emmanuel Macron, sino a Giorgia Meloni, che col suo partito Fratelli d’Italia ormai vede il sorpasso sul Movimento Cinque Stelle, con un consenso che si aggira attorno al 15%, percentuale attorno al quale viaggia ormai stabilmente Vox, il partito post-franchista spagnolo guidato da Santiago Abascal. Del resto, quando non hai responsabilità di governo, nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria ed economica, non è difficile soffiare sul fuoco della paura e della disperazione.
L’eccezione che conferma la regola si chiama Matteo Salvini. Il cui partito, la Lega, è ancora la prima forza politica italiana, seppur tallonata dal Partito Democratico a poca distanza. Ma il cui consenso è scivolato dal 37% dell’agosto 2019 al 24,3% dell’ultimo sondaggio. E non ce ne voglia il governo Conte o la maggioranza che lo sostiene, se non attribuiamo loro troppi meriti per questa caduta. Semmai, la sensazione è che Salvini debba incolpare più se stesso. Del resto, non c’è leader politico che si è sistematicamente trovato dalla parte sbagliata della barricata, inanellando una serie impressionante di scelte sbagliate e sconfitte politiche.
"Non ravviso la necessità di prorogare per altri mesi lo Stato di emergenza, che si può affrontare a normativa vigente: non è una scelta sanitaria è una scelta politica", aveva detto ad esempio lo scorso 5 di ottobre, di fronte a un bollettino che parlava ancora di 2257 contagi e 16 decessi su tutto il territorio nazionale. Tempo due settimane, e i contagi sono schizzati oltre i 10mila casi al giorno, i decessi a un passo da quota 100, mentre terapie intensive e reparti ospedalieri avevano cominciato a riempirsi.
Del resto, il luminare di riferimento di Matteo Salvini era il professor Alberto Zangrillo dell'ospedale San Raffaele di Milano, quello per cui il virus era clinicamente morto durante l’estate. “Il realismo del professor Zangrillo, da ascoltare”, scriveva su Facebook il 22 luglio il Capitano leghista, che del resto aveva partecipato solo cinque giorni dopo – rigorosamente senza mascherina, come era solito fare in quei mesi – al convegno del Senato che ospitava la platea dei negazionisti del virus: “Il saluto con il gomito è la fine della specie umana, io mi sono rifiutato, piuttosto non saluto”, aveva esordito Salvini, che poi sarcastico aveva aggiunto che tra gli Sgarbi e gli Zangrillo ci stava benissimo “come sono stato benissimo a Verona, al forum delle famiglie".
Il problema, è che mentre Salvini stava benissimo, per molti altri non era così. Eppure Salvini anche il 16 aprile chiedeva la riapertura della Lombardia, “un grande segnale di concretezza e di speranza, spero che il governo ne tenga conto”. Dodici giorni dopo un corteo di mezzi militari carichi di bare e cadaveri sfilava mesto lungo i viali di Bergamo diretto verso cimiteri che potessero ospitarli. Ma prima ancora, del resto, Salvini voleva riaprire tutto, tranne i porti ovviamente: "Riaprire in sicurezza chi può il prima possibile perché stare chiusi altre settimane e mesi porterà al disastro economico”, diceva il 14 aprile. "Il Paese affonda, con i governatori leghisti concordiamo che occorre riaprire tutte le attività e ritornare alla normalità”, ci aveva provato pure il 27 febbraio, a soli otto giorni dalla scoperta del primo caso di Corona virus in Italia.
I precedenti non portano fortuna, insomma, e non autorizzano a star tranquilli per il futuro: “Chi ipotizza un nuovo lockdown commette un crimine, richiudere sarebbe un disastro”, ha dichiarato Salvini solo pochi giorni fa. Qualcuno sta già toccando ferro.