Come se non bastassero i grattacapi legati alla navigazione assai burrascosa della nuova legge elettorale, bersaglio preferito per le minoranze di Pd e Fi che si sono alleate per scardinare il Patto del Nazareno, sulla strada di Matteo Renzi c’è uno scoglio che sembra, almeno fino ad ora, insormontabile: si chiama Micaela Campana. La deputata romana (non indagata) finita nel tritacarne dell’inchiesta su Mafia Capitale per quell’sms inviato a Salvatore Buzzi (che si chiudeva con "bacio grande capo") relativo a una interrogazione parlamentare (che non verrà mai presentata) sta tenendo sulle spine mezzo Partito Democratico. Ma a far discutere è anche il legame tra la stessa Campana e Daniele Ozzimo, assessore Pd al Comune di Roma indagato e dimissionario: i due sono stati sposati.
Da D’Alema a Renzi, la parabola della bella Micaela – Ex esponente della minoranza dalemiana, Micaela Campana è entrata a far parte della segreteria nazionale del Partito Democratico lo scorso settembre, quando Renzi realizzò il “rimpastino” e le affidò la delega al welfare. Da quel momento, stando a quanto filtra da ambienti bene informati, la Campana avrebbe via via abbandonato le posizioni di “minoranza” e si sarebbe avvicinata sempre di più ai renziani. Renziani che, ora, starebbero tentando ogni strada possibile per convincere Micaela a fare un passo indietro dimettendosi dalla segreteria nazionale. Una eventualità che la 37enne deputata di origini pugliesi ma romana d’adozione non sembrerebbe prendere neanche in considerazione.
Il pensiero dei contrari alle dimissioni: “Se molli sei finita” – Il ragionamento di chi invita Micaela Campana a non mollare sarebbe il seguente: “Hai scaricato D’Alema per Renzi appena entrata in segreteria, ora se ti dimetti resti senza copertura politica”. La Campana, del resto, non è nemmeno indagata: hanno gioco facile, almeno per ora, i sostenitori della sua permanenza nella segreteria nazionale. Ma Renzi non molla e la pressione diventa sempre più insistente. Chi vincerà il braccio di ferro?