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Matteo Renzi e la rimozione del Sud. Scusi, presidente, lamentoso a chi?

Al coro di chi si lamenta per una condizione che non ha scelto né voluto, Matteo Renzi preferisce il coretto dei lacchè che si spellano le mani urlandogli quant’è bravo, innovativo e rottamatore. Stia attento, presidente: il suo progetto di Paese sta sistematicamente ignorando un pezzo d’Italia senza il quale non si riparte. Senza il Sud si sprofonda.
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«Serve una svolta radicale, bisogna uscire dalla cultura della lamentazione»: così Matteo Renzi si riferisce al Sud dell'Italia, chiedendo al Senato la fiducia al suo governo-whatsapp dai mille equilibrismi. Sono andato a cercarmi in Treccani il significato esatto della parola lamentazione. «Espressione insistente di dolore»; «lagna»; «discorso lamentoso e importuno». Poi c'è definizione che è quella che riguarda la tragedia antica: la "lamentazione" era il pianto eseguito dal coro. Ed è proprio questa che mi interessa trattare, per rispondere al Presidente del Consiglio. Renzi è riuscito con un solo concetto ad avvilire tutti quelli che lottano nonostante tutto. Nonostante una situazione non scelta e non voluta. Nonostante la disoccupazione al 40 percento (50 per le donne); nonostante la pessima qualità dei servizi (gentile premier, venga a farsi visitare in un qualsiasi reparto di un qualsiasi ospedale della Calabria o della Sicilia o della Campania); nonostante la politica (anche del centrosinistra, si informi attraverso il suo miglior alleato in Campania, Vincenzo De Luca) clientelare, speculativa, familistica. Nonostante i fenomeni malavitosi organizzati si chiamino essi mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, drammi che per Renzi, ormai è chiaro da tempo, sono soltanto dei fatti collaterali, da non nominare apertamente. E quel pianto greco, gentile presidente del Consiglio, è un pianto di italiani della sua stessa terra (che non finisce al secondo piano di Palazzo Chigi, che non è rappresentata dalla sua timeline di Twitter). Tuttavia non c'è che dire: l'arroganza calcolata di non dare spazio alle istanze del Sud del Paese per incartare quel vuoto con un fiocco e scriverci sopra l'aggettivo «nuovo» oggi funziona. Oggi che la lista di questuanti, fra i quali, debbo dirlo, ci sono molti iscritti all'albo dei giornalisti (chiamarli colleghi è eccessivo) è lunga a dismisura, oggi, questo discorso, indubbiamente funziona. Ma quel coro lamentoso, onorevole presidente del Consiglio, minaccia di diventare qualcosa di più e di più grave. Se ne è reso conto? Si è fatto consigliare da qualcuno? Non basta farsi una passeggiata nella "Terra dei fuochi" e ripassare la storia meridionale recente a suon di frasi spot. Spero, lo spero davvero, che al coro dei leccaculo lei preferisca ascoltare quello di chi soffre ma non per questo rinuncia a combattere.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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