Dopo Lorenzo negli stadi avremo Matteo nei teatri. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ormai posseduto dal morbo dello storytelling, annuncia a Pesaro un tour in cento teatri «per raccontare bene le cose che stiamo facendo». Vuole raccontare bene il vuoto. E non essendo evidentemente capace di condurre l'Italia fuori dal tunnel ha pensato bene di arredarlo.
«Vorrei scegliere dei teatri, dei luoghi di bellezza, partendo da qui, e vediamo insieme se le cose che stiamo facendo stanno coinvolgendo le persone o se stiamo perdendo la freschezza, come tutti i politici», dice il premier. L'applausometro come misura della politica; l'Italia tramutata in una Leopolda permanente; il Paese rappresentato come una grande platea da educare e se possibile ipotizzare, sicuramente intortare di monologhi, numeretti sulle lavagne, tweet, post, hashtag. La sostanza è rimandata a data da destinarsi: nel grammelot renziano ci va tutto e il contrario di tutto, è la suggestione, bellezza e tu non puoi farci niente. Il fumo è in scena, per l'arrosto passare a data da destinarsi. Ma siamo sicuri che i cento teatri accoglieranno poi così bene il soliloquio di fuffa? Chi è di scena: quando si alzerà il sipario lo sapremo.