Patto o ricatto? La politica italiana si avvita intorno al destino della nuova legge elettorale e tra dichiarazioni infuocate, ultimatum, semiultimatum, commenti, critiche e speranze inizia ad apparire, in alcuni comunicati stampa, la fatidica parola. “No ai ricatti”, fanno sapere sia dal Pd che da Forza Italia. Segno che i rapporti tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, pur sempre ottimi dal punto di vista personale, si stanno deteriorando sul piano politico. Il Patto del Nazareno non regge, ma il motivo non è solo (come anticipato ieri da fanpage.it) il timore che l’Italicum lasci troppo spazio ai parlamentari eletti con le preferenze e riduca il numero dei “nominati”, ipotesi che fa tremare Berlusconi. C’è dell’altro.
L’appoggio esterno al Senato è già nei fatti – In ballo c’è infatti la tenuta stessa del Governo al Senato. I numeri sono ballerini, più volte la maggioranza ha rischiato di andare sotto e, come dichiarò senza mezzi termini la senatrice “fittiana” di Forza Italia Cinzia Bonfrisco, senza l’ “aiutino” degli azzurri l’incidente ci sarebbe già stato. A quanto raccontano alcuni senatori del Pd, in effetti, una decina di senatori berlusconiani a turno, coordinati dal capogruppo “Forzarenziano” Paolo Romani, avrebbero l’ordine di restare sempre pronti a precipitarsi in aula per garantire il numero legale. Un “appoggio esterno” vero e proprio, quello garantito da Silvio al “caro Renzi”, che però ora dovrebbe essere ricompensato in termini politici. E la legge elettorale è solo uno dei temi sui quali Berlusconi si aspetta la piena collaborazione di Matteo Renzi.
I paletti di Silvio: no alle urne, no alle preferenze e intesa sul dopo-Napolitano – Gli altri argomenti in discussione? Innanzitutto la data del voto: Berlusconi punta a elezioni nel 2018, cosciente che il prossimo Parlamento vedrà la pattuglia azzurra sensibilmente “dimagrita”. Ergo: chiede a Renzi garanzie sul fatto che, una volta approvata la legge elettorale, non si vada al voto. Garanzie che il premier non può assolutamente dare: ecco perché dalle parti del “cerchio magico” di Arcore, si punta a tenere in piedi il Consultellum, il sistema attualmente in vigore dopo l’intervento della Corte Costituzionale sul “Porcellum”. Il sistema vigente è praticamente un proporzionale, e quindi se il Pd non ottenesse, insieme ai suoi alleati, il 51% dei consensi, dovrebbe giocoforza chiede a Forza Italia di formare un nuovo governo di larghe intese.
Tv e giornali di Silvio a disposizione di Matteo – Secondo aspetto: la copertura mediatica del gruppo editoriale di Berlusconi. Matteo Renzi in questi mesi ha potuto contare sull’atteggiamento benevolo, se non addirittura trionfalistico, sia dei quotidiani che delle Tv del gruppo. Non è un caso se spesso i titoli di prima pagina de “Il Giornale” siano stati talmente “governativi” da superare quelli di quando a Palazzo Chigi c’era lo stesso Berlusconi. Un “aiuto”, quello mediatico, che Renzi giudica fondamentale e al quale non può rinunciare in un periodo di grande attrito con la sinistra del Partito Democratico e con la Cgil di Maurizio Landini.
Il Romanzo Quirinale e la riabilitazione politica di Silvio – Non è tutto: capitolo Quirinale. Qui i fatti sono molto diversi da quanto viene ammesso pubblicamente: sul nome del successore di Giorgio Napolitano ci sarebbe stata una intesa tra Renzi e Berlusconi sin dal primo giorno. “Si decide insieme” è il Patto: ma a quanto pare, stando a fonti molto bene informate, le promesse di Matteo a Silvio sarebbero difficili da mantenere. Per non parlare di quelle relative alla riabilitazione politica e giuridica di Berlusconi: la Legge Severino ne ha decretato l’incandidabilità e il Pd non ha voluto modificare il testo in modo favorevole all’ex premier.
Ma il Patto è stato voluto da Renzi mentre “scalava” il Pd – Ma Silvio ha un asso nella manica, la garanzia che il Patto del Nazareno non potrà mai e poi mai essere disatteso da Matteo. Quale? Il modo in cui l’accordo tra i due è nato. Ovvero, racconta chi ha vissuto quei momenti in prima linea, dopo una telefonata di Renzi a Berlusconi del 15 ottobre 2013. Matteo era in corsa per la seconda volta alle primarie per la scelta del segretario nazionale del Partito Democratico, primarie che avrebbe poi stravinto due mesi dopo contro Gianni Cuperlo. L’accordo tra i due fu sancito: Renzi al Nazareno e poi a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta e Silvio Berlusconi rimesso a lucido, dal punto di vista dell’immagine. Il Patto, in buona sostanza, l’ha voluto Matteo. E ora, tocca a lui pedalare. Altrimenti?
Altrimenti ci arrabbiamo – Altrimenti sarebbero dolori. Gli aspetti più riservati del Patto verrebbero spiattellati in pubblico. Si scoprirebbe come sia bastata in questi mesi una parola di Renzi per incidere pesantemente negli equilibri interni di Forza Italia. Il tramite? Denis Verdini. A Matteo “Il Mattinale”, house organ forzista guidato da Renato Brunetta, sembrava troppo aggressivo? Bastava che Verdini lo dicesse a Berlusconi e Brunetta veniva “richiamato all’ordine” altrimenti Il Mattinale sarebbe passato sotto la direzione di Paolo Romani. Troppi attacchi da Forza Italia sull’economia? Verdini protestava e i comunicati stampa più critici si riducevano immediatamente. Denis e Silvio, Silvio e Matteo, Denis e Matteo. I vertici del “triangolo magico” che decidono le sorti dell’Italia. Ma fino a quando? Fino a quando, probabilmente, Berlusconi si renderà conto che alcune delle promesse che gli sono state fatte non saranno mai mantenute. E quel giorno su Arcore si scateneranno fulmini e saette…