Mattarella ha detto tredici volte che l’Italia è un Paese indegno. E il Parlamento si è alzato tredici volte ad applaudire in piedi.
Basterebbe questo per raccontare dell’ipocrisia di una classe politica – leader e peones, senza distinzioni di sorta – che si è nascosta sotto la sottana del suo elemento più rappresentativo, l’unico o quasi ad avere ancora un brandello di credibilità trasversale nell’opinione pubblica, prima eleggendolo Presidente della Repubblica per la seconda volta, e poi accogliendolo come una superstar in Parlamento, sottolineando ogni sua pausa con una standing ovation.
Fosse solo deferenza, o subalternità, o gratitudine per aver salvato la legislatura – e le poltrone – dallo spettro delle elezioni anticipate, potremmo pure giustificare questa seduta collettiva di squat parlamentare.
Quel che è francamente imbarazzante è l’adesione senza alcun imbarazzo a un discorso che rappresenta forse il più duro atto d’accusa verso la classe politica del nostro Paese che si sia mai sentito nei due emicicli. Peggio: un elenco puntiglioso di tutti i fallimenti di cui l’attuale classe politica si è resa – come minimo – corresponsabile, in concerto con chi l’ha preceduta.
Perché se, come dice Mattarella, dignità è azzerare le morti sul lavoro, l’Italia delle 1221 morti sul lavoro nel 2021, e che pesta a sangue gli studenti che protestano in memoria dello studente Lorenzo Parelli, morto sul lavoro, è un Paese indegno.
Perché se dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, ed è interrogata dalle migrazioni, dalla tratta e dalla schiavitù di esseri umani – ne accorpiamo tre assieme, per comodità – l’Italia degli ordinari episodi di discriminazione, degli assessori con la pistola, delle baraccopoli e dei campi di pomodori, degli accordi con la Libia e dei respingimenti alla frontiera, è un Paese indegno.
Perché se dignità è impedire la violenza sulle donne, l’Italia dei 116 femminicidi in 365 giorni, è un Paese indegno.
Perché se dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale, l’Italia con 13 giovani in età scolare su 100 che non vanno a scuola e del record europeo di giovani che non studiano né lavorano, è un Paese indegno.
Perché se dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, l’Italia che li abbandona alle cure delle famiglie – o meglio – delle donne, è un Paese indegno.
Perché se dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità, l’Italia del più basso tasso di occupazione femminile in Europa è un Paese indegno.
Perché se dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone, l’Italia con più di un milione di bambini in povertà assoluta, con il 28% di disoccupazione giovanile, unico Paese in Europa in cui gli stipendi diminuiscono anziché aumentare, è un Paese indegno.
Perché se dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti, l’Italia con 120 detenuti ogni 100 posti in prigione, dato peggiore di tutta Europa, è un Paese indegno.
Perché se dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita, l’Italia in cui tre milioni di persone vivono recluse a causa delle barriere architettoniche è un Paese indegno.
Perché se dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere, l’Italia è un Paese indegno, e non dobbiamo nemmeno spiegare perché.
Perché se dignità è garantire e assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente, l’Italia quarantunesima al mondo nel rapporto di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, con giornalisti minacciati dalla mafia e dai fascisti e da querele temerarie e intimidatorie, è un Paese indegno.
Perché – lo aggiungiamo noi – un Paese in cui di fronte a queste parole, non c’è nemmeno un parlamentare che ritiene opportuno, e perlomeno dignitoso, fissare in silenzio, per un secondo, la punta delle proprie scarpe, è un Paese indegno.