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Mario Draghi spiega cosa devono fare gli Stati Ue per difendere l’economia europea

L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi ha spiegato quale dovrebbe essere la risposta dell’Unione europea di fronte a “un mondo meno stabile”, in cui gli equilibri dell’economia mondiale sono cambiati. Serve, prima di tutto, un livello di collaborazione tra gli Stati “ancora inedito”.
A cura di Luca Pons
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Gli Stati dell'Unione europea oggi si trovano "di fronte a questioni fondamentali per il nostro futuro". Per affrontarle dovranno prendere decisioni "politicamente e finanziariamente significative", e per questo potrebbe servire "un grado ancora inedito di cooperazione e coordinamento tra gli Stati". Lo ha detto Mario Draghi, ex presidente del Consiglio e della Banca centrale europea, intervenendo al monastero di San Jeronimo de Yuste in Estremadura per ricevere il premio europeo Carlos V.

I problemi da affrontare sono diversi, ma tutti richiedono una risposta unitaria: "Con l'invecchiamento delle nostre società, aumentano le esigenze del nostro modello sociale. Allo stesso tempo, per gli europei mantenere alti livelli di protezione sociale e di ridistribuzione non è negoziabile". In più, "dobbiamo anche far fronte a nuove esigenze: adeguarci ai rapidi cambiamenti tecnologici, aumentare la capacità di difesa e realizzare la transizione verde". Dunque invecchiamento, transizione digitale e green, l'arrivo delle guerre. Il tutto in una situazione in cui gli equilibri dell'economia mondiale sono cambiati: "L'era del gas importato dalla Russia e del commercio mondiale aperto sta svanendo".

Servirà una collaborazione che finora non si è mai vista: "Oggi questo passo appare scoraggiante. Tuttavia, sono fiducioso che abbiamo la determinazione, la responsabilità e la solidarietà per affrontarlo". Dato che ci troviamo "in un mondo meno stabile", l'Ue dovrà "sviluppare una capacità industriale di difesa e una politica commerciale all'altezza delle nostre esigenze geopolitiche, riducendo al contempo le dipendenze geopolitiche da Paesi su cui non possiamo più contare".

Da mesi, Draghi si occupa di stilare una relazione sulla competitività dell'Unione europea, da consegnare al presidente della Commissione europea. Qui parlerà di una politica industriale europea, con l'obiettivo di "aumentare la produttività, preservare la competitività delle nostre industrie nel mondo e la concorrenza all'interno dell'Europa". In più, bisognerà anche insistere sulla "decarbonizzazione della nostra economia, in modo da ridurre i prezzi dell'energia e aumentare la sicurezza energetica".

L'ex presidente del Consiglio ha sintetizzato la sua proposta in tre passi per rispondere al "cambiamento delle regole del commercio mondiale". La prima è "cercare di riparare il più possibile i danni all'ordine commerciale multilaterale, incoraggiando tutti i partner disposti a impegnarsi nuovamente per un commercio basato sulle regole". La seconda è "incoraggiare gli investimenti esteri diretti, in modo che i posti di lavoro nel settore manifatturiero rimangano in Europa".

E poi c'è la terza e più delicata: "Utilizzare sussidi e tariffe per compensare gli ingiusti vantaggi creati dalle politiche industriali e dalle svalutazioni dei tassi di cambio reali all'estero". Solo pochi giorni fa, la Commissione europea ha imposto dei dazi sulle auto elettriche cinesi. "Ma se intraprendiamo questa strada", ha avvertito Draghi, "deve essere nell'ambito di un approccio generale pragmatico, cauto e coerente". "Non vogliamo diventare protezionisti in Europa, ma non possiamo rimanere passivi se le azioni degli altri minacciano la nostra prosperità", ha concluso.

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