Mario Draghi dice che l’Europa impone dazi a se stessa: “Serve cambiamento radicale”
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L'Europa sembra trovarsi oggi a fronteggiare una crescita economica stentata, in un clima di crescente incertezza, accentuato anche dalle ultime minacce di dazi imposte dagli Stati Uniti di Donald Trump. Secondo Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea ed ex primo ministro italiano, "le ultime settimane hanno fornito un duro promemoria sulle vulnerabilità dell’Europa, soprattutto riguardo alla sua dipendenza dalla domanda estera". L'ex presidente della Banca Centrale Europea, in un editoriale pubblicato sul Financial Times, ha analizzato le vulnerabilità economiche del continente, mettendo in luce alcuni dei principali fattori che, secondo lui, contribuirebbero alla situazione attuale. Primo tra tutti, il fatto che l'Europa imporrebbe dazi a sé stessa.
Le "barriere autoimposte" e la necessità di cambiamento
Secondo Draghi, l'Europa, per prima cosa, starebbe affrontando un problema strutturale che la renderebbe vulnerabile in un mondo sempre più interconnesso: "L'Europa ha imposto con successo dazi su se stessa", ha affermato l'ex presidente della BCE. Draghi ha spiegato che le barriere interne, ovvero le difficoltà normative e le regolazioni che l'Unione Europea ha implementato nel corso degli anni, hanno avuto un impatto più negativo sulla crescita economica di quanto non lo avrebbero fatto i dazi imposti dagli Stati Uniti: "Sono equivalenti a una tariffa del 45% per la produzione e del 110% per i servizi", ha sottolineato, citando i dati del Fondo Monetario Internazionale.
A proposito delle normative europee, Draghi ha aggiunto: "Le barriere interne sono un retaggio di tempi in cui lo Stato nazionale era la cornice naturale per l’azione". Secondo l'ex premier, tuttavia, questo approccio non avrebbe avuto i risultati sperati: "Non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno un’autonomia nazionale". Le normative, in particolare quelle riguardanti le nuove tecnologie, avrebbero rallentato lo sviluppo di settori cruciali per l'economia, come quello digitale. Un esempio di queste problematiche sembra essere rappresentato dal GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), che, secondo Draghi, avrebbe aumentato i costi per le piccole imprese tecnologiche, riducendo i loro profitti fino al 12%.
Draghi: "Necessario cambiamento radicale"
Nel suo intervento, Draghi ha inoltre evidenziato la necessità di un "cambiamento radicale", che dovrebbe comprendere una revisione delle politiche interne dell'Unione Europea, per abbattere proprio le barriere normative e promuovere invece una maggiore apertura all'innovazione: "È necessario un cambiamento radicale", ha ribadito l'ex presidente della BCE, sottolineando l'importanza di un uso più proattivo della politica fiscale che, "sotto forma di maggiori investimenti produttivi, contribuirebbe a ridurre i surplus commerciali e invierebbe un forte segnale alle aziende affinché investano di più in ricerca e sviluppo", ha concluso Draghi. Questa visione di un'Europa più dinamica e competitiva richiederebbe insomma un cambiamento significativo nella sua struttura economica e nelle sue politiche interne. Draghi è convinto che solo un intervento del genere possa infatti permettere all'Europa di superare la sua dipendenza dalle importazioni e di rispondere efficacemente alle sfide globali. Se l'Unione Europea riuscirà a implementare queste riforme, insomma, potrebbe liberarsi dai vincoli interni che la frenano e sviluppare una crescita economica più solida e indipendente.