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Marcucci a Fanpage: “Pd rinunci a ius soli, non ci sono numeri e bisogna tornare a parlare a tutti”

L’ex capogruppo al Senato del Pd, Andrea Marcucci, chiede ai dem e al segretario Enrico Letta di rinunciare ad alcune battaglie identitarie in questa legislatura, a partire dallo ius soli: “Per me è molto difficile, ma è inutile illudere e girarci intorno, i numeri non ci sono”. Per Marcucci non basta parlare di “diritti e immigrati”, ma il Pd deve “tornare a parlare a tutti”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il Pd deve rinunciare, in questa legislatura, alle “bandiere identitarie” e alle battaglie su leggi come il voto ai 16enni, la tassa di successione, lo ius soli e il Mattarellum. A dirlo a chiare lettere è l’ex capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci: “In aula non esiste una maggioranza”, afferma intervistato da Fanpage.it. Il rischio, a suo parere, è quello di “bruciare idee giuste” perché “poste nel momento sbagliato”. Continuando a puntare sul ddl Zan, da portare “in Aula a luglio”, il Pd dovrebbe rinunciare alla legge sulla cittadinanza: “Per me è molto difficile, ma è inutile illudere e girarci intorno, i numeri non ci sono”. La battaglia dovrà essere rinviata alla “prossima legislatura”, secondo Marcucci. Che chiede al Pd di “tornare a parlare a tutti”, perché non basta “parlare di diritti e immigrazione”: “Temo che Letta in questi mesi si sia rivolto più a quello che un tempo si definiva lo zoccolo duro”.

Lei chiede a Letta e al Pd di rinunciare alle “bandiere identitarie”: quali sono e perché il Pd non deve battersi in questo momento su determinate tematiche?

Io ricordo i numeri del Parlamento in questo momento. Su voto ai 16enni, tassa di successione, ius soli e Mattarellum, in aula non esiste una maggioranza. Io non ho nulla contro le battaglie identitarie, ma se si riescono a trasformare in provvedimenti possibili, in caso contrario rischiamo di bruciare idee giuste, poste però nel momento sbagliato. Inoltre c’è un problema di equilibrio, il Pd deve tornare a parlare a tutti. Anche a quella parte del Paese che si aspetta più semplificazioni, il rilancio dell’economia e del turismo, una giustizia giusta. Voglio dire che è naturale parlare di diritti e di immigrazione, ma non basta, bisogna allargare il nostro sguardo alla sofferenza economica dell’Italia e all’esigenza prioritaria di rimettere in moto la nostra macchina.

Non c’è, a suo parere, alcun margine per approvare queste leggi con l’attuale Parlamento?

Faccio eccezione per il ddl Zan, dove dovremo tentare di andare in aula a luglio. Per il resto, basta armarsi di una calcolatrice e contare il peso dei singoli gruppi parlamentari comparati alle dichiarazioni pubbliche. È un esercizio di realismo, che in politica non guasta mai.

Perché ritiene, per esempio, sbagliata la proposta sulla tassa di successione che in Italia è tra le più basse in Ue?

Non ho mai giudicato la proposta nel dettaglio, penso come Draghi che l’uscita dalla pandemia non sia la stagione giusta per pensare a nuove tasse. Ritengo che si debba lavorare piuttosto ad una riforma fiscale complessiva, anche con una forte caratterizzazione redistributiva. Quanto alla cosiddetta dote ai 18 enni, ritengo più utili gli investimenti, le borse di studio, insomma interventi più strutturali.

Il Pd può rinunciare a priori anche a una battaglia identitaria come lo ius soli? Non si rischia di apparire subalterni alle destre?

Per me, che sono stato il primo firmatario del ddl sullo ius culturae nella scorsa legislatura, è molto difficile. Però con questa maggioranza e un governo istituzionale è inutile illudere e girarci intorno, i numeri non ci sono. È più serio lavorare nella società per far crescere i consensi ed essere pronti a presentare il ddl nella prossima legislatura.

Da un punto di vista elettorale, una battaglia a favore dello ius soli non potrebbe premiare il Pd considerando la posizione sul tema del suo potenziale elettorato?

Il Pd da due legislature è per l’introduzione dello ius culturae. Il principio base della democrazia rappresentativa vuole che le leggi sono approvate con la maggioranza dei voti in Parlamento. Parlare di approvazione ora rischia di indebolire per sempre una proposta giusta come quella dello ius culturae.

Lei dice che il Pd deve tornare a essere incisivo e attrattivo: concretamente, in che modo questo può avvenire?

Tornando a fare a tempo pieno il Pd che, le ricordo, è nato come amalgama dei migliori riformismi della nostra storia politica e parlando a tutta la società italiana. Temo che Letta in questi mesi si sia rivolto più a quello che un tempo si definiva lo zoccolo duro. Va aiutato il governo con il suo forte profilo riformista e non farsi dire sempre dei No scontati. Il Pd deve sostenere il Paese, e tutte le sue categorie economiche, ad uscire da questa crisi pazzesca. Con le risorse europee abbiamo un’opportunità storica.

E quali sono le battaglie che il partito deve intraprendere ora?

Glielo dico per titoli: lavoro, lavoro, lavoro, rilancio, rilancio, rilancio, sanità, sanità, sanità.

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