Marattin a Fanpage.it sul Def: “Vi spiego perché il governo Meloni alzerà le tasse per 15 miliardi”

Luigi Marattin, deputato di Italia viva, in un’intervista a Fanpage.it critica il nuovo Def del governo Meloni: “La riduzione del cuneo contributivo e la piccola riduzione dell’Irpef sono finanziati solo per il 2024. Nel Def c’è scritto che dall’anno prossimo non ci saranno più. E non basta dare aria alla bocca e dire che saranno rinnovati”.
A cura di Luca Pons
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Il Documento di economia e finanza presentato dal governo Meloni negli scorsi giorni dà alcune indicazioni che possono preoccupare: il debito pubblico risulta in aumento, la crescita economica in calo. In più, non c'è il quadro programmatico, ma solo quello tendenziale: ovvero, ci sono le stime economiche su come andrebbe l'Italia nei prossimi anni senza nessun intervento del governo, solo con le leggi attualmente in vigore, mentre non c'è nessun chiarimento su cosa intende fare l'esecutivo, anche in vista della legge di bilancio di fine anno. Luigi Marattin, deputato di Italia viva della commissione Bilancio, ha commentato a Fanpage.it il nuovo Def, dicendo che il governo sta pagando il prezzo delle decisioni sbagliate in passato e ora si trova a fare promesse vuote per guadagnare tempo.

Il governo Meloni ha presentato un Def senza quadro programmatico. Perché è un problema?

Perché sarebbe come essere al timone di una nave senza rotta, o una macchina a fari spenti. Il quadro programmatico serve proprio a dire dove si andrà non fra dieci anni, ma fra sei-sette mesi. Ed è ovviamente lo strumento essenziale per chi gestisce non solo un Paese, ma anche un Comune, o una piccola realtà imprenditoriale. Il fatto di non volerlo fare segnala ancora una volta in maniera molto evidente che questa è una nave che sta procedendo senza rotta, e forse senza neanche un timoniere vero e proprio.

La spiegazione del governo è che le regole europee sui bilanci sono cambiate. Tra giugno e luglio arriveranno indicazioni della Commissione europea da seguire, e quindi fare adesso un Def completo sarebbe stato inutile. È una scusa?

È una scusa, perché le regole europee ci sono già. È vero che mancano degli atti amministrativi importanti, ma dove la nostra finanza pubblica deve andare è molto chiaro. Quindi il governo avrebbe potuto tranquillamente tracciare una rotta, sapendo che poi poteva essere corretta, come fra l'altro sempre accade da qui a settembre-ottobre. Nessuno mette in dubbio quale sia la rotta a seguito delle nuove regole fiscali, ma anche senza di esse, perché un Paese con il nostro debito pubblico deve correggere la rotta. Anche se non esistesse l'Unione europea, lo deve fare semplicemente perché ha un debito così. Altrimenti non troviamo nessuno che ci presta 400-500 miliardi di euro all'anno dei loro risparmi, come accade ogni anno da un po' di tempo.

Lei ha detto che con questo Def si "certifica che l'anno prossimo le tasse saliranno di 15 miliardi". In che senso?

Sì, perché sia la riduzione del cuneo contributivo (un po più di 10 miliardi), sia la piccola riduzione Irpef (un po più di 4 miliardi e mezzo) sono interventi finanziati solo sul 2024. Poi in realtà ci sono anche altre cose: il canone Rai, il bonus mamme, tutta una serie di cose anch'esse finanziate solo per quest'anno. Ma stiamo alla sostanza che impatta sulla busta paga di 30 milioni di italiani, tutti quelli che guadagnano meno di 50mila euro all'anno, meno di 2.500 euro netti al mese. Nel Def c'è scritto che l'anno prossimo queste cose non ci saranno più.

Perché il deficit in rapporto al Pil scende dal 4,3% al 3,7%. Se fate i conti, sono esattamente quei 15 miliardi. Quindi si alzeranno le tasse nel 2025, rispetto al 2024, di 15 miliardi all'anno. Poi è chiaro che il governo dice "sì, sì, ma poi ci pensiamo a settembre". Ma "ci pensiamo a settembre" va bene per quando discutiamo di prendere una birra io e lei, non se stiamo governando la settima economia mondiale.

Chiariamo questo passaggio sul taglio del cuneo fiscale. Il ministro Giorgetti ha detto che c'è l'intenzione e la volontà politica di rinnovarlo. Però, dice lei, non è scritta da nessuna parte.

Cosa contano, le intenzioni a voce o le tabelle dei documenti ufficiali? Sono buoni tutti a dire cosa si vuol fare. Io le potrei dire che vorrei giocare nella Juve, che fra l'altro è anche vero. Ma insomma, un'occhiata alla mia carta d'identità e alla mia struttura fisica e a come gioco con la palla le farebbe capire che sto dando aria alla bocca, Ma io posso dare aria alla bocca per dire che gioco nella Juve, però quando a dare aria alla bocca è chi governa – di nuovo – la settima economia mondiale, io sono un po' preoccupato.

Parlando del deficit, che ha citato: il ministro Giorgetti ha detto che si vuole rinnovare il taglio del cuneo, ma si interverrà ad esempio sul Superbonus per abbassare il deficit nei prossimi anni. Pensa che sia una strada percorribile? Il governo si sta appoggiando troppo al Superbonus per giustificare la situazione economica?

Il Superbonus, a causa della decisione particolare di Eurostat su come deve essere contabilizzata quella spesa (decisione che verrà confermata a fine giugno), non ha nulla a che fare col deficit dei prossimi anni. Ha a che fare col debito dei prossimi anni, che non è una cosa da poco. Però conterà per venti, forse 25 miliardi all'anno per i prossimi quattro anni. Il nostro debito pubblico, di miliardi ne ha 2.900. Si potrebbe anche dire, nonostante sia certamente una cosa negativa, che 20 miliardi su 2.900 miliardi non cambiano la vita del nostro debito pubblico.

Eurostat ci ha fatto questo regalo, cioè gli interventi di Superbonus sono stati contabilizzati sul deficit negli anni passati, gli anni in cui sono stati messi in cantiere: 2021, e soprattutto 2022 e 2023. Dal 2024 in poi non c'è praticamente nulla di Superbonus che vada a pesare deficit. Perciò, se il governo dovesse dire "il Superbonus pesa sul deficit e quindi non posso confermare la riduzione delle tasse", sarebbe una bugia bella e buona.

L'anno scorso, quando il governo ha pubblicato la Nadef, lei ha detto a Fanpage.it che questo taglio del cuneo doveva essere reso strutturale e che era un errore, invece, farlo per un anno solo. Adesso il governo sta pagando il prezzo di quell'errore?

Certo, solo che nessuno se lo ricorda perché l'Italia è un Paese che ha una memoria e una prospettiva che io chiamo "meno tre, più tre". Cioè abbiamo la memoria a tre mesi e una prospettiva nei prossimi tre mesi, o comunque fino alle prossime elezioni. È così da tempo. Per rendere strutturale il taglio dei contributi, si dice, "dove prendiamo i soldi?". Io mi limito a ricordare che negli ultimi trent'anni la spesa pubblica italiana è un treno impazzito. Prendiamo solo la spesa per acquisti di beni e servizi: dalle penne, ai computer…negli ultimi 29 anni, in termini reali, quindi oltre l'inflazione, è raddoppiata. Ed è cresciuta a una velocità quattro volte superiore al reddito. Che fine ha fatto l'idea di prestare attenzione a come si spendono i soldi pubblici nello stesso modo in cui lei presta attenzione alla spesa dei suoi soldi privati? A che punto della storia abbiamo abbandonato questa idea?

Un ultimo punto che colpisce nel Def è la crescita prevista per i prossimi anni, che è più bassa di quella prevista alcuni mesi fa e resta relativamente bassa nei prossimi anni. Lei cosa ne pensa?

Se l'Italia non tornerà a crescere almeno all'1,5%  reale ogni anno avremo molti problemi nel sostenere il nostro debito. Il governo dice quest'anno l'1%, l'anno prossimo l'1,2%. Fra l'altro, se è la previsione tendenziale vuol dire che a questo 1,2% si arriva già scontando l'aumento delle tasse. Quindi chiederemo al ministro Giorgetti in audizione come è possibile crescere di più l'anno prossimo con 15 miliardi di tasse in più.

Ci sono due condizioni per mettere il debito in rapporto al Pil sulla traiettoria discendente: una è fare un avanzo primario di almeno due punti di Pil e quindi, di nuovo, porre attenzione seria alla spesa pubblica. L'altra è tornare a crescere all'1,5% senza fare come con il Superbonus, dove la crescita c'è costata un sacco di soldi. E come si fa? Con tutte quelle ricette a cui è allergica in Italia sia la sinistra che la destra: in primis le riforme strutturali, la concorrenza, le liberalizzazioni, che sono viste per motivi diverse come parolacce sia a destra che a sinistra. E noi, in mezzo, pensiamo che sia quello il modo per assicurare un futuro di stabilità e crescita al nostro Paese.

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