Manovra, niente taglio canone Rai e nuova riduzione Irpef: Salvini e Tajani dovranno rinunciare alle misure
"Siamo soddisfatti. Abbiamo dato mandato al ministro Giorgetti di studiare tutte le questioni aperte e fare ordine. Per noi sono essenziali le politiche sociali, il turn-over per le forze dell'ordine, il sostegno alle attività produttive. Sarà lui a dover verificare la fattibilità delle nostre proposte". È ottimista Antonio Tajani, dopo il vertice di ieri a Palazzo Chigi sulla manovra. Ma sostanzialmente la premier Meloni è stata chiara: non ci sono molte risorse per andare incontro alle richieste di modifica del testo volute dagli alleati.
Il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani, intervistato dal Corriere della Sera, dice che lalegge di bilancio 2025 non sarà terreno di scontro. "Il clima era ottimo – spiega – per le proposte per cui non c'è copertura aspettiamo di vedere quanto arriverà dalla riapertura del concordato e destineremo le risorse in maniera equa". Ma È evidente che per Salvini e Tajani è una doccia fredda dover rinunciare ai correttivi che speravano di apportare. In particolare, Salvini avrebbe voluto abbassare il canone da 90 a 70 euro. Lo aveva ribadito anche sabato con una nota della Lega: "Il taglio delle tasse, canone Rai compreso, è da sempre previsto nel programma di governo e della Lega. Inoltre la dirigenza aziendale deve dimostrare la capacità di ottimizzare i costi investendo su prodotti che aumentino il mercato della Rai alzando gli standard del servizio pubblico e del pluralismo altrimenti non si noterà il cambio di passo rispetto alle precedenti gestioni targate Pd".
Forza Italia invece avrebbe voluto puntare tutto sul taglio dell'aliquota del secondo scaglione dell’Irpef, con una riduzione dal 35 al 33%. Ma per questa misura servirebbero 2,5 miliardi, anche escludendo l'aumento della platea ai redditi fino a 60mila euro. E invece la coperta è corta. Leggendo tra le righe del comunicato diffuso da Palazzo Chigi dopo il vertice di ieri pomeriggio si capisce bene che aria tira nel governo. La nota spiega infatti che sarà il ministro dell'Economia Giorgetti a "valutare alla luce delle coperture necessarie la praticabilità di alcune proposte di modifica condivise da tutte le forze politiche di maggioranza, in particolare relative alle forze dell'ordine, alle politiche sociali e alle forze produttive".
In Parlamento sono stati depositati 220 emendamenti segnalati, tante quante sono le richieste di modifica che vengono dalla maggioranza. Meloni lascia a Giancarlo Giorgetti l'onere di decidere su cosa si può intervenire e su cosa no. Del resto le poche risorse disponibili per i correttivi, intorno ai 2 miliardi di euro, dovranno bastare per le modifiche parlamentari e per le proposte delle opposizioni. Per cui ci si potrà concentrare solo su quelle modifiche he il Tesoro riterrà fattibili.
Il vertice, recita ancora il comunicato, "ha riscontrato la piena condivisione di vedute a sostegno di una manovra che, in continuità con le due precedenti, guarda alle esigenze del sistema sanitario, di famiglie, lavoratori e tessuto produttivo".
"È intenzione del Governo – sottolinea la nota – ascoltare con attenzione le proposte migliorative che giungeranno dal Parlamento, sempre nel rispetto di una legge di bilancio seria e con la dovuta attenzione ai conti pubblici, che devono ancora affrontare i gravissimi danni causati dal super bonus, che nel 2025 graverà sulle casse dello Stato più dell’intera manovra".
La legge di Bilancio non è stara l'unica questione affrontata. Si è parlato anche della successione a Raffaele Fitto, designato alla vicepresidenza della Commissione Ue. Fitto rassegnerà le dimissioni il prossimo 1 dicembre, e Meloni ha già chiarito che Fdi non rinuncerà alla casella del ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR. Alla guida del dicastero Meloni vorrebbe collocare il capo del Dis Elisabetta Belloni, un nome che impensierisce Forza Italia, che non vuole interferenze i nei rapporti della Farnesina con l'estero.