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Manovra, l’allarme di Confindustria: “Le tasse rischiano di aumentare”

Il Centro studi Confindustria mette in discussione alcune misure inserite del contratto di governo, difficili da attuare anche ponendo il deficit al 2,4%. Il rischio, secondo gli studiosi, è che aumentino le tasse e che il PIL si fermi allo 0,9% nel 2019. Luigi Di Maio però tira dritto e alla Camera ha ribadito che “il governo non torna indietro”.
A cura di Chiara Caraboni
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Il rischio è un aumento delle tasse in futuro e del tasso di risparmio già adesso. A dirlo sono gli economisti di Confindustria, convinti che le stime non incorporino le intenzioni del governo per la sua “incertezza di incidere sui nodi dell’economia e sulla sostenibilità del contratto che causa meno fiducia degli operatori”, ha affermato il capo economista Andrea Montanino. Sono molte, in realtà, le misure messe in discussione dal Centro studi Confindustria: in primis, si sostiene che l’aumento del deficit sia “poca cosa” rispetto gli impegni politici proposti perché in mancanza di una definizione chiara delle coperture, affermano, “si rischia ex post un rapporto deficit/pil più alto” e l’aumento del deficit “serve per avviare parti del contratto di Governo di sostegno al welfare poi molto difficili da cancellare se non in situazioni emergenziali”. Infatti, gli economisti di Confindustria stimano il Pil all’1,1% nel 2018, ma allo 0,9% nell’anno successivo con un ribasso dello 0,2% in entrambi gli anni rispetto alle previsioni di giugno. Questo avverrebbe non solo per l’incertezza sulla capacità di governo di incidere sull’economia, ma anche per l’aumento dello spread. Secondo gli studi, quindi, nemmeno l’aumento del deficit al 2,4% può bastare per realizzare ciò che è previsto dal contratto di governo. Il deficit pubblico, poi, è stimato in calo all'1,8% del Pil nel 2018, dal 2,4% nel 2017 e questo risultato "è peggiorativo rispetto a quanto immaginato dal governo uscente ad aprile, che stimava per il 2018 un rapporto deficit/Pil all'1,6% nel 2018". Nel 2019 il deficit tendenziale è previsto intorno al 2% del Pil, che comprende il mancato aumento dell'Iva. Sempre senza incorporare le misure del governo, il debito, secondo le stime, si attesterà invece al 130,9 per cento nel 2018 e al 130,7 nel 2019.

A riguardo è intervenuto anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che durante il convegno di oggi dell'associazione degli industriali ha detto: "Sforare il deficit va bene solo se comporta una crescita dell'economia che porta a una riduzione del debito, per trasmettere effetti positivi sull'economia reale. Attenzione però al costo del denaro, perché è evidente che se aumenta lo spread poi lo pagano le famiglie, le imprese e anche lo Stato in termini di interessi sul debito". Anche il ministro dell'Economia e delle Finanze Giovanni Tria ha preso parola al convegno, dove ha ribadito che l'obiettivo del governo è di ridurre il debito e che è prevista la riduzione graduale del deficit negli anni. Inoltre, ha detto: "Non mi pare che questo sia un governo dalla finanza allegra, né che per finanziare le promesse elettorali facciamo saltare i conti. Abbiamo ereditato dal governo precedente un deficit al 2%. Nel rispetto dell'azione privata delle società quotate credo si debba dare un contributo nell'ambito degli investimenti già previsti e se questo avverrà darà una forte spinta". "Nei prossimi tre anni attiveremo altri 15 miliardi addizionali d'investimenti pubblici", ha spiegato Tria concludendo.

Riforme pensionistiche e quota 100

Il Centro studi Confindustria mette in discussione anche la riforma delle pensioni con il superamento della legge Fornero e l'avvio di quota 100. Gli economisti sostengono infatti che smontando le riforme pensionistiche diverrebbe necessario aumentare il prelievo contributivo sul lavoro. Riguardo all’introduzione del meccanismo quota 100, invece, credono che permettere l’anticipo della pensione porterebbe nella direzione opposta a quella voluta.

Flat tax

Viene contestata anche la misura del contratto di governo che riguarda l’introduzione della flat tax che, secondo gli economisti, è vero che potrebbe semplificare l’imposta sul reddito personale, ridurre i costi di adempimento e far aumentare la compliance, però bisogna considerare anche che “i risultati di simulazioni indicano che è improbabile che il passaggio ad una quasi flat tax si autofinanzi con i proventi della maggior crescita indotta”. Sicuramente, comunque, per Confindustria è necessario avviare una “riforma fiscale per imprese e famiglie” in grado di correggere un sistema che “presenta molte criticità”.

Pace fiscale

Un'altra misura che è stata presa in considerazione nello studio è la ‘pace fiscale‘ presentata dal governo, per cui Confindustria dimostra un certo scetticismo. “L’utilizzo regolare del condono fiscale finisce per creare problemi all'erario, compromette le entrate future aumentando il rischio di dover adottare misure una tantum anche negli anni successivi: un circolo vizioso in cui l'autorità fiscale perde il controllo di una parte delle entrate”, spiega.

La risposta di Luigi Di Maio

Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, parlando alla Camera, ha ripreso gli studi e le stime effettuate dal Centro studi Confindustria e ha dichiarato che “il governo non torna indietro” dicendo anche che “chi si illude, come il Centro studi di Confindustria, sappia che si sta facendo una cattiva idea. Nella manovra ci saranno tutte le misure prevista dal contratto”. È stata inoltre ribadita l’intenzione di mantenere il deficit al 2,4% per l’anno 2019, ma di avere in programma il suo abbassamento nei due anni successivi, di far crescere il Pil e di attuare tagli massicci agli sprechi.

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