Manovra, il governo promette che alzerà le pensioni minime nel 2024: di quanto salirà l’assegno
Il traguardo delle pensioni minime a mille euro, vecchio cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi, non è nemmeno all'orizzonte, e resta un obiettivo di legislatura. Per la prossima manovra però il governo promette di alzare l'assegno, spostando l'asticella un po' più in alto già dal prossimo anno: Forza Italia spera di spuntarla nella trattativa, importante in vista delle elezioni europee del prossimo anno, cercando di ottenere almeno un assegno aumentato a 700 euro con la prossima legge di bilancio.
Anche se consentire almeno ai pensionati più anziani di percepire 700 euro mensili per il 2024 verrebbe a costare circa 400 milioni, che viste le esigue risorse a disposizione potrebbero già essere un problema. È possibile quindi che gli assegni saranno meno generosi: una mediazione possibile potrebbe essere tra i 650 e i 670 euro.
Con l'ultima manovra, nel 2023, era stato giù previsto per il biennio 2023-2024 un incremento temporaneo degli assegni pari o inferiori al minimo Inps. Relativamente a quest'anno, per i pensionati under 75 anni, si trattava di un ulteriore ritocco dell'1,5%, oltre alla rivalutazione del 7,3% fissata anche per gli altri trattamenti, che ha portato la pensione minima a 572,20 euro mensili (dai 525,38 del 2022). Per i pensionati sopra i 75 anni il rialzo provvisorio era più corposo (+6,4%) con un assegno che ha sfiorato i 600 euro (599,82).
Un ulteriore rialzo per il 2024 è comunque possibile, assicura il sottosegretario leghista Durigon: "Chi più di un pensionato che guadagna 600 euro al mese sta risentendo dell'aumento dei prezzi degli ultimi anni? Poi se mi chiedete che tipo di sforzo possiamo fare, dico che i tempi per quantificare non sono ancora maturi". Durigon però non conferma e non smentisce la soglia dei 700 euro: "Non mi piace sparare cifre a caso. Ci sono tante variabili in gioco e dipende anche dalla platea. L'intervento può riguardare solo gli over 75 o tutti gli anziani che hanno una minima. I numeri cambiano".
Praticamente certo invece l'obiettivo di confermare Quota 103, e l'estensione dell'Ape sociale: "In questo caso la volontà del governo non è solo quella di confermare le misure, ma anche di ampliare la platea. L'Ape sociale può essere lo strumento attraverso il quale garantire maggiore flessibilità in uscita alle donne che per i motivi che tutti conosciamo iniziano a lavorare più tardi e spesso hanno una vita contributiva meno continua rispetto a quella degli uomini. Insomma, è giusto che abbiano degli strumenti ad hoc per lasciare prima il lavoro".
Sembra invece scontato che per Quota 41 per tutti, misura su cui spinge la Lega, in questa legge di bilancio non ci sarà spazio, e si dovrà aspettare ancora: "In realtà i primi passi per arrivare all'obiettivo sono stati introdotti nella cosiddetta Quota 103 quando si fissa il paletto dei 41 anni di contributi ai quali va aggiunta l'età anagrafica. E comunque Quota 41 resta un obiettivo di legislatura che sicuramente verrà concretizzato. Finalmente abbiamo la possibilità di ragionare in un'ottica di cinque anni e siamo consapevoli che tutto e subito non è possibile. In questo momento la priorità va data al supporto alle fasce medio basse anche tra i pensionati. È la stessa logica usata per il taglio del cuneo, ma anche quando è stata decisa la misura sugli extraprofitti delle banche".
"Nel senso – conclude Durigon – che abbiamo chiesto un contributo a chi ha tratto vantaggio dalla politica monetaria non proprio accorta della Bce aumentando per esempio gli interessi sui mutui, ma non quelli sui conti correnti. Bene, noi sul discorso pensionistico corriamo invece in soccorso di chi è stato danneggiato da un fattore esogeno come l'inflazione".