Manovra, il governo alza gli stipendi dei dirigenti pubblici: via il limite dei 240mila euro
Il tetto di 240mila euro per gli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione potrà essere rivisto a rialzo a partire dal 2022. Lo stabilisce una norma inserita dal governo nella legge di bilancio, votata al Senato, che nelle prossime ore verrà approvata in maniera definitiva alla Camera.
Il tetto agli emolumenti della Pa era stato definito nel 2014 e confermato da una sentenza della Corte Costituzionale nel 2017. L'obiettivo era quello di tagliare i super compensi per i dirigenti pubblici. Per i critici della misura, però, un tetto così rigido ha negato la possibilità di assumere i professionisti più capaci e competenti ai vertici della pubblica amministrazione. Inoltre, non ha permesso un'adeguata differenziazione delle retribuzioni in base alle responsabilità, schiacciando verso il limite massimo le retribuzioni. L'ultimo in ordine di tempo a proporre di rivedere o abolire il tetto era stato nel maggio scorso il presidente dell'Aran Antonio Naddeo.
Anziché aprire una discussione chiara e trasparente sulla materia, tuttavia, il governo ha deciso di operare un vero e proprio blitz. Con le nuove regole, il limite dei 240mila euro lordi potrà essere superato, a partire dal 2022. La norma approvata con la legge di bilancio stabilisce che a fissare la percentuale dell'aumento sia l'Istat, sulla base di un calcolo che prende a riferimento l'adeguamento annuale degli stipendi dei docenti universitari, dei vertici delle forze armate e delle prefetture e del corpo diplomatico. Secondo il Sole 24 Ore, che per primo ha riportato la notizia, per il 2022 si parla di un incremento del 3,78 percento che se applicato al tetto per i dirigenti della Pa, porterebbe l'asticella a circa 249mila euro.
A beneficiare dell'aumento, potrebbero essere le personalità che oggi percepiscono lo stipendio massimo consentito dalla legge: dirigenti di ministeri, alti magistrati, alcuni manager delle partecipate pubbliche, vertici della Rai, etc… La decisione del governo Draghi sembra destinata a suscitare polemiche non solo solo per il merito, ma anche per il metodo. La regola che permetterà di derogare al limite degli stipendi era presente nelle prime bozze della manovra, ma era stata eliminata nelle ultime versioni del testo. A reintrodurla in extremis è stato il maxiemendamento del governo, votato nella notte tra il 23 e il 24 dicembre scorsi, senza evidentemente il tempo necessario per valutare la portata della decisione.