Manovra, come cambieranno le pensioni da gennaio e cosa è Quota 41
Quota 41 per un anno, per mandare in pensione una platea di 40-50mila lavoratori con 61 o 62 anni di età e 41 di contributi, sarà una misura ponte, poi arriverà la riforma vera e propria. Lo ha spiegato ieri il sottosegretario leghista Claudio Durigon, spiegando che a gennaio "non si tornerà pienamente alla legge Fornero", che significherebbe andar via dal lavoro a 67 anni.
"Spenderemo meno di 1 miliardo – ha detto il membro del governo – per agevolare 40-50 mila lavoratori. Pensavamo anche a un bonus per chi resta a lavorare, ma la prudenza di bilancio ci induce a rinunciare". Si valuta un aumento in busta paga che potrebbe essere anche del 10%.
In manovra "metteremo una formula che evita lo scalone di gennaio per un gruppo di lavoratori. Quota 41 ci sarà e questo è importante: la stiamo studiando nei dettagli con la ministra del Lavoro Marina Calderone e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti", ha aggiunto. Il presidente Inps Pasquale Tridico ha spiegato però che non ci sono ancora "stime ufficiali" sui costi della misura, e che "è tutto in itinere".
L'uscita anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contributi sostituirebbe da gennaio lo schema attuale, Quota 102, che permette di andare in pensione con 64 anni d'età e 38 di contributi. Anche se nei piani della Lega per evitare il ritorno della Legge Fornero in versione integrale da gennaio c'è quello di raggiungere un mix '61+41′ (in pratica facendo scendere da 62 a 61 anni il limite anagrafico, requisito richiesto insieme ai 41 anni di contributi per il 2023).
Il Carroccio considera questa soluzione un primo step per arrivare a una Quota 41 piena, cioè un pensionamento con 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica, una misura che il governo dovrebbe approvare entro la fine della legislatura. Come spiega il Sole 24 Ore nella manovra ci sarà anche la proroga di Opzione donna – in pensione con 58 anni d'età o 59 se si parla di lavoratrici autonome, e 35 anni di contributi – e il prolungamento dell'Ape sociale. Quest'ultima misura si rivolge ad alcune categorie di lavoratori, come i disoccupati di lungo corso, i caregiver o gli invalidi civili, che possono andare in pensione con 63 anni e 30 anni di contribuzione. Per gli addetti ad attività particolarmente rischiose e pericolose, ricorda il Sole 24 Ore, l'Ape sociale resterà possibile con 63 anni e 36 anni di versamenti, che dal 1 gennaio 2022 sono scesi a 32 per i soli operai edili, per i ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta.
Resteranno attivi gli altri canali di uscita ‘ordinaria', come la possibilità di andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall'età anagrafica e senza adeguamenti all'aspettativa di vita fino al 2026.
Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia l'asticella resta fissata a 67 anni, con almeno 20 anni di contribuzione. Ma per alcune tipologie di lavoratori impegnati in mansioni particolarmente rischiose è possibile andare in pensione con 30 anni di versamenti, a 66 anni e 7 mesi.