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Manovra 2025

Manovra blindata in Aula, quando Meloni criticava Draghi e Conte: “Democrazia non esiste più”

Domani è atteso l’ok definitivo del Senato alla manovra. Non ci sarà tempo per discutere gli 800 emendamenti delle opposizioni che ora protestano. Attacchi che la stessa Giorgia Meloni condivideva qualche anno fa, quando dall’opposizione, criticava duramente i ritardi dei governi Conte e Draghi.
A cura di Giulia Casula
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Dopo la pausa natalizia riparte l'iter parlamentare della manovra, ora a Palazzo Madama, dove si prepara ad essere approvata in tempi rapidissimi. Non ci sarà tempo per discutere gli emendamenti depositati dalle opposizioni perché domani è atteso il via libera definitivo, dopo un nuovo voto di fiducia.

I ritmi dunque sono serrati, per garantire l'approvazione del testo entro il 31 dicembre ed evitare così l'esercizio provvisorio. 

Alle 11 sono ripartiti i lavori in commissione Bilancio al Senato, dove le circa 800 proposte emendative dei partiti di minoranza attendono di essere esaminate.

Ma verosimilmente non si riuscirà a discuterli tutti quanti. Quella in Commissione sarà una seduta lampo: il governo blinderà il testo, ponendo la fiducia e il Senato si limiterà semplicemente a rilasciare il cartellino verde. Visti i tempi contingentati, inoltre l'ok al testo arriverà in Aula senza mandato al relatore.

Una mossa questa, che ha scatenato l'ira delle opposizioni, che protestano contro l'assenza di una discussione parlamentare e la riduzione del Senato a semplice passacarte. In totale dovrebbero essere circa 270 le proposte depositate dal Partito democratico, altre 270 quelle di Italia Viva, tra i 150 e i 200 gli emendamenti del Movimento 5 Stelle e circa novanta quelli di Alleanza Verdi-Sinistra.

Già nelle scorse settimane, quando il testo si trovava ancora alla Camera, la polemica era scoppiata a causa del  maxi-emendamento presentato dalla maggioranza, che anziché suddividere le diverse modifiche alla manovra in singoli emendamenti, aveva optato per riassumerle in un unico testo, violando nei fatti i regolamenti parlamentari. Il governo poi era corso ai ripari risolvendo l'intoppo tecnico.

Per le opposizioni l'iter blindato della manovra "umilia il Parlamento mortificato" da un "monocameralismo di fatto" che, sempre secondo le minoranze, sarebbe ormai diventata una "patologia" delle Camere.  "Un inutile tour de force al Senato per approvare la legge di bilancio", ha commentato la capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga.

"Inutile perché non si potrà cambiare una virgola a una legge ingiusta che scontenta tutti: chi vive tra mille difficoltà e chi vuole fare impresa", ha aggiunto la dem. "Di fatto solo una Camera ha esaminato ed è potuta intervenire sulla principale legge dello Stato. Il Natale è passato – ha concluso –  ma la festa per un governo arrogante e indifferente si problemi del paese continua".

Attacchi e critiche che la stessa Giorgia Meloni indirizzava qualche anno fa ai governi Conte e Draghi, accusandoli di aver "calpestato i diritti e la democrazia" per via dei ritardi con cui la legge di bilancio completava il suo iter in Parlamento.

Nel dicembre del 2021, durante la presidenza di Mario Draghi, Meloni tuonava così dai banchi dell'opposizione contro i tempi compressi di approvazione della finanziaria: "È un atteggiamento intollerabile, si va avanti a colpi di fiducia. Siamo una Repubblica parlamentare in cui il Parlamento non esiste".

O ancora, nel 2019, sotto l'esecutivo Conte II, la leader di Fratelli d'Italia si scagliava contri gli "scandalosi tempi imposti dal governo Pd-M5s". "Se al Parlamento togliete il voto sulla manovra, la democrazia parlamentare non esiste più", lamentava Meloni.

Insomma le accuse che le opposizioni rivolgono oggi al governo, sono le stesse che Meloni fino a non troppo tempo fa lanciava conto i suoi avversari, ma che ora, tuttavia, sembra aver incredibilmente dimenticato.

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