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Mammografie e orrori: peggio di Grillo fa la Lorenzin

Le esternazioni di Grillo circa la speculazione che si fa anche su individui sani, e circa la poca trasparenza delle case farmaceutiche hanno lambito anche la questione mammografia: Veronesi la consiglierebbe troppo perché “magari chi fabbrica macchinari finanzia la sua fondazione”. Un coro di sdegno si è allora levato contro Grillo. In testa una improbabile ministra della salute Lorenzin.
A cura di Sabina Ambrogi
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Si può dire tutto sulla politica e sui politici in Italia ma prima di tutto, prima ancora della politica c'è un problema grave di comunicazione e di ricezione del messaggio, e semmai dopo di politica, che, anziché correggere il tiro, cavalca la ricezione più contorta e più fallace per generare un mostro nuovo e anche peggiore. Come se ci fosse una sottocomunicazione più potente che vince su tutto, come se si aspettasse il pretesto per cavalcare disagi e paure reali come quello del tumore.

La questione della mammografia e di Grillo sono stati esemplare in questo senso. Il leader dei Cinque Stelle durante la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza faceva un discorso molto corretto comunicato in quel suo modo urlato e definitivo, rilasciato al volo ai giornalisti in mezzo a una folla urlante “Onestà! Onestà!”. Si trattava del marketing e delle lobby delle case farmaceutiche, e quindi del corpo umano diventato oggetto da “ammalare” per trarre guadagno. “Solo il 2-5% dei farmaci” ha detto Grillo “sono stati una novità da trent'anni a questa parte. Il resto sono solo repliche dello stesso prodotto. Fanno tagli ospedali e continuano a creare malati delle persone sane rendonodole malate croniche”

Su un altro punto Grillo ha insistito: una nuova legge Usa per smascherare imbrogli e conflitti di interessi. Un cittadino dovrebbe essere messo nelle condizioni di sapere chi ha messo soldi in un determinato affare, soprattutto se riguarda questioni pubbliche. Ad esempio il farmaco contro l'epatite C ha in Italia un prezzo elevatissimo. Sarebbe compito dello stato negoziarlo per consentire l'accesso a tutti alla cura. Invece, dice Grillo, l'Aifa (che è il nostro organismo pubblico preposto a questo genere di cose) fa negoziati privati e non trasparenti con la casa faramaceutica.

Allo stesso modo Veronesi va in tv e dice alle donne di farsi le mammografie quando magari, ha ipotizzato il leader 5 stelle, “la General Electric (ossia la multinazionale che produce apparecchiature elettroniche) finanzia la stessa Fondazione”. Questo significa che è importante sapere chi ha finanziato personalità e isituzioni che hanno un ruolo pubblico per capire se c'è un conflitto di interessi. Sulla questione mammografia ha continuato: “Dicono che bisogna fare una mammografia ogni due anni e le donne la fanno perché si informano male, leggono Donna Letizia, del resto la differenza di mortalità tra chi la fa e chi non si sottopone alla mammografia ogni due anni è di due su mille. Certo è qualcosa, ma comunque pochissimo”.

Al di là del solito maschilismo – incommentabile – di Grillo, effettivamente le donne sono spesso male informate, ed effettivamente c'è un'insistenza sullo screening col presupposto che una diagnosi precoce possa sventare il peggio. Se Grillo avesse espresso meglio il concetto sarebbe venuto fuori che c'è da chiedersi se l'insistenza a fare troppe indagini, detta “sovradiognosi” non nasconda un qualche altro interesse o semplicemente non sia espressione di una tendenza, una delle tante, malate della nostra società per cui si incoraggiano persone soggettivamente sane a sottoporsi a una serie di indagini per assicurarle di non essere ammalate.

Una spirale di ansia e rassicurazione diffusa anche attraverso opuscoli medici (altro che Donna Letizia!) e che ha introdotto anche nuovi criteri per definire la normalità e la malattia. Non sfugge alla stessa logica anche la questione della mammografia: più di uno studio pubblicato in riviste scientifiche ha messo in discussione l'insistenza dello screening: "Non è sbagliato dire di no” (British Medical Journal); “Ripensare lo screening mammografico” (Journal of The American Medical Association); “È ora di rinunciare allo screening mammografico?” (Canadian Medical Journal); “Più danni che benefici dallo screening mammografico” (British Medical Journal). Ed è vero che molte donne ritengono erroneamente che la mammografia annulli o riduca il rischio del cancro al seno. Insomma la questione è ampia delicata e va fatta con dati alla mano, e consulenti disinteressati. E né il presente articolo vuole essere un'informazione medica.

Tuttavia queste precisazioni le poteva fare con una certa eleganza la ministra della salute Lorenzin. Stiamo parlando di una ex fedelissima di Berlusconi che nella campagna per le regionali del 2010 avrebbe “sconfitto il cancro in tre anni” e che oggi invece dice di Grillo: "La propaganda politica ha un limite invalicabile: la salute delle persone. Le dichiarazioni di Grillo sarebbero solo sconcertanti, se non toccassero un tema tanto delicato come quello del cancro, che non ammette leggerezze, specie da un leader politico", ha detto, ignorando anche di aver detto il 12 marzo scorso: “Gli esami diagnostici legati alla medicina difensiva, costano all'Italia 13 miliardi di euro l'anno. Sono in corso protocolli stringenti per le direzioni generali che evitino gli sprechi, a partire dagli esami che si fanno durante la gravidanza”. E insiste: "Le sue dichiarazioni sono un concentrato di pericolosissima disinformazione. Sull'oncologia tutti i dati, e l'evidenza scientifica, ci dicono che l'arma più efficace, talvolta l'unica, per sconfiggere il cancro è la prevenzione”.

Ora la mammografia è semmai una diagnosi precoce e non una prevenzione. Ad esempio è prevenzione quella che si dovrebbe fare contro le malattie sessualmente trasmissibili: informazione nelle scuole, diffusione della cultura del preservativo, tutte cose di cui si guarda bene di informare la ministra e il suo dicastero, delegando il tutto all'educazione in famiglia. E quindi ancora una è volta inesatto dire che grazie alle mammografie “le donne possono sconfiggere il tumore”. Così come è disgustoso che sulla stessa linea si siano immediatamente accodati Matteo Salvini e Renzi, riducendo la complessa questione delle case farmaceutiche, del marketing, del business del cancro in una questione di fare o non fare la mammografia, senza allora indicare quante volte, chi, in quale fascia d'età, cavalcando solo la paura del tumore e ridcuendo una tragedia in twitt e commenti da bar a squisito uso personale.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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