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Ma siamo sicuri che serva un nuovo partito?

Il fallimento della politica, il Governo dei tecnici e la nascita di nuovi partiti e movimenti: ma c’è davvero spazio per un’alternativa ai modelli tradizionali? E come potrebbe essere un nuovo partito?
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Manifestazione-manibianche

Nei mesi convulsi del direttorio tecnico, la politica italiana è evidentemente in una fase di confusa riorganizzazione. E, più che alle sfumature della manovra o alla sostanza della crescita economica, l'attenzione è rivolta al nebuloso orizzonte del "dopo – Monti". Con il Governo che verosimilmente terminerà la legislatura, dunque, non resta che un anno e mezzo per farsi trovare pronti e preparati all'appuntamento elettorale, per quella che si prospetta come una consultazione decisiva per l'equilibrio politico complessivo del nostro Paese. Come sottolineato da tanti analisti, del resto, il Belpaese sembra ritornato "al clima del '92", con il naufragio di una intera classe politica tra scandali, crisi economica, corruzione e, per contorno, nel dilagare del populismo e del qualunquismo tra l'opinione pubblica. E come in quegli anni, lo spazio della politica sembra essere pronto ad accogliere nuove formazioni e nuovi interpreti, almeno "in superficie" (ma chiaramente il discorso intorno all'effettivo cambiamento dei rapporti di forza e del senso stesso dei concetti di Prima e Seconda Repubblica sarebbe lungo e complesso).

Sembra. O meglio, dovrebbe, proprio in relazione ad una serie di fattori da lungo tempo in "incubazione". In primo luogo il conclamato fallimento di una intera classe politica, incapace di amministrare con efficienza, di garantire la rappresentanza, di mediare tra istanze e spinte di diverso tipo e in larga parte impreparata ed indolente, quando non corrotta e legata a doppio filo ad interessi "di bottega". In seconda istanza la sostanziale trasformazione dei luoghi e modi della politica, con la partecipazione che ha assunto forme diverse e probabilmente più capaci di incidere a breve termine (pensiamo ovviamente alla mobilitazione attraverso i nuovi canali dell'informazione e della condivisione, facebook e twitter prima di tutto), ma allo stesso tempo con l'aumento del numero dei "delusi – indifferenti" che è tristemente evidenziato dalla percentuale di astensionismo alle urne. Il tutto in un quadro complessivo profondamente mutato, con la perdita di incidenza della politica stessa e la "riscoperta del leaderismo e del bonapartismo" da parte di militanti ed elettori.

LO SPAZIO DELL'ALTERNATIVA – Una condizione che del resto sembra essere evidenziata dai fin troppo considerati sondaggi di medio termine, che sottolineano un sostanziale stallo dei partiti tradizionali e l'avanzata di "nuove forme di aggregazione politico – identitaria" come il Movimento 5 stelle (che in effetti tanto nuova non è), ma anche la "buona predisposizione" di parte dell'elettorato verso nuove formazioni. Il bacino cui eventualmente fare riferimento è del resto estremamente ampio, formato da un 30% di italiani "elettoralmente attivi" ancora indeciso e tendenzialmente deluso dall'operato dei partiti tradizionali. E la nascita di partiti – movimenti – correnti delle ultime settimane in qualche modo è direttamente riconducibile a valutazioni di questo tipo, che per il momento sembrano prescindere dagli sviluppi "futuri" del Governo in carica. In estrema sintesi: c'è un vuoto lasciato dalla politica tradizionale e c'è un orizzonte talmente confuso da risultare stimolante.

QUALE PARTITO, QUALE LEADER – Un complesso di ragionamenti che però non può non tenere conto della profonda trasformazione della politica italiana, forse il vero lascito della bolla berlusconiana: la personalizzazione dello scontro politico e il vincolante processo di identificazione con il leader del movimento – partito. Un meccanismo che spesso porta al superamento di valutazioni di merito e impostazioni ideologiche in ragione di attributi come il carisma, la personalità o addirittura la simpatia del leader di riferimento. E' sostanzialmente il fascino del leader (sia pure declinato in modi estremamente differenti) che polarizza i consensi in determinati momenti e spinge a mettere da parte distinguo e divisioni. E' la sua capacità di catalizzare attenzioni, di intercettare disagio, aspirazioni e speranze, di leggere i "mutamenti di clima" che rappresenta il primo fattore di adesione e, lo ripetiamo, seppure in contesti ed in modalità differenti, spinge alla militanza attiva (che in questa fase spesso assume la forma dell'apologia e della difesa acritica). Ed è proprio quando il leader si rivela incapace di sostenere tale peso che la struttura interna del partito "tradizionale" comincia a far sentire tutta la sua "forza" (e gli esempi sono tanti, da Alfano a Bersani e dai relativi picchi di popolarità).

D'altro canto, se un ragionamento del genere sembra essere confermato dall'analisi di alcuni "fenomeni", è pur vero che forme diverse di mobilitazione (che prescindono in parte dalla schiavitù del leader carismatico) sembrano altrettanto "vincenti" in determinate situazioni. In quei casi però (indignados, No Tav, forconi o prima ancora popolo viola) andrebbe evidenziato il carattere essenzialmente "sporadico" della mobilitazione e valutato il fatto che la curva di interesse e partecipazione all'attività politica è destinata, salvo successive strutturazioni di rilievo, a livellarsi verso il basso. In sostanza sembra essere necessario un "momentum" a far decollare iniziative di tale genere che, per scelta o necessità, non hanno un rappresentante con tutte le caratteristiche del leader moderno. Certo, verrebbe da chiedersi che valore e peso hanno in un siffatto contesto lo spazio della proposta, la piattaforma programmatica, la base sociale e la radice "ideologica". Ed è su questi aspetti (che prescindono e superano, o almeno dovrebbero, il leaderismo) che i nuovi movimenti che aspirano ad affermarsi sulla scena politica sono chiamati a giocare una partita decisiva. Che richiede tempo. E sostanza vera.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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