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News su migranti e sbarchi in Italia

Ma quale rispetto dei diritti umani, Draghi se ne frega dei migranti al di fuori delle 12 miglia

Nel suo intervento alla Camera Draghi ha detto che nessun migrante deve essere lasciato solo, aggiungendo però una piccola puntualizzazione: “nelle acque territoriali italiane”. Il presidente del Consiglio si è limitato a ribadire l’ovvio, visto che l’assenza di intervento entro le 12 miglia nautiche sarebbe un reato. Ma cosa ne sarà di tutti gli altri migranti che rischiano di annegare al di là di quel limite? Di questi il governo non sembra preoccuparsi.
A cura di Annalisa Cangemi
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La gestione delle politiche migratorie da parte del governo italiano continua a mettere in secondo piano i diritti umani. Ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto che nessun migrante verrà lasciato solo, specificando però che l'intervento di soccorso della Guardia costiera italiana si concentrerà all'interno delle acque territoriali italiane, e cioè entro le 12 miglia nautiche dalla terraferma. Ma cosa ne sarà di tutti gli altri migranti che rischiano di annegare, visto che i naufragi avvengono nella maggior parte dei casi al di là di quel limite?

Durante il suo primo question time alla Camera, con la stagione estiva alle porte e un preoccupante aumento degli sbarchi registrato negli ultimi giorni, Draghi ha detto che "la politica sull'immigrazione del governo vuole essere equilibrata, efficace ed umana. Nessuno deve essere lasciato solo nelle acque territoriali italiane". Una puntualizzazione che però non è certo sintomo di una spiccata sensibilità di questo governo, né un cambio di passo, visto che il mancato salvataggio dei migranti nelle nostre acque territoriali sarebbe un reato. Ma non è un caso che il presidente del Consiglio abbia voluto sottolineare il concetto, denunciando sostanzialmente di non essere intenzionato a spingere a livello europeo per ricreare un sistema istituzionale e coordinato di ricerca e soccorso, che dopo lo smantellamento di Mare Nostrum non esiste più.

È fin troppo chiaro ormai che in questo modo le autorità italiane e maltesi si sentano totalmente deresponsabilizzate, e in questo quadro finiscano con il delegare ai libici qualsiasi azione di search e rescue non sia di loro stretta competenza. Poco importa se i migranti sono respinti poi in un Paese in cui vengono rinchiusi in centri di detenzione, esposti a violenze e torture di ogni genere. Noi con quel Paese continuiamo a fare accordi, finanziando la cosiddetta Guardia costiera che minaccia e malmena i migranti come fossero animali, come è stato ampiamente denunciato.

Draghi, invece di condannare queste pratiche, si è anzi preoccupato di ringraziare i libici, esprimendo "soddisfazione" per quello che il Paese del Nord Africa "fa nei salvataggi". Ma la Libia semplicemente non è un porto sicuro, la Libia è un lager.

L'assenza di un'azione tempestiva e sistematizzata non fa altro che allungare la lista delle vittime in mare, mentre gli Stati europei possono semplicemente girarsi dall'altra parte. L'esecutivo, ha detto Draghi, si impegnerà "a promuovere le opportune iniziative bilaterali" con i Paesi vicini, come ha ribadito anche la ministra dell'Interno Lamorgese, e a esercitare una pressione per arrivare a un meccanismo equo di redistribuzione dei migranti che arrivano nelle coste italiane. Non ha mai parlato però del ripristino di un coordinamento centralizzato per i soccorsi nella rotta migratoria più pericolosa del mondo: dal 2014 più di 20.000 uomini, donne e bambini sono morti o scomparsi nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale.

Se fino ad un certo punto l'attività delle ong è stata vista di buon occhio, da quando i governi hanno ritirato le loro navi che pattugliavano quel tratto di mare è iniziata la campagna di criminalizzazione e delegittimazione delle navi umanitarie, bloccate e ostacolate con ogni mezzo. Eppure il soccorso in mare non dovrebbe essere facoltativo, perché è un preciso obbligo di legge, stabilito da convenzioni internazionali, al quale gli Stati non possono sottrarsi. E se davvero Draghi ritiene che il rispetto dei diritti umani sia "una componente fondamentale di qualsiasi politica sull'immigrazione", non può semplicemente affidare a Tripoli la gestione dei barconi in pericolo, abbandonando i migranti al loro destino.

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Giornalista professionista dal 2014, a Fanpage.it mi occupo soprattutto di politica e dintorni. Sicula doc, ho lasciato Palermo per studiare a Roma. Poi la Capitale mi ha fagocitata. Dopo una laurea in Lettere Moderne e in Editoria e giornalismo ho frequentato il master in giornalismo dell'Università Lumsa. I primi articoli li ho scritti per la rivista della casa editrice 'il Palindromo'. Ho fatto stage a Repubblica.it e alla cronaca nazionale del TG3. Ho vinto il primo premio al concorso giornalistico nazionale 'Ilaria Rambaldi' con l'inchiesta 'Viaggio nell'isola dei petrolchimici', un lavoro sugli impianti industriali siciliani situati in zone ad alto rischio sismico, pubblicato da RE Le Inchieste di Repubblica.it. Come videomaker ho lavorato a La7, nel programma televisivo Tagadà.
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