"Silvio è il leader del Popolo della Libertà e se nascerà Forza Italia lo sarà di Forza Italia, qualunque sia la sua posizione all'interno del Senato". Con queste parole l'ex ministro pidiellino Altero Matteoli ribadisce un concetto sul quale ultimamente sono tornati spesso gli alti dirigenti del Pdl: Berlusconi è e resterà il leader del centrodestra e nessuna decisione della Giunta per le Elezioni o della magistratura potrà cambiare questo stato di cose. Dichiarazioni che servono a restituire un'immagine di compattezza al proprio elettorato e al contempo a ribadire di essere pronti anche a staccare la spina al Governo se dal Pd, ma soprattutto dal Colle, non arriveranno segnali chiari sull'agibilità politica del Cavaliere.
In realtà, se questo proposito è sensato per quel che riguarda le deliberazioni della Giunta per le Elezioni, lo è decisamente meno osservando le scadenze che attendono Berlusconi. Se infatti nulla vieta a Berlusconi di "agire in nome e per conto" del Pdl anche in caso di decadenza da senatore (con la possibilità di "staccare la spina"), allo stesso modo ci sono degli ostacoli oggettivi che al momento appaiono invalicabili. Al di là del giudizio della Giunta, infatti, ad impedire che il Cavaliere resti il leader di fatto del centrodestra concorrono altri due "fattori", che sostanzialmente ridurrebbero ai minimi termini la sua "agibilità politica".
Entro il 15 ottobre, che curiosamente è anche la data in cui si chiuderà la finestra elettorale d'autunno, Silvio Berlusconi dovrà decidere se richiedere o meno l'affidamento in prova ai servizi sociali. Nel caso in cui non dovesse farlo (e fosse dichiarato decaduto da senatore), scatterebbero i domiciliari, che renderebbero praticamente impossibile un'attività politica continua ed incisiva. È opportuno precisare che, anche nel caso in cui la Giunta convalidasse l'elezione a senatore di Berlusconi, dopo il 15 ottobre sarebbe l'Aula a dover convalidare l'arresto del Cavaliere (con un voto segreto che però si configurerebbe come la ratifica di una sentenza definitiva, un ostacolo difficilmente superabile).
Senza contare che il 19 ottobre i giudici della Corte d'Appello di Milano si riuniranno per ricalcolare i termini dell'interdizione dai pubblici uffici e a quel punto la decadenza di Berlusconi da senatore sarebbe automatica. E, si badi bene, tutto ciò senza nemmeno calcolare gli altri procedimenti giudiziari in corso: Ruby, Unipol ma soprattutto l'inchiesta di Napoli sulla compravendita di senatori. Come ricorda De Angelis su HuffingtonPost: "L’incubo si chiama Napoli. E l’inchiesta sulla compravendita. Ghedini ormai lo ripete una volta al giorno: “Lì la richiesta di arresto è già scritta”. Scatterebbe il minuto dopo la “cacciata” dal Parlamento. Ma non è l’unica paura. Pare che anche Lavitola e Tarantini giorno dopo giorno diventino più loquaci e meno affidabili".
Insomma, è davvero Game Over? Forse sì. Perché i margini di manovra sono strettissimi e dipendono essenzialmente dalla capacità e dalla volontà di Napolitano di preservare ad ogni costo il Governo Letta. Certo, non esiste "lo scudo su tutto" vagheggiato da Berlusconi (che per inciso non ha nemmeno la possibilità di agitare lo spauracchio delle elezioni anticipate, dal momento che sarebbe escluso dalla candidatura e non avrebbe alcuna garanzia sulla tenuta di un partito che senza di lui ha dimostrato di non poter reggere una prova elettorale), ma un "compromesso al ribasso" potrebbe in qualche modo tornargli lo stesso utile. Un compromesso che assume i contorni di dimissioni, richiesta di affido ai servizi sociali e presentazione della richiesta di grazia a Napolitano: con la blindatura di Letta ed il rinvio della questione "politica" al 2015 quando però il Cavaliere avrà 79 anni e forse…