Ma ora la cannabis è legale? Dieci domande e risposte dopo la sentenza della Cassazione
Lo scorso 19 dicembre una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha stabilito che la coltivazione ad uso personale di cannabis non costituirà più un reato. Un pronunciamento che pare ribaltare i principi che fino ad oggi hanno guidato la legislazione in materia. Che cosa comporta questo però, nella pratica? Che cosa dice nello specifico la sentenza della Cassazione?
Non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.
Da oggi è possibile quindi coltivare cannabis nei propri balconi senza incorrere in conseguenze penali? Non proprio: sebbene l'ordinanza della Cassazione rappresenti sicuramente un passo avanti dal punto di vista giuridico (ma anche culturale), il quadro normativo al momento non è stato modificato. Bisognerà attendere le motivazioni alla sentenza per fare chiarezza rispetto a questa sentenza e gli ambiti precisi su cui andrà ad incidere. Al momento, tuttavia, ci sono già delle precisazioni che possiamo fare: vediamole rispondendo a 10 domande su cosa avviene dopo il pronunciamento della Cassazione.
Posso coltivare la cannabis in casa mia?
Sebbene la sentenza dica espressamente che non costituisce reato "l'attività di coltivazione svolta in forma domestica" le cose non stanno esattamente così: o meglio, dal punto di vista giuridico questa variazione non c'è stata. Come ha spiegato a Open l'avvocato Claudio Miglio, "quello che cambierà dopo questa sentenza è la linea difensiva". Miglio si occupa da molti anni di casi legati alle sostanza: nel 2016 aveva sollevato una questione di legittimità davanti dalla Corte di Appello di Brescia.
Aveva portato un processo davanti alla Corte Costituzionale e aveva messo in discussione la legittimità della coltivazione. La Corte, tuttavia, non aveva modificato la norma (anche se la Cassazione aveva comunque iniziato ad aprire al concetto della coltivazione per uso personale). "Nei processi che riguardavano la coltivazione domestica di piante di cannabis bisognava sempre sperare che il giudice aderisse a quella corrente di pensiero, peraltro minoritaria, che non considerava questo comportamento come reato", ha continuato Miglio.
Cosa mi succede se vengo trovato in possesso di piante?
Ad oggi, essere trovati dalle autorità in possesso di piante di cannabis può portare a processo penale. Poi, come abbiamo visto, spetta al giudice (o anche alle forze dell'ordine) stabilire se i quantitativi di cui si è trovati in possesso siano minimi: in quel caso, come ad esempio in presenza di una piantina non ancora maturata, si potrà decidere che non sia nemmeno necessario iniziare un processo. Ma dal punto di vista giuridico questo rimane lecito: la sentenza della Cassazione, come abbiamo infatti visto, presuppone un passo avanti importante che però non può colmare i vuoti legislativi che spettano alla politica.
Come stanno le cose (dal punto di vista della legge) in questo momento?
Ad oggi, quindi, coltivare cannabis rappresenta reato, a prescindere dal numero di piante che si stanno coltivando, dalle quantità di principio attivo rinvenute e dal fatto che siano coltivate per uso personale o meno. Anche la Cassazione aveva sempre affermato questo principio, ma ora le cose potrebbero cambiare, grazie a questa specificazione:
"Il reato di coltivazione di stupefacente è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente. Devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibile all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate i via esclusiva all'uso personale del coltivatore".
Fino a quante piante si può parlare di uso personale?
La Cassazione stabilisce che "non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica", ma non specifica che cosa si intenda in termini numerici con la parola ‘minime'. Per rispondere a questa domanda bisognerà, anche questa volta, aspettare le motivazioni alla sentenza.
Miglio, facendo riferimento a sentenze passate, ha precisato che normalmente parlando di uso personale, si poteva includere una quantità che andasse dalle due alle dieci piante: dei parametri imprecisati, quindi, che non favoriscono la chiarezza, né per i giudici né per i privati cittadini. Per ora viene solamente esplicitato che il bene giuridico della salute pubblica non può essere messo in pericolo dal singolo assuntore di marijuana che decide di coltivarsi per sé qualche piantina.
A che tipologia di piante fa riferimento la sentenza?
La depenalizzazione della sentenza della Corte di Cassazione non riguarda nello specifico la cannabis, ma si riferisce più in generale agli orticelli domestici di piante stupefacenti. Bisognerà quindi rispettare, sia per la cannabis che per altri tipi di piante, dei paletti precisi sugli stupefacenti.
Per quanto riguarda più precisamente la cannabis, la sentenza include tutte le qualità che sono state inserite dal decreto del ministero della Salute tra le sostanze stupefacenti. In generale, tuttavia, si sta facendo riferimento a tutte le varietà in grado di produrre delta-9-tetraidrocannabinolo, comunemente detto Thc, cioè il principio attivo della cannabis.
Che cosa si intende nella pratica per coltivazione domestica?
Come detto, la sentenza non apre incondizionatamente alla coltivazione personale della cannabis, ma vengono imposti una serie di limitazioni. Tra queste troviamo anche le modalità di coltivazione. Come spiega Il Messaggero, le piante di cannabis devono essere coltivate esclusivamente tramite "tecniche rudimentali" che escludono il tradizionale innaffiatoio.
Infatti, un impianto di irrigazione a goccia, così come le lampade riscaldanti presupporrebbero i fini di spaccio, andando a identificare l'atto come reato. Allo stesso modo sono vietati i bilancini e gli strumenti di precisione per la pesa: anche questi andrebbero a prevedere la vendita, quindi un uso della cannabis non contemplato dalla sentenza. Che permette la coltivazione di minime quantità ad uso personale anche per "le rudimentali tecniche utilizzate, che insieme allo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore".
Chi può utilizzare le piante coltivate?
Come appena visto, quindi, solamente il coltivatore può utilizzare le piante in questione: può quindi fare uso del prodotto casalingo solamente colui o colei che materialmente si occupano della coltivazione e della cura delle piante. Solo ed esclusivamente quella singola persona: vengono esclusi sia componenti del nucleo familiare, sia gli amici. In caso il prodotto ricavato dalla coltivazione, seppur di tipo domestico, fosse condiviso, anche senza dietro pagamento, con amici e parenti, si uscirebbe dai parametri di "coltivazione per uso personale", incappando in questo modo in ipotesi di reato.
Dove si acquistano i semi?
I kit per la coltivazione dei semi di cannabis sul balcone di casa sono ormai assai diffusi (in alcuni casi si vendono anche su internet). Come spiega ancora Miglio l'acquisto dei semi in sé non costituisce reato. I maggiori rischi a livello legale, infatti, non vengono corsi da chi compra il seme, ma da chi lo vende che potrebbe essere accusato di propaganda alla coltivazione e quindi di istigazione e delinquere.
Come si è arrivati alla sentenza?
"L’altra settimana noi abbiamo ottenuto un’assoluzione a Milano, in corte d’Appello, per una coltivazione di 33 piante", ha spiegato l’avvocato Lorenzo Simonetti, che lavora con Miglio per sensibilizzare sul tema. "Da anni che siamo in prima linea sulla battaglia per la coltivazione ad uso personale e terapeutico. Il punto è che la Cassazione con questa sentenza a Sezioni Unite ha voluto ribadire un principio che era già chiaro".
Ancora bisognerà attendere le motivazioni alla sentenza, ma secondo Simonetti la Cassazione sta aprendo al concetto della coltivazione per uso personale basandosi su due principi: "il conclamato uso personale e la minima entità della coltivazione", in contrasto con un quadro normativo che afferma che sia sufficiente la coltivazione della cannabis per configurare un reato. Con la sentenza, tuttavia, la Cassazione ha sottolineato che non basta coltivare della cannabis per commettere reato, ma bisogna prima capire se quella specifica coltivazione sta "offendendo" la salute pubblica.
"Le sezioni hanno confermato un indirizzo giurisprudenziale che ammetteva la non rilevanza penale della coltivazione nel caso di uso personale. La cosa che è davvero importante è che si tratta di una sentenza a Sezione Unite, è questo a conferirle un peso così alto. Sarebbe bello che a questa sentenza seguisse un intervento del legislatore, almeno per regolare la coltivazione domestica", ha aggiunto Miglio.
Cosa ne pensa la politica?
Dalla politica le reazioni sono tra le più diverse. Da una parte troviamo il leader della Lega, Matteo Salvini, che parla di "Stato spacciatore" e di "libera vendita di droga ai nostri figli", affermando più volte di voler chiudere tutti i negozi di cannabis light e vietandone qualsiasi uso. Nelle ultime ore il segretario del Carroccio ha anche aggiunto: "La droga fa male, altro che coltivarsela in casa o comprarla in negozio, e anche le due ragazze morte a Roma ne sono la drammatica conferma. La Lega combatterà lo spaccio e la diffusione della droga sempre e ovunque".
Sulla stessa linea anche Giorgia Meloni, che si è detta allibita: "Ci lascia allibiti la sentenza della Cassazione che legalizza la coltivazione domestica della cannabis. Il messaggio che viene lanciato, soprattutto ai più giovani, è devastante e rischia di avere pesanti ripercussioni sulla società italiana, che già vive una drammatica emergenza droga. Condividiamo le preoccupazioni espresse dalle comunità terapeutiche, dagli operatori del servizio pubblico e dalle associazioni e continueremo al loro fianco la battaglia per una vita libera da ogni droga e dipendenza".
La leader di Fratelli d'Italia, alludendo alle preoccupazioni delle comunità terapeutiche, sta facendo riferimento a quanto affermato dalla comunità di San Patrignano, che si è espressa in questo modo sulla sentenza: "Inciderà negativamente sull'educazione dei minori che cresceranno, sempre di più, nella convinzione che l'utilizzo di cannabis sia innocuo e socialmente condiviso".
Dall'altra parte, si esulta per l'apertura alla liberalizzazione: "È il risultato di quarant'anni di impegno, in particolare del mio impegno. Si è rotto un tabù, è un primo passo per poter ragionare oltre gli stereotipi", afferma Emma Bonino. Per Riccardo Magi, deputato di Più Europa, “è sicuramente una pronuncia importantissima perché segna un passo in avanti di buon senso e ragionevolezza. Attualmente nella legge c'è una sproporzione per il modo in cui viene punita la coltivazione domestica. Invece qui si ribadisce che per l’uso personale non è reato".
Magi continua rimarcando come ora sia "necessario un intervento del Parlamento e su questo ci sono già diverse proposte di legge che aspettano di essere esaminate. Una è la legge di iniziativa popolare per la quale erano state raccolte oltre 68mila firma da Radicali e Associazione Coscioni e l’altra che abbiamo depositato poco fa con le firme di una ventina di deputati e che renderebbe non punibile la coltivazione domestica fino a 5 piantine".
Il senatore del Movimento Cinque Stelle, Matteo Mantero, esulta per la sentenza, ma punta il dito contro il governo per non aver avuto lo stesso coraggio dei giudici: "Ancora una volta la giurisprudenza fa le veci di un legislatore vigliacco. La Cassazione ha aperto la strada, ora tocca a noi. Fino a questa storica sentenza comprare Cannabis dallo spacciatore, alimentando la criminalità e mettendo a rischio la propria salute con prodotti dubbi, non costituiva reato penale mentre coltivare alcune piante sul proprio balcone per uso personale poteva costare il carcere".