Dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, lo scenario, malgrado le rassicurazioni del Presidente della Repubblica, è tutt'altro che chiaro. Se infatti le dimissioni di Berlusconi appaiono certe (a meno di clamorosi colpi di scena dalle conseguenze inimmaginabili), sono pochi i punti fermi in quella che assume i contorni di una stancante ed incerta partita a scacchi. Assodato che la strada delle elezioni anticipate non è realisticamente percorribile (almeno non prima dell'estate del 2012) e che tutto lascia supporre che a guidare il prossimo Governo sarà il neo senatore a vita Mario Monti, a tenere banco sono aspetti cruciali per il futuro del nostro Paese. In primo luogo, del tutto nebulosa è la questione delle eventuali alleanze parlamentari che dovrebbero garantire la maggioranza all'esecutivo guidato dall'economista lombardo.
Come abbiamo provato a spiegarvi fotografando il particolare momento della politica italiana, al momento a seguire la linea del Capo dello Stato sarebbero senza incertezze l'Unione di Centro, Alleanza per l'Italia e Futuro e Libertà, il Partito Democratico, la quasi totalità dei parlamentari del gruppo misto e parti consistenti del Popolo della Libertà (in particolari i "gruppi" che fanno riferimento a Scajola, Formigoni e Pisanu). Decisamente contrari (almeno al momento) Lega Nord ed Italia dei Valori, per scelte dettate sia da differenti impostazioni "ideologiche" che dalla consapevolezza di poter cavalcare (strumentalmente è evidente) il prevedibile malcontento sociale di fronte alle scelte economico – politiche di un Esecutivo retto da un tecnico vicino alle istituzioni e ai "poteri forti" europei.
Ora, dato che con ogni probabilità, tutto il Pdl finirà per convergere su Monti, quello che si prospetta è un governo delle larghe intese a guida tecnica, cui certamente non potrà essere risparmiato il termine "inciucio". E non sembri banale o semplicistico, perché all'attuale stato delle cose, essendo manifesta la diversità di vedute dei tre "soggetti" in considerazione, l'unico collante dovrebbe essere rappresentato dalle direttive delle istituzioni europee e dal "commissariamento soft" di Bce e Fmi. Con qualche garanzia, per le parti. Già, da una parte i centristi uscirebbero rafforzati dalla vicenda, presentandosi come la parte responsabile e coerente della politica ed avrebbero anche la possibilità di "verificare sul campo" un'eventuale futura coabitazione con i democratici, mandando anche un chiaro segnale a Sinistra e Libertà ed Italia dei Valori (la cui opera di "ricostruzione dell'area dell'alternativa" rischia di interrompersi bruscamente). Da un'altra, il Partito Democratico avrebbe l'occasione di interrompere anni di "inerte mandato berlusconiano" e allo stesso tempo di "prendere il tempo necessario" a prepararsi alla prova delle urne (inutile girarci intorno, malgrado i proclami i democratici non sono pronti, divisi all'interno su leadership, programmi ed alleanze). Infine il Popolo della Libertà, che non è (più) un partito, potrebbe, contrariamente a quanto si crede, beneficiare in misura sensibile della guida pro – tempore di Monti. Se infatti il Cavaliere accetterà di sostenere la linea di Napolitano, è certo che lo farà dietro precise garanzie, anche (ma non solo) in relazione alla legge elettorale, vera arma di pressione all'interno dei gruppi parlamentari. Allo stesso tempo, Alfano riuscirebbe nel duplice scopo di ottenere una vera legittimazione politica e di sganciarsi in maniera soft "dall'abbraccio mortale" con l'ex Presidente del Consiglio, senza aver bisogno di una nuova plateale investitura (o peggio ancora di una sanguinosa conta) per guidare il centrodestra. E nell'album dei "felici e contenti" troverebbero posto anche i vari Scajola, Formigoni e "malpancisti vari" che vedrebbero premiati agli occhi dei propri referenti politici e territoriali i tanti "distinguo" manifestati negli ultimi anni.
Insomma, un inciucio come soluzione congrua e soddisfacente per tutte le parti in causa? Certo, se si eccettua un piccolo particolare: in gioco non vi è solo la sopravvivenza o il riposizionamento di una classe politica, ma il futuro del nostro Paese. Un inciucio che consegni il nostro Paese nelle mani di un tecnico senza che siano chiarite e condivise scelte ed impostazioni programmatiche rischia di provocare danni enormi. Se la crisi richiede sforzi e sacrifici, la politica ha il dovere di vigilare e mediare, impedendo che le leggi della finanza e dell'economia (e soprattutto le logiche di un sistema marcio, che ha provocato squilibri enormi e che sostanzialmente non ha futuro) incidano in maniera drammatica su chi già quotidianamente paga un prezzo altissimo nel "migliore dei mondi possibili".