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Ma il Partito Democratico è (ancora) di sinistra?

L’Assemblea Nazionale del Partito Democratico ha fatto emergere le mille contraddizioni di un soggetto politico ancora “in costruzione”. O forse quelle di un progetto già fallito da tempo…
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Bersani-assembleaPD

Cosa è successo all'Assemblea Nazionale del Partito Democratico? Davvero si tratta solo di "beghe interne" e mere questioni procedurali, o piuttosto è l'ennesima manifestazione evidente di un Partito ancora alla ricerca disperata di un'identità e di una piattaforma "politico – ideologica" chiare e condivise? Ma soprattutto, cosa altro dovrà ancora succedere affinché ai piani alti del Nazareno si prenda atto dell'imminente fallimento dell'intero progetto di un "partito progressista, a vocazione maggioritaria capace di guidare il Paese fuori dalla fase di transizione e riformare la politica italiana nel suo complesso"?

Un complesso di domande che davvero non è possibile ridurre alla sola spaccatura sulla questione di genere, ma che rimanda ai tanti nodi irrisolti di nascita, formazione e costruzione del Partito Democratico. Lo ricorda anche Adriano Sofri, proprio riferendosi alla tanto controversa questione dei "diritti civili":

Quando il Partito Democratico si impegna a fondere in una nuova e più varia formazione la sinistra già comunista e il cattolicesimo popolare, una specie di accordo fra gentiluomini, diciamo così, li fa accantonare come argomenti di cui non sta bene parlare in pubblico. Ci sono bensì gli eccessi di zelo, come l’assegnazione prolungata di una competenza su quei temi, o almeno un potere di veto, a personalità oltranziste come Paola Binetti.

Il passaggio successivo (il comitato coordinato dalla Bindi), nel merito delle tematiche, è probabilmente ancora peggio, perché una questione o la si affronta oppure no e pretendere di poter giungere ad un compromesso sui diritti individuali è davvero un "suicidio politico", oltre che una pretesa assurda ed irrispettosa. Un errore di fondo, con un controsenso che torna prepotentemente alla ribalta ogni qual volta sale la pressione intorno ai democratici. Strumentalmente dice qualcuno. Per forza di cose, ribattono i puristi. Del resto, quando nelle stanze dei bottoni si pensa di traghettare un partito verso un'alleanza che la base (o parte) giudica "innaturale" (questa sì…) è abbastanza lecito porre domande di senso sul "dove" porti il percorso.

Non che la questione di per se non sia di per se importante. Ma è chiaro a tutti come si tratti soprattutto dell'ennesima manifestazione della "chiusura" del Partito, per giunta in un momento estremamente delicato. Un partito precluso, come hanno ironizzato in tanti. Un partito che si rifugia dietro cavilli e tecnicismi, come ricorda Francesco Nicodemo:

Un tecnicismo che ha ulteriormente incrinato quanto già era in crisi in questi mesi: il rapporto tra il Caminetto del PD, sempre più chiuso e autoreferenziale, ed una base – fatta di militanti, iscritti e dirigenti locali – che vuole, esige e chiede per l’ennesima volta un cambiamento programmatico e politico. Programmatico, in quanto non si può “precludere” tecnicamente che in assemblea non si scelga la data delle primarie, le regole per la consultazione e il limite di tre mandati parlamentari. Politico, perché sono ormai troppi anni che si discute di diritti degli omosessuali senza che il PD prenda una posizione chiara e netta.

Una posizione chiara e netta, appunto. Che la base, i militanti chiedono proprio perché si rifiutano di essere inglobati in descrizioni lapidarie e sommarie (per quanto del tutto legittime), come quello che da opposte sponde arrivano da Vittorio Feltri:

Il Pd non è più un partito di sinistra, ma una bolgia in cui si mescolano cattolici bacchettoni, montiani appiattiti sulla finanza mondiale e sulle banche criminali, un partito che rappresenta tutto e tutti, eccetto gli elettori laici e progressisti

e dall'altra parte da Alessandro Capriccioli:

Diciamocelo, con buona pace di chi insiste a rivendicare la possibilità di chiamarsi come meglio crede a dispetto di quello che dice e di quello che fa: una forza politica che nel 2012 non ha il coraggio non dico di pronunciarsi in modo inequivocabile, ma perfino di votare un documento sui matrimoni tra omosessuali, non è progressista. Quindi, per favore, basta fregnacce: il PD è liberissimo di andare dove gli pare, ci mancherebbe altro, ma ormai è evidente che si tratta a tutti gli effetti di un partito di centro che con la sinistra ha poco e nulla a che spartire.

Nota a margine – Il titolo del pezzo è volutamente provocatorio, non sarà una questione terminologica a decidere le sorti del PD né ci interessa riproporre vecchie contrapposizioni, in qualche modo (forse, ma ne riparleremo) già superate. Certo è che se di volta in volta si chiede ai propri elettori di "sopportare compromessi" su welfare, lavoro, temi etici, fisco e missioni internazionali…allora qualche domanda sarà bene continuare (o cominciare) a farsela.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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