"Il M5S è stato il primo per numero di voti alle ultime elezioni. Per questo chiede ufficialmente un incarico di governo per realizzare il suo programma". Così Roberta Lombardi e Vito Crimi hanno motivato la linea tenuta durante le consultazioni con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sulla questione è poi tornato anche Beppe Grillo, con un post che in sostanza ha ribadito il concetto: il Movimento 5 Stelle è il primo partito per numero di voti e, nel caso in cui si trovasse all'opposizione, chiederà le presidenze di Copasir e Vigilanza Rai. Esulando da ogni considerazione di merito, però, appare doveroso chiarire che, almeno tecnicamente, l'asserzione di Grillo e dei capigruppo del Movimento 5 Stelle è sostanzialmente errata. Infatti, il Movimento 5 Stelle non è il primo partito ("titolo" che resta al Partito Democratico) e, considerando le coalizioni, è la terza forza politica del Paese.
I dati da tenere in considerazione sono quelli definitivi forniti dal Viminale (consideriamo l'intera platea degli elettori, quindi Camera + Residenti all'Estero):
- Partito Democratico 8.932.615 voti validi (8.644.523 Italia – 288.092 Estero)
- Movimento 5 Stelle 8.784.499 voti validi (8.689.458 Italia – 95.041 Estero)
- Popolo della Libertà 7.478.796 voti validi (7.332.972 Italia – 145.824 Estero)
Detto ciò, è ovvio che non vi è alcuna relazione tra uno scarto di 150mila voti e gli incarichi istituzionali o le "poltrone parlamentari" (anche perché in una democrazia parlamentare su tutto a contare sono i seggi conquistati), tuttavia è necessario che la comunicazione politica si attenga a criteri più rigorosi. È vero in effetti che al fine dell'aggiudicazione del premio di maggioranza alla Camera concorrono i voti della circoscrizione "Italia", ma allo stesso tempo è doveroso considerare di "pari dignità" gli oltre 3,4 milioni di aventi diritto che vivono all'estero (i votanti sono invece poco più di 1,1 milioni). Insomma, comunque la si guardi la questione non sembra essere semplicemente "terminologica", dunque sarebbe meglio evitare di legare ad essa rivendicazioni di carattere politico. È evidente infatti che il risultato elettorale del Movimento 5 Stelle merita un riconoscimento politico – istituzionale (e che l'estrema frammentazione del consenso dovrebbe spingere i vertici di Pd e Pdl a ragionare sulla necessità di evitare "forzature e colpi di mano"), tuttavia appare arduo sostenere l'autosufficienza di un progetto politico cui ha aderito un quarto dei votanti. E non possono essere 45 mila voti in più (quelli del M5S rispetto al Pd ottenuti alla Camera in Italia) o 150mila in meno (quelli complessivi) a fare la differenza e a decidere le sorti di un Paese che aspetta risposte immediate (e dovrebbe valere anche per i 250mila che separano centrodestra e centrosinistra).