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Ma il momento di Renzi non è ancora arrivato (e lui lo sa bene)

Per Matteo Renzi si apre il mese decisivo e la tentazione di dare la spallata decisiva a Bersani è forte. Ma per fare cosa? Una battaglia (forse di minoranza) all’interno del Pd oppure una nuova “cosa”? Invece, il suo tempo potrebbe arrivare, ma solo dopo il fallimento di Bersani.
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Renzi-Pd-Bersani

A certe condizioni Matteo Renzi si candiderebbe a guidare il Paese. Se Bersani dovesse fallire nel suo tentatvo di aggregare una maggioranza qualificata intorno ai suoi 8 punti, Matteo Renzi rilancerebbe la sua proposta di "partito e Paese". Nulla di nuovo, si dirà. Eppure è bastata una mezza frase, affidata al taccuino di Marco Damilano su L'Espresso, per riaprire il fronte polemico dei "rottamatori contro l'estabilishment del Pd". In realtà, a leggere le dichiarazioni del Sindaco di Firenze, sembra sia cambiato davvero poco rispetto alle ultime settimane: "Non mi sostituisco al capo dello Stato. Credo che sarà una legislatura breve. […] Se ci fossero le condizioni ci starei […] Non sono minimamente interessato a capire cosa farò da grande".

Ancora una volta, paradossalmente, la vera novità, la svolta potenziale, andrebbe ricercata in ciò che Renzi non ha detto. Nel mancato appoggio sostanziale al "piano di Bersani". Nella rinuncia ad essere direttamente coinvolto nel lento processo di riposizionamento correntizio interno al Pd. Nella volontà di non farsi tirare per la giacca, rifiutando il ruolo di "salvatore della Patria", continuando a parlare degli stessi temi delle primarie. Nella scelta di non attaccare il segretario dopo la mezza disfatta delle politiche. E sopratutto nell'ostinazione con la quale Renzi continua a sentirsi "del partito", ad immaginare di poterlo guidare, magari passando nuovamente per le primarie. Ne scrivevamo qualche giorno dopo le elezioni, quando il rimpianto del "se ci fosse stato Renzi" monopolizzava le analisi post voto dei democratici: non è ancora giunto il momento di scoprire le carte e il Sindaco di Firenze non ha la minima intenzione di compromettersi, partecipando a "caminetti, tavolini o vertici" più o meno alla luce del sole. Perché sa benissimo di non poter fare a meno di una legittimazione eclatante e vincolante per entrare a pieno titolo sulla scena politica. E vuole continuare ad avere libertà di manovra, sfuggendo all'abbraccio "mortale" con un segretario sfiduciato di fatto (al di là della compattezza ufficiale con la quale i dirigenti del Pd hanno risposto in direzione, sembra in effetti poco plausibile che il partito punti ancora su Bersani nel prossimo futuro).

È chiaro però che al momento Renzi ha la necessità di marcare il terreno, di far capire ad elettori e militanti democratici che lui "è e resta leale", che aspetta il suo turno senza pugnalare il segretario, ma consapevole che la sua avventura alla guida di Paese (e partito, bisognerebbe ricordarlo…) non può prescindere dal fallimento del progetto bersaniano e da un cambiamento radicale della gestione del Pd. Solo se Bersani fallisse e se in Parlamento non si trovasse la quadra per quelle larghe intese evocate da centristi e pontieri, ma soprattutto solo se si andasse alle elezioni in un tempo ragionevolmente breve si potrebbero configurare quelle "condizioni" di cui parla Renzi. Che non ha alcuna intenzione né di bruciarsi ora rincorrendo Grillo o grosse koalition raffazzonate, né di prendere in consegna il partito dopo un "governissimo più o meno mascherato".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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