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M5S: “Il Governo sta smantellando il servizio universale di Poste Italiane”

La denuncia del gruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle: “Un emendamento alla legge di stabilità stabilisce che Poste Italiane possa derogare ai propri obblighi di servizio universale fornendo tale servizio a giorni alterni. È inaccettabile”.
A cura di Redazione
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C’è un nuovo tassello che si va ad aggiungere alle polemiche delle ultime settimane su privatizzazioni e ristrutturazioni dei servizi attualmente forniti da Poste Italiane. Il gruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Trasporti ha infatti presentato una articolata denuncia su un provvedimento che il Governo sta provando ad inserire nella legge di stabilità che nei prossimi giorni sarà ancora la vaglio della Commissione Bilancio della Camera (e poi successivamente discussa in Aula). Si tratta dell’attacco al “servizio universale postale” che, nella lettura dei grillini, sarebbe portato avanti dal Governo: “Per servizio universale postale si intende una serie di servizi minimi che Poste Italiane, almeno fino al 2026 (in attesa che si attui una qualche forma di concorrenza anche in tale mercato), deve garantire ai cittadini "indipendentemente da fattori come il reddito o la collocazione geografica". Ebbene con questa legge di Stabilità, all'articolo 23, si prevede che Poste Italiane S.p.A., in presenza di particolari ragioni di natura infrastrutturale, possa derogare ai propri obblighi di servizio universale fornendo tale servizio a giorni alterni "in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti/kmq”.”

Se il provvedimento passasse con questa formulazione, avvertono i deputati del M5S, si avrebbe una “riduzione sostanziale dei servizi in favore dei cittadini nelle zone più svantaggiate” (peraltro tale deroga potrebbe gravare su “un quarto della popolazione”, mentre il limite attuale è “un ottavo”) e Poste Italiane avrebbe via libera per venir meno al rispetto “dei propri obblighi (assunti contrattualmente e per legge) se questi riguardano una fetta di popolazione inferiore ai 15 milioni di cittadini”. A ciò bisogna aggiungere la proroga per altri tre anni del contratto di servizio sottoscritto nel 2009 e il meccanismo della delega che potrebbe “esautorare il Parlamento dalla discussione sui prossimi contratti”.

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