M5s chiede a Di Maio di restituire 30mila euro di Tfr, Pd attacca: “Pulsione autoritaria di Conte”
La questione della restituzione del Tfr da parte degli ex parlamentari Cinque Stelle, poi fuoriusciti dal partito, non è stata ancora risolta. Il leader Giuseppe Conte ha detto ieri di non escludere la possibilità di far causa a Luigi Di Maio, promotore della scissione che ha portato a giugno scorso alla fuga di una sessantina di iscritti dal Movimento, se l'ex ministro degli Esteri non restituirà 30mila euro dei 45mila del loro Tfr, in base alle vecchie regole varate ad aprile 2021.
Secondo Conte Luigi Di Maio e gli altri scissionisti dovrebbero restituire quei soldi "In virtù di un regolamento che Di Maio ha elaborato, proposto e fatto approvare dal Comitato di garanzia dell'epoca", ha sottolineato ieri l'ex premier a La Confessione di Peter Gomez, in onda su Nove. "Di Maio dovrebbe semplicemente rispettare quel che hanno scritto lui e gli altri scissionisti". A Gomez che ha chiesto se il M5s andrà in causa nel caso non paghino, Conte ha risposto: "Ovviamente non possiamo lasciar cadere la cosa. È un impegno che hanno assunto loro". Il problema però è che Di Maio sostiene che quei soldi lui non li ha mai visti.
Luigi Di Maio, che alle ultime elezioni non è stato eletto, ha assicurato di "non aver ricevuto alcuna somma relativa al Tfr", aggiungendo che non appena la riceverà "comunicherà le modalità con cui aiuterà la collettività".
"I fuoriusciti del M5S sono quelli che tra l'altro avevano proposto alcune norme ed è giusto che le rispettino, poi è una cosa che penso non interessi né agli italiani né a me personalmente", ha detto Stefano Patuanelli, rispondendo, a margine di un incontro a Trieste, a una domanda sulla disputa, senza però entrare nel merito della vicenda.
Per il Pd si tratta di una "pulsione autoritaria" dell'ex presidente del Consiglio, una richiesta che sarebbe tra l'altro incostituzionale: "La pretesa di Conte di far restituire il Tfr agli scissionisti ha in sé una pulsione autoritaria, e una volontà di soggezione partitocratica del parlamentare (oltre che un segnale ai naviganti). Ma confligge con art.67 Costituzione ("senza vincolo di mandato"). Sintomatico però", ha attaccato su Twitter il senatore Pd Enrico Borghi.