L’Ungheria di Orban ha bloccato un’altra volta gli aiuti militari europei all’Ucraina
Nel corso della riunione di lunedì 27 maggio del Consiglio Affari esteri – l'organo che riunisce i ministri degli Esteri dei Ventisette Stati membri – l'Unione Europea non è riuscita a sbloccare la fornitura di 6,5 miliardi di aiuti militari all'Ucraina. È stato decisivo il veto posto dall'Ungheria, che è guidata dal primo ministro filorusso Viktor Orbán.
Non è certo la prima volta che gli aiuti all'Ucraina non scattano a causa dell'opposizione di Budapest, che solo sei mesi fa aveva bloccato un pacchetto di aiuti da 50 miliardi. Il mancato accordo è stato accolto con grande frustrazione da molti dei politici europei presenti alla riunione. La ministra degli Esteri belga Hadja Lahbib ha definito "inaccettabile che un singolo Paese, che ha detto sì durante un Consiglio europeo pochi mesi fa, blocchi questi aiuti cruciali per l’Ucraina". Solo qualche mese fa, infatti, anche l'Ungheria aveva dato l'ok per utilizzare in difesa dell'Ucraina i profitti generati dagli asset immobilizzati della Banca centrale russa. Secondo il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, "circa il 41% delle risoluzione Ue a sostegno dell'Ucraina sono state bloccate dall'Ungheria" e ha invitato a considerarlo "un approccio sistematico contro ogni sforzo dell’Unione per avere un ruolo significativo in politica estera".
Le decisioni del Consiglio, come stabilito dai trattati europei, hanno bisogno dell'unanimità per essere approvate. Per questo motivo l'Ungheria ha gioco facile nell'opporsi contro le misure che non condivide, oppure ad accettarle solo in cambio della promessa di concessioni. In molti ritengono che il principio dell'unanimità costituisca un limite per l'Unione Europea: la proposta per una riforma che introduca il voto a maggioranza qualificata è caldeggiata da diversi esponenti politici, anche italiani.
Cosa ha detto Borrell sull'uso di armi europee per colpire la Russia
La discussione in Consiglio è stata molto dura, come ha ammesso il capo della diplomazia europea Josep Borrell. A margine della riunione Borrell ha inoltre aperto alla possibilità che l'Ucraina colpisca obiettivi militari in Russia con le armi europee, accodandosi così a quanto dichiarato pochi giorni fa dal segretario generale della Nato Stoltenberg. Borrell ha dichiarato che "secondo la legge della guerra, non c'è contraddizione nel combattere contro chi mi combatte". Ha poi riconosciuto che così si rischierebbe un'escalation, ma ha voluto precisare che questo rischio "va bilanciato con la necessità degli ucraini di difendersi" perché allo stato attuale c'è "una situazione asimmetrica, con gli attacchi a Kiev che arrivano dal territorio russo". Dall'Italia, gli ha subito risposto il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha dichiarato: "La posizione di Borrell non è la nostra, noi siamo per la de-escalation in Medio Oriente e in Ucraina". Gli ha fatto eco, con toni diversi, il leader della Lega Matteo Salvini, che ha definito Borrell "un altro bombarolo", per poi ribadire: "Non parla a mio nome e nemmeno del popolo italiano".
Anche il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó ha confermato le tensioni emerse nella riunione del Consiglio. Su Facebook ha infatti scritto che i ministri degli altri paesi, in particolari quelli di Polonia e Germania, hanno "fatto una scenata", prima di ribadire che l'Ungheria non cambierà la propria postura, a prescindere dai "propositi bellicisti" degli altri paesi. Ha invece riconosciuto come suo alleato il suo omologo slovacco: "Ungheria e Slovacchia: due voci sane in questa psicosi di guerra folle", ha scritto. Le discussioni al Consiglio Affari europei continueranno nella giornata di oggi. Il premier belga Alexander De Croo, impegnato in una conferenza stampa a Bruxelles insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è detto "fiducioso" circa l'approvazione di un pacchetto di sanzioni per la Russia.
I 6,5 miliardi di aiuti all'Ucraina fanno parte di un pacchetto più ampio, l'European Peace Facility (Epf). Non essendo inserito nel bilancio dell'Ue, perché negoziato prima dell'inizio della guerra, questo fondo deve essere ogni volta ridiscusso dal Consiglio, in modo che i singoli Stati possano stanziare nuovi soldi per finanziarlo. Si tratta in questo caso di tre tranche da 500 milioni più i 5 miliardi del nuovo Fondo per l'assistenza all'Ucraina. Per mobilitare questi soldi Borrell ha dichiarato di avere "sette testi legali in attesa di essere approvati" e specificato che i ritardi nell'approvazione di questo pacchetto "possono essere misurati in termini di vite umane". "Abbiamo le risorse, abbiamo i soldi, questa è la cosa triste, ma aspettiamo ancora decisioni per attuare il fondo di assistenza all'Ucraina", ha concluso.