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Luigi Lusi ai magistrati: “Nella Margherita alcuni sapevano”

L’ex tesoriere continua a gettare ombre sui vecchi colleghi di partito, ma non fa nomi. E non esita a confermare: “La mia era un’attività fiduciaria”.
A cura di Alfonso Biondi
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Margherita

Luigi Lusi continua a vuotare il sacco. L'ex tesoriere della Margherita, accusato di aver sottratto circa 20 milioni di euro dalle casse del partito, è stato interrogato 3 giorni fa dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Alberto Caperna, dal pm Stefano Pesci, ai quali ha confidato che alcuni suoi compagni di partito sapevano in che modo venivano utilizzatati i soldi presenti in cassa. Dichiarazioni clamorose, ma nessun nome, almeno per ora.

"Non rubavo, investivo per il partito"- Nei verbali dell'interrogatorio, citati da Repubblica.it, il senatore  sostiene di aver operato in qualità di tesoriere al fine di "creare una serie di posizioni finanziarie e immobiliari di carattere fiduciario" attraverso le società Luigia ltd e TTT srl. "Non rubavo, ma investivo per conto del partito"- ha dichiarato Lusi. Una volta che la Margherita avesse esaurito la liquidità "era implicito" che le proprietà immobiliari acquistate con quei soldi sarebbero state liquidate a vantaggio del partito. E' questa la tesi di Lusi. E "fiduciari" erano anche i "prestiti infruttiferi e in contanti" (non restituiti) per oltre 500.000 euro dei quali hanno beneficiato il fratello Angelo, alcuni suoi nipoti e amici; non ché "le spese di ristrutturazione per gli immobili di Capistrello". Per Lusi i vertici del partito sapevano tutto: "Mi fu detto in generale di investire la liquidità nei migliori modi possibili. Per altro, dell'acquisto degli immobili alcuni sapevano, ma preferisco non farne i nomi".

Lusi garante del "patto"- Il senatore, poi, ha rivelato ai magistrati di essere stato dal 2007 garante di un "patto" sulle risorse del partito da destinare alla politica: tale patto prevedeva la ripartizione dei fondi tra Popolari e rutelliani. I primi prendevano il 60%, i secondi il 40%. E quando i magistrati gli hanno chiesto se qualcuno del partito avesse utilizzato soldi per usi diversi dalla politica, l'ex tesoriere s'è rifugiato dietro un "Non so". Ha confermato, però, che la liquidità del partito stava finendo e che quindi gli immobili acquistati (a Genzano, Ariccia, Monserrato) sarebbero stati venduti presto. Del "patto" e del mandato "fiduciario", però, non c'è nessuna prova scritta, come ammette lo stesso Lusi. E i viaggi da sogno? I soggiorni da migliaia di euro? "Le mie spese per viaggi stanno nel sistema di cui ho parlato"- ha sentenziato il senatore. "Quanto alle mie spese personali- ha aggiunto- alla fine del mio incarico di tesoriere avrei fatto un conto tra quanto avevo speso e quanto ritengo che il Partito mi avrebbe dovuto versare come spettanza". Insomma, un "compenso implicito" concordato con qualcuno di cui Lusi non vuol dire il nome.

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