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L’Ue vuole rimandare la carbon tax, la tassa sulle aziende che inquinano va verso il rinvio al 2027

Nel 2023, l’Unione europea aveva approvato la carbon tax per far pagare le aziende che importano dei beni che producono molto CO2. È già attiva, in una fase transitoria, e dovrebbe entrare a pieno regime nel 2026. Ma la nuova Commissione Ue proporrà di rimandarla di un anno, e anche di abbassarla, inserendo una soglia sotto la quale non sarà necessario pagarla.
A cura di Luca Pons
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Carsten Koall/Getty Images
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L'Unione europea va verso un passo indietro, per quanto riguarda le politiche sul clima. La nuova Commissione Ue, infatti, si sta preparando a presentare la proposta di rimandare di un anno l'entrata in vigore della cosiddetta carbon tax. E non solo, ma anche di cambiarla per esentare la "stragrande maggioranza" delle aziende coinvolte. La norma era stata approvata nel 2023, dopo oltre un anno di lavori, insieme al resto del pacchetto Fit for 55, una serie di misure pensate per ridurre parecchio i consumi inquinanti dei Paesi Ue.

Le ultime elezioni europee hanno spostato lo spettro politico verso destra, anche se sulla carta la maggioranza che sostiene la Commissione europea, non è cambiata – anzi, si è allargata includendo anche i Verdi. In pratica, però, nonostante alla guida dell'esecutivo ci sia sempre Ursula von der Leyen, l'approccio alla crisi climatica sembra essere cambiato. E infatti, sulla carbon tax sembra pronto un rinvio – stando a una bozza che l'Ansa ha potuto leggere – inserito in un pacchetto di misure che dovrebbe essere presentato mercoledì.

La proposta sarebbe quello di rinviare l'entrata in vigore della carbon tax, come detto, e indebolirla. Il suo nome ufficiale è "Meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere", o Cbam. Funziona così: chi importa un bene da un Paese al di fuori dell'Unione europea, in cui le regole sulle emissioni inquinanti meno stringenti, deve pagare una certa somma per ‘compensare' il fatto che quel bene è stato prodotto inquinando di più.

L'obiettivo, in sostanza, è fare sì che chi produce in Paesi dove è libero di inquinare di più (e quindi magari può vendere a un prezzo più basso) non abbia un vantaggio ingiusto nei confronti dei produttori che invece si trovano in Europa e devono rispettare le normative sull'inquinamento. I soldi raccolti, poi, dovrebbero essere usati anche per incentivi alle aziende che riducono le proprie emissioni.

La carbon tax, o Cbam, è entrata in vigore dal 1° ottobre in via sperimentale e transitoria. Oggi si applica solamente in alcuni settori: cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno. L'allargamento definitivo è previsto dal 2026. Tuttavia la Commissione, all'interno di un pacchetto di misure dedicate a semplificare la tassa, proporrà di rinviare questo appuntamento al febbraio 2027.

Non solo, ma c'è anche la proposta di cambiare la tassa per escludere gli importatori più ‘piccoli'. L'intenzione, infatti, sarebbe quella di introdurre una soglia minima di 50 tonnellate di prodotto all'anno. Chi si trova al di sotto di questo livello – con l'eccezione delle aziende di elettricità e idrogeno – sarebbe esentato dal pagamento della tassa.

La bozza di proposta riporta che l'inserimento di questa soglia "esenterà la stragrande maggioranza degli importatori dagli obblighi previsti". Insomma, quasi tute le aziende importatrici che acquistano prodotti realizzati in modo in più inquinante non vedrebbero nessuna differenza con il passato. Secondo la Commissione Ue, però, si "manterrebbe" comunque l'obiettivo di ridurre le emissioni, colpendo solamente gli importatori più grandi.

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