L’Ue pensa al passaporto vaccinale, ma realizzarlo sarebbe sbagliato: ecco perché
Si chiamerà Digital Green Pass. Questa la nuova proposta dell'Unione europea, che di fatto introduce un passaporto vaccinale a cui è affidato lo scopo di comprovare se un cittadino è stato o meno vaccinato contro il coronavirus, per poi permetterne quindi la mobilità in modo facile e sicuro sul territorio comunitario. In Italia già dalla scorsa estate è in corso una discussione sul passaporto sanitario e in questi mesi sono emersi diversi aspetti critici. Nel nostro Paese, infatti, non è obbligatorio vaccinarsi contro il coronavirus e per questa ragione a livello giuridico potrebbe essere complicato limitare la circolazione a chi non ha ricevuto il farmaco. Ma non è tutto: le premesse su cui si basa l'idea di un patentino di immunità presentano falle e incongruenze non solo dal punto di vista normativo e legale, ma anche da quello medico e scientifico.
Digital Green Pass: la proposta dell'Ue
"Presenteremo questo mese una proposta legislativa per un Digital Green Pass. Lo scopo è quello di fornire una prova che la persona sia stata vaccinata, un esito del tampone negativo per chi non ha potuto ancora vaccinaris o i dati sulla guarigione dal coronavirus", ha scritto su Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Lo scopo è quindi quello di assicurare, soprattutto alle porte della stagione turistica, che i cittadini possano muoversi in sicurezza sul territorio dell'Ue. E, allo stesso tempo, un passaporto sanitario incentiverebbe anche ad aderire alla campagna vaccinale. Ma la realizzazione di un patentino di immunità è complicata da un punto di vista normativo, costituzionale ed etico. Vediamo perché.
Perché il passaporto sanitario si fonda su premesse sbagliate
Per prima cosa, come abbiamo detto, ci sono delle difficoltà a livello giuridico. Il vaccino contro il coronavirus in Italia non è obbligatorio e limitare la circolazione o l'accesso a precisi luoghi a coloro che non hanno ricevuto il farmaco diventerebbe complicato da un punto di vista legislativo. E sarebbe anche discriminatorio, dal momento che ci sono persone che, ad esempio per problemi immunitari o di reazioni allergiche, non possono vaccinarsi.
Ma soprattutto, anche a livello sanitario i presupposti sono sbagliati. Al momento, infatti, non ci sono ancora sufficienti evidenze scientifiche che provino che chi si è vaccinato non possa comunque trasmettere il virus. Al di là delle differenti risposte immunitarie al vaccino anti-Covid (che comunque secondo gli studi presentati alle Agenzie del farmaco non garantisce un 100% di immunità, ma più un 90%-95%), non è ancora sicuro che i farmaci approvati finora siano anche in grado di evitare la trasmissione dell'infezione, oltre a prevenire la malattia. In altre parole, non è ancora stato comprovato che chi si è vaccinato non sia più in grado di contrarre il virus e, pur non sviluppando sintomi, contagiare altre persone.
Anche l'Oms contraria all'idea del patentino di immunità
È quindi sbagliato legare l'idea di un passaporto sanitario a quella del "liberi tutti". E infatti la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha sconsigliato misure di questo tipo. Nelle linee guida comunicate in seguito alla riunione dello scorso 15 gennaio gli esperti dell'Oms scrivevano: "Al momento, non introdurre requisiti di prova della vaccinazione o immunità per i viaggi internazionali come condizione di ingresso, in quanto vi sono ancora delle incognite e delle criticità riguardo all'efficacia della vaccinazione nel ridurre la trasmissione del virus e la disponibilità limitata di vaccini. La prova della vaccinazione non dovrebbe esentare i viaggiatori internazionali dal rispettare altre misure di riduzione del rischio di viaggio".
Perché si rischierebbero nuove discriminazioni
C'è poi un ultimo elemento che rende ancora più critico il progetto di passaporto vaccinale in Europa. Non tutti i Paesi dell'Ue stanno procedendo con la stessa velocità: gli Stati hanno capacità logistiche e infrastrutture diverse a disposizione per la campagna vaccinale e questo comporterebbe delle discriminazioni tra chi è riuscito a vaccinare la popolazione in tempo per la stagione turistica e chi no. Inoltre, anche all'interno di uno stesso Stato si andrebbero a creare delle diseguaglianze. Per ragioni di età o di appartenenza a categorie considerate essenziali (quindi gli operatori della Sanità, ma anche tutti i lavoratori a contatto con il pubblico) alcune persone vengono vaccinate prima di altre: per l'estate è probabile che ancora moltissime persone non abbiano ricevuto il vaccino.
Introdurre un patentino di immunità adesso significherebbe, in ultima istanza, prolungare il lockdown per alcune fasce della popolazione o per alcuni Paesi in cui la campagna vaccinale è più lenta, dando invece il via libera alla circolazione di chi si è vaccinato, pur non sapendo se questa stia avvenendo a tutti gli effetti in sicurezza.