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L’Ue ha chiesto all’Italia di impegnarsi di più contro le lobby e i conflitti d’interesse

Nelle raccomandazioni all’Italia sullo Stato di diritto, la Commissione europea ha evidenziato alcune mancanze. In particolare servono più sforzi per regolamentare lobby e conflitti d’interessi, ma anche per monitorare le donazioni ai partiti e per creare un’istituzione nazionale che tuteli i diritti umani.
A cura di Luca Pons
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Passi avanti per l'Italia per garantire il rispetto dello Stato di diritto, ma ci sono ancora dei punti deboli che vanno affrontati e risolti. La Commissione europea, come ogni anno, ha rivolto a tutti i Paesi Ue delle specifiche raccomandazioni sul rispetto dello Stato di diritto. Nelle raccomandazioni all'Italia, Bruxelles ha sottolineato che nel 2022 ci sono stati buon progressi nella digitalizzazione del sistema giudiziario, ad esempio. Un fatto che può aiutare anche ad avere tempi più rapidi nei processi, con meno scartoffie e più rapidità nel consultare i documenti, e su cui comunque bisogna "proseguire gli sforzi". Ma ci sono anche problemi che rimangono, e su cui si chiede all'Italia un impegno più deciso.

Nelle raccomandazioni si legge così, per esempio, che al governo italiano si raccomanda di "adottare norme complessive sui conflitti di interessi e regolamentare il lobbying". In particolare, per farlo bisognerebbe istituire "un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi", cioè un registro delle lobby.

Si tratta di un registro che a livello europeo esiste, mentre l'Italia non ne ha uno nazionale che permetta di verificare chi esercita delle pressioni sulla politica e se le persone elette, per esempio, abbiano dei conflitti d'interesse nei loro confronti. Sui conflitti c'è una proposta depositata in Parlamento, ma per il momento non è tra le priorità della maggioranza.

Un altro intervento necessario è quello di rendere più trasparenti le donazioni ai partiti. La proposta è di "affrontare efficacemente e rapidamente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche". Lo strumento sarebbe quello di "un registro elettronico unico", anche in questo caso, per raccogliere "le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne". Un modo per rendere più chiaro e accessibile a tutti da dove vengono i soldi che finanziano la politica e i politici.

Si chiede anche all'Italia di introdurre delle "garanzie per il regime della diffamazione". Ovvero, evitare che ci siano troppe querele per diffamazione che hanno lo scopo di intimidire i giornalisti. Bisogna garantire, infatti, la "protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti".

Infine, il governo italiano dovrà lavorare per "costituire un'istituzione nazionale per i diritti umani". Negli scorsi anni si era parlato di una proposta di legge per creare la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani e per il contrasto alle discriminazioni. Ma le proposte di legge sono finite nel nulla, e così oggi l'Italia si trova senza un ente che abbia il chiaro e unico compito di salvaguardare la tutela dei diritti umani.

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