L’Ue condanna legge anti-lgbtq in Ungheria: firmano 14 Paesi, l’Italia si accoda all’ultimo
Sono 13 i Paesi Ue che hanno stilato una dichiarazione congiunta nella quale esprimono “forte preoccupazione” per la legge anti-lgbtq approvata in Ungheria, chiedendo alla Commissione europea di intervenire. Tra questi Paesi, però, non c’era l’Italia, almeno in un primo momento. Prima di esprimersi e accodarsi alla richiesta Roma ha atteso una risposta da parte dell’Ungheria, che non c'è stata. L'Italia era l'unico Paese tra i grandi dell’Ue a non sottoscrivere la dichiarazione congiunta. L’iniziativa è stata avviata dal Belgio, a margine del Consiglio Affari generali che si svolge a Lussemburgo. L’hanno poi sottoscritta Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Lettonia. Non solo tutti i grandi Paesi, quindi, ma con governi sia di centrodestra che di centrosinistra.
La dichiarazione dei 13 Paesi Ue contro l'Ungheria
Nella dichiarazione si denuncia che la legge introdotta la scorsa settimana in Ungheria “discrimina in modo palese le persone Lgbtiq e viola il loro diritto alla libertà di espressione, con il pretesto di proteggere i minori”. Nella nota si legge ancora: “Stigmatizzare le persone Lgbtiq costituisce una palese violazione del loro diritto fondamentale alla dignità, così come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue e dal diritto internazionale. L'inclusione, la dignità umana e l'uguaglianza sono valori fondamentali della nostra Unione europea, e non possiamo fare compromessi su questi principi”. Nella dichiarazione si invita la Commissione Ue a “usare tutti gli strumenti a sua disposizione per garantire il pieno rispetto delle leggi Ue, anche portando la questione di fronte alla Corte di giustizia europea”.
Italia firma all'ultimo dichiarazione contro legge anti-lgbtq in Ungheria
La legge ungherese vieta la divulgazione di programmi e materiali educativi per i bambini nel caso in cui “promuovano”, secondo il Parlamento di Budapest, l’omosessualità, identità sessuali diverse da quelle di nascita o la ridefinizione di genere. L’Italia, però, ha deciso di non sottoscrivere la dichiarazione congiunta in un primo momento e a spiegare le motivazioni è il sottosegretario agli Affari Ue, Enzo Amendola: “Ho personalmente ribadito con altri ministri oggi in Consiglio Affari Generali l'esigenza di avere chiarimenti sui recenti emendamenti del parlamento ungherese alle disposizioni in materia di minori e istruzione che lasciano perplessi per i passaggi discriminatori sull'orientamento sessuale. Non abbiamo aderito alla petizione di alcuni Stati, preferendo attendere la posizione ungherese in Consiglio. Le perplessità tuttavia rimangono. Si impone una valutazione approfondita della Commissione. L'Italia, come da recente dichiarazione a Coimbra, non ha mai fatto mancare sostegno ai diritti Lgbtiq a livello europeo”. Alla fine della riunione l'Italia ha deciso di accodarsi alla richiesta degli altri Paesi Ue sottoscrivendo il documento, come annuncia sempre lo stesso Amendola: "A fine Consiglio Affari Generali non sono arrivati chiarimenti soddisfacenti dall'Ungheria sulle leggi approvate che producono discriminazioni in base all'orientamento sessuale. Per questo, dopo dibattito, anche l'Italia ha firmato la richiesta degli altri 13 stati membri dell'Ue".