Lotta per l’eredità della Democrazia Cristiana, Rotondi: “Una truffa, giudice stabilirà di chi è il nome”
Gianfranco Rotondi, presidente di ‘Verde è popolare', eletto a settembre alla Camera con Fratelli d'Italia, il progetto di rifondare la Democrazia Cristiana non l'ha mai abbandonato. Un sogno, quello di far rivivere la Balena Bianca, che il deputato pazientemente coltiva da anni, e che ha iniziato a concretizzarsi già nel 2018, con la presentazione di un patto federativo programmatico tra i partiti di ispirazione democristiana, insieme a Mario Tassone segretario del Cdu, Giorgio Merlo di Rete Bianca e Renato Grassi, segretario della ‘Dc storica'. È il "primo passo verso la ricostruzione dell'unità della Dc", definì allora quel primo step Rotondi.
Il cantiere non si è ancora chiuso. Ora l'onorevole rischia di rimanere incastrato in battaglie legali per vedersi riconosciuta l'eredità della Democrazia Cristiana. A fine febbraio il deputato ha stretto un nuovo accordo con il segretario nazionale Udc, Lorenzo Cesa, per unire l'Udc e Verde è Popolare in unico partito. L'operazione, è stato spiegato da Cesa, ha subito un'accelerazione su spinta dell'elezione di Elly Schlein alla guida del Pd: la neo segretaria ha spostato i dem a sinistra, e non ci sarebbe più spazio per il mondo cattolico militante nel Partito Democratico. Quale migliore occasione dunque, per riunire tutte le forze centriste sotto l'ombrello di una nuova Democrazia Cristiana, il cui ultimo Congresso si è tenuto nel lontano 1994. Il simbolo resta quello dello scudocrociato, portato in dote da Cesa, e lo stesso Rotondi lo ha postato sui social, spiegando anche che più avanti potrebbero essere eliminate le diciture ‘Verde è Popolare’ e Udc”.
Ma come accaduto anche in passato, diversi gruppi e soggetti rivendicano il nome della Democrazia Cristiana, se ne considerano i veri eredi e vogliono appropriarsi di nome e simbolo. È il caso per esempio del professor Nino Luciani, che rivendica il diritto di rappresentare la Dc, o di Fabio Desideri – ex compagno di partito di Rotondi nella Democrazia Cristiana per le Autonomie – oggi portavoce e coordinatore politico di quella che viene presentata come la vera Democrazia Cristiana, il cui segretario è l'avvocato Antonio Cirillo: "Esiste già la DC e ha tenuto il suo XIX Congresso il 17-18 febbraio. In data 2 marzo ho inviato una diffida all'onorevole Rotondi". Diffida che però Rotondi nega di aver ricevuto.
"Appena si profila il ritorno della Dc, ecco che spuntano comitati di sconosciuti che ne rivendicano il nome. Il copione è consunto, perché viene recitato da venticinque anni. Basi giuridiche, zero", ripete Rotondi. Per questo ha annunciato di aver chiesto una consulenza legale, per ottenere attraverso un passaggio giuridico una pronuncia "chiara ed irrevocabile" della magistratura, che possa mettere a tacere una volta per tutte questi tentativi di sabotare il suo progetto.
L'onorevole liquida come "gossip e le suggestioni giornalistiche" gli attacchi che arrivano dagli avversari, che lo accusano addirittura di voler regalare simbolo e nome della Dc a Giorgia Meloni. "Non si sono accorti del fatto che nome e simbolo della Dc sono stati già a fianco di Giorgia Meloni alle elezioni politiche di settembre", replica Rotondi. E sulla collocazione della nuova Democrazia Cristiana a fianco della premier e leader di Fdi non ha alcun dubbio.
La vicenda del simbolo, dopo la fine della Dc
Questa volta secondo l'onorevole non ci saranno intoppi. La vicenda democristiana giuridicamente inizia con l'onorevole Mino Martinazzoli, che nel 18 gennaio 1994 non sciolse il partito, ma ne modificò la denominazione, chiamando la Democrazia Cristiana Partito Popolare Italiano: "Questo snodo è fondamentale per capire cosa è successo dopo. Il codice fiscale è rimasto quello dei tempi di De Gasperi, ed esiste ancora, è attivo. La teoria secondo cui ci sarebbe il problema di rifare giuridicamente la Democrazia Cristiana è falsa, perché la Dc non ha mai interrotto la sua attività giuridica, così come esiste ancora Alleanza Nazionale. I partiti in Italia non muoiono mai perché continuano ad esempio ad adempire obbligazioni economiche", dice Rotondi, raggiunto telefonicamente da Fanpage.it.
Una volta che la Dc cambia nome, un anno dopo si scinde: "Il professor Rocco Buttiglione sceglie il centrodestra e il partito si spacca – ricorda Rotondi, che mette in fila gli accadimenti politici di quel periodo – nasce il Cdu di Buttiglione e il PPI di Gerardo Bianco. I due partiti co-gestiscono per anni il patrimonio della Dc, che è molto ingente, anche come immobili. Ad un certo punto il professor Buttiglione decide di trasferire lo scudocrociato, che era il simbolo del Cdu, all'Udc dell'onorevole Casini. Quindi il Partito Popolare fa un'obiezione, e Buttiglione propone di chiudere la co-gestione del patrimonio immobiliare e la rappresentanza giuridica congiunta della Dc, appropriandosi solo dello scudocrociato".
Nel 2002 quindi il simbolo viene trasferito all'Udc di Casini, e il Partito Popolare trattiene gli immobili. "Resta la denominazione ‘Democrazia Cristiana', che in teoria segue il simbolo ma Pier Ferdinando Casini non vuole passarla alla sua Udc, perché pensa serva discontinuità. Quindi la denominazione viene trasferita a me – sottolinea Rotondi – come rappresentante legale, e rimane a una mia associazione appositamente costituita, che deriva la sua denominazione di ‘Democrazia Cristiana' da un'autorizzazione notarile, fatta da rappresentanti legali del PPI". Nel 2005 la Democrazia Cristiana di Rotondi si presenta alle elezioni regionali. Poi nel 2006 si presenta alle politiche e rientra in Parlamento, seppur con gruppi piccoli (alla Camera capogruppo è Paolo Cirino Pomicino, a Palazzo Madama è Mauro Cutrufo).
"Nel 2008 Berlusconi fonda il Pdl, in cui entrano Forza Italia, Alleanza Nazionale e la Democrazia Cristiana, per cui quest'ultima sospende le sue attività, al pari di Alleanza Nazionale (Fi poi riprenderà le sue attività ndr). Ma se non c'è stato nessuno che ha presentato le liste di Alleanza Nazionale contro Fini, è avvenuto invece che ci sono stati dei gruppi di democristiani che hanno presentato abusivamente liste della Dc senza la mia autorizzazione. Non faccio nomi, perché ne potrei fare una dozzina", assicura il parlamentare.
"È inevitabile che sarà un tribunale a mettere ordine in questo caos e a stabilire chi ha diritto al nome. Ho chiesto dieci pareri giuridici, abbiamo fatte decine di cause contro gente che ha tentato di usurparci il nome e il simbolo: tutte le volte ci hanno detto che il nome appartiene agli eredi della Democrazia Cristiana, che è in atto una truffa a danni di terzi in buona fede, con la complicità di organi di stampa che consapevolmente diffondono notizie false".
"Non ho ricevuto nessuna diffida, stiamo assistendo a un millantato credito, un reato che noi provvederemo a denunciare con un esposto. In questi casi la magistratura è veloce a procedere, perché sono in discussione diritti di partiti presenti in Parlamento".
E intanto il piano per riportare in auge la Democrazia Cristiana va avanti. Innanzi tutto bisogna verificare politicamente chi condivide il disegno di ricostituire una forza politica che si richiama a quel partito: "Per adesso siamo l'onorevole Cesa ed io, e siamo entrambi convintamente a sostegno di Meloni, nessuna vendita dello scudocrociato, come ha scritto qualche giornale. Chi condivide la nostra linea è il benvenuto: l'unica cosa che non si può fare è prendere dall'armadio un abito e dire che è il proprio".