Lo storico Greppi spiega perché La Russa dice il falso su via Rasella e sulla Resistenza
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, è finito di nuovo al centro della polemica per l'ennesimo tentativo di riscrittura della storia. In questo caso la seconda carica dello Stato stava parlando dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, quando ha detto che "via Rasella è stata una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza" e che "quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS". Intervistato da Fanpage.it, Carlo Greppi – storico e scrittore, il suo ultimo libro è Un uomo di poche parole per la casa editrice Laterza – spiega perché la storia raccontata da La Russa è semplicemente falsa. E soprattutto quali sono le motivazioni per cui la destra continua a portare avanti questa narrazione revisionista.
I soldati uccisi in via Rasella erano una banda musicale di pensionati come dice La Russa?
La Russa fa il fascista. Si è trattato di un legittimo atto di guerra irregolare, opera dei partigiani italiani contro gli occupanti e i loro collaboratori. Lui lo squalifica al punto di legittimare implicitamente la rappresaglia contro innocenti che viene messa in atto successivamente. L'effetto delle dichiarazioni di La Russa è una condanna alla Resistenza italiana, e una legittimazione della strage.
Secondo La Russa i partigiani volevano il comunismo, non la libertà…
I partigiani volevano molte cose, dipende dalle anime di cui stiamo parlando. Si va dai comunisti agli anarchici, passando per liberali e monarchici. Gli unici non rappresentati sono i fascisti. Non a caso, se guardiamo l'elenco delle vittime delle Fosse Ardeatine troviamo di tutto. Perché quella rappresaglia e la guerra ai civili si è scatenata contro chiunque non fosse fascista o nazista. È vero che all'interno della Resistenza c'era una parte sostanziale che voleva un cambiamento radicale della società.
Chi erano quindi i soldati del reggimento Bozen?
Erano sempre parte delle forze dell'Asse. Le forze armate tedesche e i collaborazionisti. Parliamo di una guerra civile, di liberazione. La Resistenza ha combattuto forze di occupazione. La Russa la fa semplice dicendo che in ogni azione partigiana c'è la consapevolezza della possibile rappresaglia, ma quel contesto e quel clima erano prodotti e voluti dal nazifascimo. La Resistenza ha reagito a un clima di violenza per porvi fine.
Quindi dice che La Russa sta incolpando i partigiani, in qualche misura, di aver causato la rappresaglia e quindi l'eccidio delle Fosse Ardeatine?
Certo, e su questo sappiamo tutti che la colpa è di chi stermina e mai di chi agisce nel tentativo di contrastare rastrellatori e occupanti. Dovrebbe saperlo anche La Russa. Ma ripeto: è normale che un fascista faccia il fascista. Il fatto sconvolgente è che – nell'anno dell'ottantesimo della Resistenza che diede la libertà dal fascismo a questo Paese – i più alti vertici delle istituzioni hanno completamente ribaltato la narrazione degli eventi fondativi di questa comunità libera.
Perciò secondo lei c'è un tentativo di riscrittura della storia da parte della destra di Meloni, ora che è arrivata al governo del Paese?
È l'asse fondante del loro operato. Ma era prevedibile. Ora è in atto una foibizzazione del discorso sulla storia. Si usano delle categorie di lettura per vicende come questa, ma è molto più complesso di così. Nel caso specifico, tra le vittime delle Fosse Ardeatine c'erano anche non italiani. C'erano naturalmente degli ebrei e in generale tutti quelli che vengono conteggiati tra i 335 assassinati rientrano nell'alveo dell'antifascismo. Parola che da Giorgia Meloni e dai suoi accoliti non viene pronunciata mai, o solo per denigrarla in riferimento alla storia repubblicana.
Secondo lei La Russa è adatto a ricoprire la seconda carica dello Stato come presidente del Senato o dovrebbe dimettersi dopo l'ennesima polemica sulle sue idee?
No, non lo è. In una Repubblica con una Costituzione antifascista nata sulle ceneri del fascismo una figura come La Russa è un insulto alle decine di migliaia di morti della lotta per la liberazione. È un insulto alla cultura politica democratica, così come lo è il fatto che in Italia sia potuto nascere il Movimento Sociale Italiano e che questo abbia generato una serie di filiazioni fino a Fratelli d'Italia di oggi. È un sintomo dello stato di salute malfermo, incerto e preoccupante della Repubblica italiana.