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Opinioni

Lo stop al nucleare per disinnescare il pericolo referendum?

L’annuncio dell’iniziativa del Governo sulla rinuncia alla costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro Paese dovrebbe comportare anche “l’annullamento” del terzo quesito referendario: le perplessità dei promotori ed una strana coincidenza.
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No-Nucleare

Ha destato enorme scalpore a notizia dello stop al programma nucleare da parte del Governo, con l'inserimento nel decreto omnibus di un emendamento nel quale si legge: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".

Tale emendamento inserito nell'articolo 5 del decreto (nel quale era già presente la moratoria di un anno, ideata dalla maggioranza alla stregua di una "pausa di riflessione" dopo le disastrose conseguenze sulla centrale di Fukushima del terremoto in Giappone), è ora in esame al Senato della Repubblica e  sarà votato con ogni probabilità nella giornata di domani. Ovviamente si tratta di una decisione che apre la strada alla cancellazione del referendum sul nucleare, in programma il 12 e 13 giugno 2011 (una data che aveva scatenato feroci polemiche a causa del mancato accorpamento con le elezioni amministrative 2011). Proprio per questo motivo l'inserimento di un simile emendamento è destinato a scatenare furiose polemiche, paradossalmente proprio da quelle forze politiche che da mesi sostengono con forza la tesi anti – nucleare, a dire il vero ben prima della tragedia della centrale di Fukushima.

"Il governo tenta, con l'emendamento che blocca la costruzione di centrali nucleari, di truffare con un colpo di mano i cittadini ed evitare il referendum. Se si volesse rinunciare al nucleare noi ne saremmo felici, ma allora si deve procedere con l'abrogazione dell'intera legge": ecco l'efficace sintesi di Di Pietro, con un pensiero condiviso da altri autorevoli esponenti politici. Ma c'è di più, in quanto non sono in pochi ad aver collegato questa improvvisa "retromarcia" del Governo ad altri due "pericoli" per la stabilità della legislatura. A partire dal timore di eventuali cali di consenso legati alla politica energetica del Governo (con la maggioranza degli italiani che, come rivelano recenti sondaggi, è contraria al ritorno al nucleare), per arrivare a quello che secondo alcuni sembra essere il vero motivo del ripensamento in atto. Il riferimento è ovviamente al referendum sul legittimo impedimento, che si terrà in concomitanza con quello sul nucleare, la cui approvazione potrebbe avere effetti disastrosi sull'intero complesso della strategia berlusconiana in materia di riforma della giustizia, nell'ambito di quella lotta senza quartiere che da anni il centrodestra combatte con alcuni settori della magistratura. In buona sostanza, affossare il quesito sul legittimo impedimento rinunciando a forzare la mano sui progetti "nucleari", intorno ai quali del resto rischiava di catalizzarsi dissenso e scetticismo anche da parte del nucleo storico degli elettori berlusconiani, a poche settimane dalla prova cruciale delle elezioni comunali e provinciali.

Un referendum che in fin dei conti sembrava aver catturato l'attenzione dell'opinione pubblica, tanto da far pensare alla possibilità di raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto al voto, circostanza che per le consultazioni referendarie non si verifica da oltre 15 anni. Agli occhi dei referendari e delle opposizioni, dunque, la scelta del Governo sembra abbastanza singolare, con il sacrifico del progetto nucleare, "velleitario e demagogico" per citare Chiamparino, in nome della tutela degli interessi della maggioranza (in chiave elettorale) e del Presidente del Consiglio (in quella giudiziaria). Ma c'è un altro punto sul quale occorre riflettere con grande attenzione e che prescinde da eventuali retropensieri e dubbi di sorta. Un emendamento così formulato infatti, sospende "sine die" la procedura di costruzione di nuove centrali, ma nulla vieta che il Governo ritorni sui propri passi una seconda volta, magari dopo aver superato lo scoglio del referendum. E' questa in effetti la preoccupazione che spinge l'intero fronte referendario a protestare con forza, parlando di "legge truffa", "irresponsabile colpo di teatro", "azione da banditi" sottolineando l'esigenza di un radicale cambio di passo sul versante della politica energetica. Insomma, la domanda che appare lecito farsi è questa: un serio ripensamento in tema di politica energetica merita "solo un singolo e breve emendamento"?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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