Il nuovo governo Meloni dopo il giuramento al Quirinale è in carica, ma a dispetto dello slogan ‘Pronti' lanciato dalla presidente del Consiglio durante la campagna elettorale per le politiche non è iniziato nel migliore dei modi. Nelle settimane successive al voto Giorgia Meloni ha parlato poco in pubblico, dosando le parole e centellinando gli interventi.
"Siamo consapevoli del risultato che abbiamo ottenuto e sentiamo la responsabilità di dover affrontare un’importante sfida nella condizione più difficile nella quale l’Italia potesse trovarsi. #Pronti a riscrivere le sorti della Nazione con un Governo forte, unito e autorevole", twittava l'11 ottobre. E ancora: "Siamo al lavoro per una squadra di Governo di alto profilo che metta al centro della sua azione la difesa dell’interesse nazionale e dei cittadini"; "Siamo pronti a dare all'Italia un Governo che affronti con consapevolezza e competenza le urgenze e le sfide del nostro tempo". Tweet più o meno dello stesso tenore si possono leggere scorrendo a ritroso i suoi profili social. Le cose sono andate un po' diversamente.
La premier non ha fatto in tempo ad accettare l'incarico che subito si è trovata ad affrontare la prima magagna, l'affaire delle poltrone scambiate che imbarazza il nuovo governo: la lista declamata da Meloni è già un pasticcio, i ministeri di Gilberto Pichetto Fratin e Paolo Zangrillo, entrambi di Forza Italia, vengono indicati rispettivamente alla Pubblica amministrazione e all'Ambiente. Ma si tratta di un errore, o almeno così lo presenta due ore più tardi lo staff di Fratelli d'Italia, che si affretta a inviare un'errata corrige.
Nel frattempo però i due neo ministri, presi forse in contropiede e sorpresi dalla modifica dell'ultimo minuto di cui non erano stati avvisati, non si perdono d'animo, e iniziano a rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. Pichetto Fratin dice di essere "onorato di aver ricevuto il mandato da Ministro per la Pubblica Amministrazione". E lo fa sapere sui social, con tanto di card preparata ad hoc, che recava la scritta "ministro per la Pubblica amministrazione", e la frase altisonante "Con voce ferma al lavoro per il futuro dell’Italia". Poi, come se nulla fosse, la card viene ritoccata, sostituendo semplicemente l'intestazione con quella corretta "ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica".
"Una nomina inaspettata che mi riempie di orgoglio e soprattutto di senso di responsabilità", commentava invece Paolo Zangrillo all’Adnkronos, quando ancora pensava di doversi occupare del dicastero guidato fino a ieri da Cingolani "Si tratta di una delega importante, su un tema, la transizione e sicurezza energetica, che oggi penso sia la priorità numero uno non solo per l’Italia ma per l’Europa". Un commento che lascia perplessi, vista l'evoluzione grottesca della vicenda.
Fratelli d'Italia parla di "errore di trascrizione nella stesura della lista dei ministri", per cui i due nomi sarebbero stati erroneamente invertiti per una svista. In realtà a quanto ci risulta ci sarebbe stato davvero un cambio last minute nella composizione della squadra, determinato dal malcontento del senatore Paolo Zangrillo, fratello di Alberto, medico personale di Berlusconi. Il senatore avrebbe infatti telefonato al Cavaliere, dicendo di non essere disposto ad accettare l'incarico assegnato, non ritenendosi tagliato per quelle deleghe. Dopo la rinuncia sarebbe stato deciso lo scambio di caselle. Una modifica che però sarebbe arrivata tardivamente, addirittura quando Meloni era già al colloquio con Mattarella per presentare la sua lista dei ministri. A quel punto Meloni avrebbe provveduto a rimediare alla figuraccia, facendo passare tutto come un'imprecisione del testo, della quale non si sarebbe accorta per via dell'emozione del momento.
La verità è che l'episodio non è un semplice qui pro quo, un equivoco innocente, ma è la dimostrazione del caos nella coalizione nella definizione dei ruoli di governo e nella spartizione dei posti. La sensazione è che si sia cercato di nascondere le divisioni e i tentennamenti che si sono protratti ben oltre il fotofinish, con il solo risultato di arrivare all'appuntamento decisivo del Colle con un pastrocchio.
Lo strappo di Berlusconi, con gli ormai famosi audio su Putin registrati all'assemblea dei parlamentari azzurri e il mai veramente chiarito biglietto di appunti contro l'alleata, sono destinati a pesare ancora sulla stabilità dell'esecutivo. Il Cavaliere, malgrado le apparenze, non è riuscito a digerire il veto di Meloni su Ronzulli e il no su Casellati alla Giustizia, e al momento opportuno presenterà il conto. Ma le liti hanno influito anche sulla formazione di un governo nato sulla scia di veleni e desideri di riscatto. E questo non è altro che l'antipasto. Berlusconi doveva pareggiare i conti, per aver ottenuto meno parlamentari rispetto alla Lega (pur avendo ottenuto la stessa percentuale di consensi alle urne), e per essere stato escluso dalla presidenza delle Camere, che Fratelli d'Italia e Lega si sono accaparrati piazzando Ignazio La Russa a Palazzo Madama e Lorenzo Fontana a Montecitorio.
Per mantenere quindi un equilibrio in Consiglio dei ministri Meloni è stata costretta ad accontentare i due alleati, concedendo 5 ministeri alla Lega e 5 a Forza Italia. La sensazione è però che il criterio di assegnazione non sia stato quello di attribuire gli incarichi in base alla reale competenza, ovvero l'"alto profilo" annunciato. La scelta per la Pubblica amministrazione e l'Ambiente sembra sia stata solo un tentativo di accontentare tutti, assicurando a Berlusconi tutti i 5 ministeri promessi. E infatti Pichetto Fratin e Zangrillo erano interscambiabili. Uno vale l'altro.
L'immagine del neo eletto Fratin, che poco dopo il giuramento viene interpellato sullo strano avvicendamento in extremis, che davanti alle telecamere alza le braccia sconsolato, è l'immagine forse più eloquente delle difficoltà di questo governo. Con buona pace della presidente del Consiglio Meloni, che ha voluto aggiungere a tutti i costi al nuovo ministero dell'Istruzione anche la dicitura "del Merito".