L’Italia verso un lockdown alla francese: cosa prevede e quando potrebbe iniziare
La parola lockdown non è più un tabù. Fino a pochi giorni fa il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e gran parte del governo non volevano neanche sentirla nominare. Ora se ne parla apertamente. Persino i più contrari – come Matteo Renzi e Matteo Salvini – iniziano a prendere in considerazione l’opzione della chiusura totale senza neanche storcere più di tanto il naso. L’ipotesi che si fa strada è quella di un lockdown alla francese, ovvero sul modello di quello appena varato dal presidente Emmanuel Macron, con chiusure totali ma non per tutti: restano aperte le scuole, alcuni negozi ritenuti essenziali e prosegue parte delle attività lavorative. L’Italia potrebbe seguire una strada molto simile, rifacendosi in parte anche alla stretta varata in Germania da Angela Merkel: una sorta di lockdown molto soft. Forse troppo considerando l’attuale situazione dell’Italia, dove ieri si sono registrati più di 26mila nuovi contagi in 24 ore.
Conte in Parlamento, poi nuove misure
L’Italia ha qualche giorno di vantaggio (si parla spesso di due settimane) rispetto agli altri Paesi europei, ma il timore di perderlo è concreto e proprio per questo il varo di nuove misure più restrittive potrebbe arrivare presto. Non prima della prossima settimana, comunque, quando Conte riferirà in Parlamento (il 4 novembre): da lì ci sarà un voto e poi la decisione definitiva, attesa tra il 5 e il 10 del mese. Nel frattempo (e forse anche dopo) si lascia il cerino in mano alle Regioni: sia per varare ulteriori strette locali, sia per decidere se chiudere le scuole. D’altronde c’è chi già lo sta facendo, come la Puglia. E altre Regioni potrebbero accodarsi nei prossimi giorni. L’idea del governo, comunque, è quella di tenere le scuole aperte anche in caso di lockdown, seguendo anche in questo caso il modello francese. Ma lasciando alle singole Regioni la possibilità di ricorrere alla didattica a distanza per gli istituti di ogni ordine e grado.
Lo scenario 4 e l'ipotesi lockdown
Lo scenario 4, intanto, si avvicina. E con lui l’ipotesi di lockdown locali e, se necessario, generalizzati. E si avvicinerà, probabilmente, ancor di più oggi, con il report settimanale di Iss e ministero della Salute: il monitoraggio dovrebbe indicare un indice Rt ancora in crescita. E il valore limite, prima di arrivare allo scenario 4, è quello di 1,5. Prima del lockdown totale, comunque, si dovrebbe partire da qualche zona rossa limitata territorialmente a qualche città. Anche le più grandi, forse, come si ipotizza da giorni per Milano e Napoli. Ipotesi, comunque, tutt’altro che semplici da realizzare. Lo scenario 4 prevede anche l’ipotesi di chiusure regionali per le scuole.
Una volta entrati in questo scenario potrebbe arrivare il nuovo dpcm, probabilmente non prima della prossima settimana. Anche per vedere se le misure finora messe in campo stanno avendo qualche effetto. Tra il 5 e il 10 novembre potrebbe essere varato il lockdown soft, sul modello francese. Ma non prima del passaggio previsto per il 4 novembre. Difficile che ci sia una reale opposizione in Parlamento, come dimostrano anche le ultime parole di Salvini, da sempre il più contrario al lockdown. E in più l’Italia può sfruttare le decisioni di Francia e Germania, che tra i grandi Paesi europei stanno facendo da apripista per misure più simili a un lockdown.
Lockdown alla francese in Italia: cosa potrebbe prevedere
Il lockdown non dovrebbe essere pesante come quello di marzo. Si potrebbero prevedere limitazioni per gli esercizi commerciali, con chiusure totali o su base oraria. Si dovrebbe incentivare il più possibile il ricorso allo smart working. E si parla anche di un ipotetico ritorno all’autocertificazione. Altra ipotesi è quella di ridurre ulteriormente gli spostamenti tra Regioni, impedendoli quando non necessari. Il governo non vorrebbe chiudere le scuole, come detto, almeno non elementari e medie. Ma ulteriori restrizioni, da questo punto di vista, potrebbero essere lasciate alla responsabilità delle singole Regioni. Così come sulle zone rosse locali, almeno nei giorni precedenti alle nuove restrizioni: non solo i casi di Milano e Napoli, ma anche le Regioni considerate più in difficoltà come Liguria, Piemonte e Umbria.