L’Italia uscirà dall’accordo sulla Via della Seta, anche se Meloni non lo dice per non irritare la Cina
L'accordo sulla Via della Seta sarà presto un ricordo. Il governo Meloni vuole stracciare il patto che Giuseppe Conte, da premier, aveva siglato con Pechino nel 2019, quando a capo della Farnesina c'era Luigi Di Maio. Per capire se l'Italia si tirerà fuori dal memorandum entro l'anno bisogna leggere tra le righe delle dichiarazioni ufficiali.
Giorgia Meloni continua a ripetere che una decisione non è stata ancora presa, anche per non irritare i cinesi, ma lo schema sembra essere sempre lo stesso: prima manda avanti uno dei suoi ministri, in questo caso il titolare della Difesa Guido Crosetto, che un mese fa aveva dichiarato senza giri di parole che l'Italia sarebbe uscita dall'accordo commerciale stipulato con la Cina. Poi Meloni ritratta e rassicura, dicendo che sulla decisione finale avrà un peso il Parlamento, pur sottolineando, quasi di sfuggita, che l'Italia è l'unica nazione del G7 ad avere aderito all'accordo con la Cina ma, paradossalmente, non è quella che ha le "migliori relazioni commerciali" con il Paese. Insomma, c'è tempo fino a dicembre, ma la strada sembra abbastanza segnata, e non si attendono colpi di scena.
L'annuncio di Crosetto, fatto alla fine di luglio, in realtà era atteso, visto che Meloni era appena rientrata dalla visita negli Stati Uniti da Joe Biden, dove, anche se la premier non l'ha detto esplicitamente, ha ricevuto pressioni (più o meno velate), affinché l'Italia esca in fretta dal memorandum che è in scadenza a fine anno.
Del resto l'amministrazione americana, in occasione del viaggio di Meloni in Usa, ha espresso molto chiaramente il suo punto di vista in merito: "Sarà l’Italia – aveva spiegato il portavoce della Casa Bianca Kirby – a decidere se e quando lasciarla. È chiaro però che sempre più Paesi nel mondo sono arrivati alla conclusione che gli accordi con la Cina sono pericolosi".
Durante la conferenza stampa al termine della due giorni negli Stati Uniti Meloni ha sì ammesso di aver trattato l'argomento con Biden, ma ha precisato che da parte dell'inquilino della Casa Bianca non sono arrivate "richieste o pretese" esplicite in merito all'adesione o meno dell'Italia alla Belt and Road Iniziative.
Però le dichiarazioni di Crosetto non sono state fatte di certo a titolo personale. È abbastanza improbabile che quando il ministro di Fratelli d'Italia dice che "La scelta di aderire alla Via della Seta fu un atto improvvisato e scellerato, fatto dal governo di Giuseppe Conte", aggiungendo che "il tema è tornare sui nostri passi senza danneggiare i rapporti", perché "la Cina è un competitor, ma è anche un partner", stia semplicemente esprimendo una sua opinione, senza prima aver concordato una linea con la presidente del Consiglio.
Cosa ha detto Meloni sul memorandum sulla Via della Seta
E infatti oggi Meloni, in un'intervista al Sole 24 Ore, ribadisce lo stesso concetto, senza conferma né smentire la cancellazione del memorandum con la Cina. A una domanda sul mancato rinnovo dell'accordo, sul rischio che questo possa compromettere i rapporti tra Roma e Pechino, la premier risponde così: "Non prevedo che il nostro rapporto con la Cina diventi complicato. Tra Roma e Pechino le relazioni sono antiche e ci sono grandi e reciproche convenienze, non solo in ambito commerciale. Penso ad esempio che la Cina possa essere un ottimo partner per il lusso italiano".
Ma al di là di quell'accordo, "su cui le scelte andranno discusse e meditate in Parlamento, non c'è una relazione diretta tra quella firma e le relazioni commerciali – ha detto la premier – Il paradosso è che siamo l'unico Paese del G7 ad aver aderito alla Via della Seta ma non siamo affatto il Paese del G7 o il Paese europeo col maggior interscambio con la Cina. Il che dimostra come non ci sia un nesso tra le due cose".
Cosa pensa la Cina di un'eventuale uscita dell'Italia dalla Via della Seta
Pechino comunque ha fiutato l'imminente rottura del memorandum, e negli ultimi mesi ha provato a lanciare un monito all'Italia. In un'intervista a Fanpage.it, Jia Guide, ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia, ricordando i risultati del memorandum sulla Belt and Road Initiative, che definisce "un accordo di cooperazione win-win, non un favore che una parte concede all'altra", ha mandato un avvertimento all'esecutivo Meloni, dicendo che "decidere incautamente di ritirarsi certamente significherebbe smorzare l'entusiasmo della cooperazione in molti ambiti, tra cui quello politico, economico-commerciale e culturale. Temo che ciò avrebbe una ripercussione negativa sull'immagine del proprio Paese, sulla sua credibilità e prospettive di cooperazione".
L'ambasciatore non si è espresso in merito alla possibile rinegoziazione di un nuovo accordo economico, nel caso in cui, come è ormai abbastanza certo, il momorandum vada in soffitta, ma ha invitato l'esecutivo italiano a considerare che "In un momento in cui tutti i Paesi del mondo stanno "premendo sull'acceleratore" per promuovere la cooperazione con la Cina, "premere sul freno" o "mettere la retromarcia" non sembrano scelte in linea con gli interessi nazionali dei due Paesi. In quanto partner naturali nell’iniziativa Belt and Road, Cina e Italia quest'anno devono ancor più lavorare per recuperare il tempo perduto durante i tre anni di pandemia, parlare di più forme di cooperazione, far bene un numero sempre maggiore di cose insieme e far sì che i cittadini dei due Paesi possano toccare con mano il benessere a cui la cooperazione conduce. Dobbiamo fare in modo che questa via di cooperazione fattiva, che questa via di amicizia e di comprensione divenga sempre più ampia, non il contrario".